Spazzando via le tante bufale che sono state dette, negli ultimi tempi, secondo cui le navi della marina italiana entravano nelle acque territoriali libiche per caricare i tanti migranti, in quanto la nostra marina si limitava a restare oltre le 12 miglia nautiche dalle coste libiche e, pertanto, in acque internazionali, in base anche agli ultimi sviluppi sull’operazione EUNAVFORMED II (v.articolo), finalmente la macchina dell’Unione Europea, sul problema migratorio, si sta mettendo in moto sulla sponda della ormai ben nota rotta libica.
Grazie al piano riuscito con la Turchia, dove l’UE ha stipulato un accordo, qualche anno fa, per frenare l’emorragia di migranti provenienti da zone di crisi, come Siria e Iraq, la Commissione dell’UE è pronta ad affrontare la questione dei migranti provenienti dalle coste libiche attraverso un piano d’azione – denominato Migrazione nella rotta del Mediterraneo centrale – per circoscrivere le partenze di migliaia di individui di varie nazionalità del continente africano verso l’Italia e Malta. Ovviamente, si tratta, per ora, di una bozza del progetto, studiato dall’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza e dal suo collega che si occupa di questioni migratorie – ovvero il Commissario per le migrazioni – che sarà posta all’esame dei capi di Stato e di Governo dell’UE.
Tale progetto prevede la richiesta da inoltrare alle autorità del governo d’accordo nazionale libico, affinché approvi che le navi battenti bandiera europea possano entrare nel mare territoriale della Libia con il solo scopo di contrastare il c.d. traffico di persone ovvero di sigillare i porti libici. Nel caso in cui il piano principale non dovesse concretizzarsi per varie ragioni, scatterebbe il secondo piano che concernerebbe una specie di line of protection (c.d. fermo navale), che dovrebbe essere gestito dal governo di Tripoli dinanzi ai porti e alle spiagge, da cui i passatori o trafficanti di esseri umani riempiono di individui e fanno partire le imbarcazioni gremite di persone che desiderano raggiungere le coste italiane.
È stato fatto qualche accenno alla rotta turca-greca che, grazie, ripeto, all’accordo tra la Turchia e l’UE, è stata chiusa, cioè a dire che si è deciso di chiudere il passaggio marittimo turco-greco. Chiusa questa rotta, l’unica che resta aperta è quella, per l’appunto, libica, dove i trafficanti di esseri umani stanno approfittando dell’instabilità politica e la disgregazione del controllo del territorio e delle sue frontiere. Il tutto dipende dalla fragile situazione politica in cui versa la Libia, con un governo voluto e sostenuto dalla comunità internazionale che si poggia su dei pilastri molti deboli e che potrebbe non favorire il progetto dell’UE.
Il contenuto della bozza punta al convincimento degli Stati dell’UE ad esplorare sul piano politico la fattibilità di estendere l’operazione SOPHIA (v.articolo), contro il traffico e la tratta degli esseri umani nell’intera aerea mediterranea, entrando nel mare territoriale della Libia, ma per realizzare quanto contenuto nel progetto necessita l’approvazione del governo d’accordo nazionale libico.
Nel caso in cui il piano A non dovesse funzionare o andare in porto, l’UE ha già pensato all’attuazione di un secondo piano, denominato piano B, chiamato line of protection. In che cosa consiste questo piano di riserva? Esso consiste in un blocco delle navi, che deve essere espletato dalla guardia costiera e dalla marina militare dello Stato libico, con l’obiettivo di ostacolare i trafficanti di persone che organizzano e fanno partire piccole imbarcazioni gremite di individui verso le coste italiane, come pure quelle maltesi. L’idea è quella di costituire una solida rete di cooperazione tra la Libia e l’UE con uno schieramento di uomini libici, supportati dalla missione EUNAVFORMED, con lo scopo di soccorrere i migranti alla deriva e di distruggere i barconi catturati, oltre al supporto finanziario, logistico e di addestramento dell’UE.
Altro punto interessante, da non sottovalutare, se si vuole raggiungere anche l’obiettivo di bloccare il business dei passatori o trafficanti di esseri umani, consiste nel fatto che gli Stati membri dell’UE stanno valutando se utilizzare gli uomini della Forza di Gendarmeria Europea, una nuova organizzazione internazionale, sorta nel 2007, per il volere di alcuni Stati come la Francia, l’Italia, il Portogallo, la Spagna e l’Olanda, con la firma di un trattato per la sua realizzazione, firmato nella cittadina olandese di Velsen (G. PACCIONE, La Forza di Gendarmeria Europea, organizzazione internazionale a carattere funzionale, in A. TORRE (a cura di), Costituzioni e sicurezza dello Stato, Maggioli Editore, Rimini, 2013, p.1159 ss.), con il compito di distruggere ogni genere di barca che favorisca il trasporto di migranti.
Altro aspetto importante, che gli Stati membri dell’UE stanno esaminando, concerne l’attività di molte organizzazioni non governative – c.d. ONG – che di sovente operano al limite della frontiera adiacente al mare territoriale dello Stato libico. Si tratta di comprendere se queste ONG svolgano attività lecita sul piano umanitario e se questi interventi a favore di imbarcazioni inadatte e piene di migranti non costituiscano un incentivo capace di indurre questi gruppi criminali di passatori a mettere in mare piccole o medie barche fatiscenti e pericolose tanto da porre in pericolo l'incolumità degli stessi migranti, sicuri che alla fine ci sarà l’intervento immediato di queste navi delle ONG.
Questo progetto ha come scopo aggiuntivo quello di evitare che, durante il prossimo periodo estivo, quasi un milione di migranti possa partire alla volta dell’Italia e di Malta. Il dato positivo viene da quei Paesi dell’UE – come la Repubblica Ceca, la Polonia, la Slovenia e l’Ungheria – che pur essendo contrari alla redistribuzione degli asilanti, id est i richiedenti asilo, hanno dato il loro placet al piano e, dunque, favorevoli al blocco dei flussi migratori che hanno la loro origine in Libia.
In aggiunta, oltre al rafforzamento della guardia costiera della Libia, si punta a rendere partecipi alcuni Stati africani del nord, come l’Egitto, l’Algeria e la Tunisia, in concerto con i servizi segreti dei vari Stati membri dell’UE, con l’INTERPOL, e EUNAVFORMED II o Operazione SOPHIA, per la cattura di gruppi di passatori o trafficanti di esseri umani. Questo rendendo migliori le condizioni inumane di esseri che migrano alla volta dell’Europa attraverso la Libia, con l’ausilio delle Nazioni Unite e l’edificazione di nuovi punti di crisi.
In conclusione, tale piano ha anche come fine quello di migliorare i rimpatri volontari dei migranti economici dalla Libia favorendo il reintegro nel loro Paese d’origine e supportando il Paese nordafricano nel gestire meglio le frontiere meridionali.
(foto: CSDP EEAS)