Con la Decisione della PESC n.993/2016, che modifica la decisione (PESC) n.2015/778, relativa ad un'operazione militare dell'Unione Europea nel Mediterraneo centromeridionale (EUNAVFOR MED II operazione SOPHIA), adottata da parte del Consiglio affari esteri dell’UE, in concerto con l’ufficio dell’Alto Rappresentante della Politica Estera e di Sicurezza Comune, si è deciso di estendere la missione EUNAVFOR MED II o SOPHIA, non solo, ma sono stati introdotti due compiti aggiuntivi dell’operazione, il primo avente ad oggetto la formazione della guardia costiera e della marina militare dello Stato libico, il secondo concernente la cooperazione all’applicazione dell’embargo delle Nazioni sul traffico di armi.
L’adozione della decisione de quo ha la sua fonte dalla riunione del Consiglio affari esteri UE della fine del mese di maggio 2016, in cui erano già state convenute e la prorogatio di un anno e l’ampliamento dei compiti assegnati. Circa il primo punto, vi era stata la richiesta del GAN libico (governo d’accordo nazionale); sul secondo punto, si era in attesa che arrivasse il semaforo verde ovvero l’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che è giunta il 14 giugno 2016, mercé l’adozione della risoluzione n.2292/2016, che ha permesso al Consiglio di deliberare in maniera formale. Ciò riguarda lo sviluppo o evoluzione dell’operazione di cui si sta trattando, in cui i compiti citati e il periodo di tempo, che è stato deciso di prolungare di qualche anno, erano stati già enunciati dal SEAE (servizio europeo per l’azione esterna), nel documento EEAS(2016) 436, relativo all’EUNAVFOR Med Operation Sophia (ENFM) Strategic Review, depositato presso il Comitato politico e sicurezza.
Davanti alle Commissioni riunite di esteri e difesa dei due rami del parlamento italiano, lo stesso ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Paolo Gentiloni ha esposto la posizione del governo italiano circa le comunicazioni che concernono lo stato delle missioni in corso e degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, in cui lo stesso ministro ha voluto sottolineare il ruolo dell’Italia, come punto cruciale, nella missione EUNAVFOR MED attraverso passi avanti che si continuano a fare sul terreno del consolidamento. Certamente, rimangono confermati, senza alcuna modifica, le mansioni determinate sin dall’inizio dell’operazione e, in particolar modo, lo status di attuazione. Il governo di accordo nazionale, guidato dal primo ministro libico Al-Sarraj, non ha presentato delle richieste su questo punto, come pure non vi è stata alcuna posizione in tal senso da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nel senso che la missione resta posizionata alla fase II di tipo A, avviata nell’ottobre del 2015, che include fermi, ispezioni, sequestri e dirottamenti di imbarcazioni sulle quali vi sia il forte sospetto che vengano utilizzate per il traffico e la tratta di persone in acque internazionali. Non è ancora fattibile porre in essere la fase II di tipo B che concerne la procedura di fermi, ispezioni, sequestri e dirottamenti nel mare territoriale dello Stato libiche senza l’assenso di quest’ultimo o mercé le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite; come pure all’attuazione di ogni misura necessaria nei riguardi di una imbarcazione e relativo mezzo, sospettata/o di essere utilizzata al fine di trafficare la tratta di persone, compresa la sua eliminazione o fare in modo che tale imbarcazione sia resa non utilizzabile – qui si dovrebbe essere nella fase III.
Infine, va aggiunto un altro aspetto che riguarda la durata della missione, che era stata già determinata nella decisione della PESC n.2015/778, di dodici mesi sino al traguardo della totale capacità operativa. Attraverso la decisione del 20 giugno 2016, è stato prolungato l’operazione nell’immediato sino alla metà dell’anno 2017.
La Decisione PESC 2016/993 statuisce alcuni compiti aggiuntivi, come quello di affidare all’operazione de quo il compito di favorire lo sviluppo delle capacità e della formazione della guardia costiera e della marina dello Stato libico nelle mansioni di contrasto in mare con l’obiettivo di agire prima nello stanare il traffico e la tratta di persone. Su questo punto va aggiunto che il contatto diretto tra le Istituzioni dell’UE e la guardia costiera libica sono sempre proseguiti e continuano tuttora, e questo è successo sia mediante la ormai ridotta presenza della missione civile della Politica di Sicurezza e Difesa Comune con il compito di controllare le frontiere della Libia, la c.d. gestione delle frontiere libiche (EUBAM-Libia: Union Border Assistance Mission, missione civile dell’UE), che ha il suo Quartier Generale a Tunisi, sia mercé circoscritte attività di preparazione e formazione nel contesto del programma "Seahorse Mediterranean Network". Il documento europeo del SEAE (servizio europeo per l’azione esterna), adottato il 13 aprile 2016, statuiva in modo netto una concreta evoluzione dell’operazione navale sul piano dell’addestramento della guardia costiera, come pure della marina militare dello Stato libico, e in alto mare e nel mare territoriale, ovviamente attraverso la presentazione dell’invito che deve provenire da parte delle autorità libiche.
