Rafforzamento dell’Italia sulla partecipazione in missioni internazionali

(di Giuseppe Paccione)
15/01/17

Il nostro Paese, anche se arriva con lentezza al traguardo, ha una legge netta e organica per le nostre forze armate in missione all’estero. Ci si riferisce alla legge del 21 luglio 2016 n.145, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.178 del 1 agosto 2016 e vigente dal 31 dicembre del 2016, con titolo “Disposizioni concernenti la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali”.

Entrando nel merito di questa nuova legge, va individuata la gamma di tipologie delle missioni, i principi fondamentali da rispettare e il nuovo iter procedurale da seguire.

Al di fuori dei casi di cui agli articoli 78 – che disciplina la deliberazione dello stato di guerra che deve essere deliberato dalle Camere che conferiscono al Governo i poteri necessari – e 87, paragrafo 9, della Costituzione – in base al quale la dichiarazione di guerra è prerogativa del Presidente della Repubblica, la partecipazione delle forze armate, delle forze di polizia ad ordinamento militare o civile e dei corpi civili di pace a missioni internazionali istituite nell’ambito dell’Organizzazione delle Nazioni Unite o di altre organizzazioni internazionali come, a titolo di esempio, la NATO cui l’Italia appartiene o comunque istituite in conformità al diritto internazionale, comprese le operazioni militari e le missioni civili di polizia e per lo Stato di diritto dell’UE, nonché a missioni finalizzate ad eccezionali interventi umanitari, è consentita, in conformità a quanto disposto dalla presente legge, a patto che avvenga nel rispetto dei princìpi di cui all’articolo 11 della Costituzione. Vi sono in quest’ultimo articolo dei limiti come l’inibizione della guerra come strumento di aggressione, ma consente l’azione coercitiva armata in caso di legittima difesa. Chiaramente, va sottolineato che l’invio del personale del nostro Paese, oltre i proprio confini nazionali, può realizzarsi nel rispetto dei vincoli con alleanze o accordi internazionali o per ragioni di carattere d’umanità, a patto che l’utilizzo delle forze armate e civili rientri nei parametri della liceità internazionale e delle norme e scopi della nostra Costituzione.

Le missioni delle nostre truppe all’estero vanno inquadrate nel contesto dei principi statuiti dalle norme dell’articolo 11 della Costituzione (L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.), dal diritto internazionale generale, dal diritto internazionale dei diritti umani, dal diritto internazionale umanitario e dal diritto penale internazionale.

Sull’iter procedurale riguardante la partecipazione del nostro Paese a cooperare in missioni estere con altri Paesi, mettendosi al servizio della comunità internazionale per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali, è d’uopo considerare il ruolo dei due rami del nostro Parlamento che è reso fondamentale, che razionalizza una prassi che faceva precedere l’invio delle nostre forze militari oltre il confine italiano da un dibattito del Senato e della Camera dei Deputati. Purtroppo e soventemente la ratifica del Parlamento si concretizzava a posteriori, quando veniva convertito in legge il decreto-legge di finanziamento della missione.

Con la nuova legge, entrata in vigore nel mese di dicembre dell’anno scorso, avviene che la partecipazione delle nostre forze armate, in alcune parti calde del pianeta, viene deliberata dal consiglio dei ministri, previa comunicazione al capo dello Stato ed una eventuale convocazione del Consiglio Supremo di Difesa (foto - del 2015 - a dx). La delibera che è adottata dal governo va inviata al Parlamento che, con appropriati atti di indirizzo, può dare luce verde o meno. Tale autorizzazione può essere sottoposta a condizioni. Dal momento che si è in presenza del totale coinvolgimento dei due rami del Parlamento e che, se non viene dato l’assenso dai deputati e senatori, la missione internazionale non si realizza.

Leggendo il contenuto di questa legge, si riscontra un problema inerente alle norme penali. Alle forze armate che operano all’estero si applica il codice penale militare di pace, ma il governo potrebbe anche far valere anche il codice penale militare in tempo di guerra per una determinata missione. In questo modo è d’uopo scrivere un provvedimento legislativo che i due rami del Parlamento dovranno approvare.

Per chi legge l’intero corpo di questa legge quadro, si accorge della sua complessità, che non delinea solamente i principi che vanno rispettati e attuati circa l’invio delle forze armate all’estero e il suo iter procedurale, ma affronta anche la questione del finanziamento del trattamento economico del personale e delle disposizioni penali.

In sostanza questa legge quadro ha dato termine alla prassi dell’adozione dei decreti legislativi ogni sei mesi per le missioni internazionali.

v. Legge 21 luglio 2016, n. 145

(foto: U.S. DoD / ministero della Difesa)