Durante il summit sulla Libia, svoltosi nella capitale austriaca, alla metà del mese di maggio 2016, il premier libico ad interim del governo d’accordo nazionale aveva presentato una richiesta contenuta e, quindi, reperibile nel documento congiunto. Sempre nel mese di maggio, lo stesso primo ministro libico indirizzava una lettera all’Alto rappresentante della politica estera dell’UE Mogherini (foto), con la quale si confermava la richiesta circa il contributo dell’UE a favore dell’addestramento della guardia costiera e della marina militare libica e di servizi di sicurezza.
Il 24 maggio sempre del 2016, il Consiglio UE per gli affari esteri ha deciso di estendere l’operazione EUNAVFOR MED II o SOPHIA. Sia ben chiaro che proprio la lettera inviata dal primo ministro libico Sarraj, sotto l’insistenza dell’UE, ha subito un gelo da parte della Germania che si è scontrata duramente con gli organi del SEAE – rammentando che tale organo è configurato come un organo dell’UE che opera in autonomia funzionale, sotto la responsabilità dell’Alto rappresentante – come pure la stessa Francia, che ha posto in rilievo forti perplessità circa la solidità e legittimità della guardia costiera libica. A questo rebus è stato trovato una soluzione di mediazione, sotto l’occhio vigile dell’Alto rappresentante della PESC, che si è reso necessario per rispettare la regola dell’unanimità, nonostante l’intervento degli altri Stati membri dell’UE.
È previsto, inoltre, secondo quanto sancito nella decisione PESC 2016/993, che spetta al Comitato politica e sicurezza determinare l’avvio dell’inizio dell’operazione che, una volta che saranno stati compiuti i preparativi necessari, in particolare per quanto riguarda la costituzione della forza e le procedure di controllo dei tirocinanti, il compito aggiuntivo di cui al paragrafo 1 è svolto in alto mare nella convenuta zona di operazione di EUNAVFOR MED II operazione SOPHIA, definita nei pertinenti documenti di pianificazione; non solo, il compito aggiuntivo, di cui al paragrafo 1, può altresì essere svolto nel territorio, comprese le acque territoriali, della Libia o di uno Stato terzo ospitante vicino della Libia – ci si riferisce a questo punto alla Tunisia –, qualora il CPS decida in tal senso a seguito di una valutazione del Consiglio sulla base di un invito da parte della Libia o dello Stato ospitante interessato, e in conformità del diritto internazionale. Non verranno, al contrario, considerati necessari altre decisioni nel caso in cui parte del compito aggiuntivo possa essere svolto, mediante invito, all’interno di uno Stato membro. In aggiunta, è determinato che, per svolgere l’iter procedurale di controllo e dato il loro consenso scritto, i dati dei tirocinanti siano condivisi con gli Stati membri dell’UE, con l’UNSMIL (United Nationes Support Mission in Libya) missione non armata, ma politica, mirante a favorire il dialogo fra i differenti gruppi che costituiscono il mosaico libico, l’EUROPOL e FRONTEX.
È d’uopo, inoltre, menzionare che, nell’ambito del quadro di partenariato con gli Stati terzi nel contesto dell’agenda europea circa la migrazione, proposto sia dall’Alto rappresentante della PESC, sia dal vice presidente della Commissione UE, è stato deciso di mettere a disposizione un finanziamento a favore della Libia, che potrebbe essere utilizzato anche per l’addestramento condotte dalla missione navale.
Un altro importante compito aggiuntivo, affidato all’operazione EUNAVFOR MED o SOPHIA, concerne la collaborazione sull’interscambio di informazioni e, ancora più interessante, sull’esecuzione dell’embargo deciso dall’Organizzazione delle Nazioni Unite sulle armi in acque internazionali e al largo delle coste dello Stato libico. Durante la totale repressione del regime di Gheddafi, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite approvava la risoluzione n.1970 del 26 febbraio del 2011 per affermare la legalità internazionale in Libia. In essa viene imposto un embargo sul commercio delle armi insieme ad altre sanzioni di carattere non militare da e per la Jamahiriya, modificato e confermato in ulteriori risoluzioni sino all’ultima adottata il 31 marzo 2016. Da un lato, da quanto riportato nel rapporto finale, tale embargo ha subito continue violazioni da molte parti, per cui sarebbero necessari minuziosi controlli al fine di garantire la sua attuazione. È sotto gli occhi di tutti, d’altronde, come il perdurante approvvigionamento proveniente da fuori dei vari gruppi sia d’impedimento al rafforzamento del governo di accordo nazionale, ormai riconosciuto dagli Stati membri della comunità internazionale. Dall’altro, va detto che il presidente ad interim Al-Sarraj ha espresso il desiderio di domandare più esenzioni all’embargo all’apposito organo istituito nella risoluzione n.1970/2011 – per l’affermazione della legalità in Libia –, il c.d. Comitato del Consiglio di sicurezza, che ha titolo in campo, con l’obiettivo di essere agevolato nel contrastare l’ISIS e gli altri gruppi terroristici presenti sul territorio libico. Il Consiglio dell’UE ha ritenuto di rendere concreto il suo impegno in un compito aggiuntivo dell’operazione EUNAVFOR MED o SOPHIA sulla base di una nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU. Pure questo punto, in sostanza, era stato discusso, come possibile evoluzione dell’operazione navale EUNAVFOR MED o SOPHIA, con l’obiettivo di stanare il terrorismo internazionale, senza però depennare l’ipotesi successivamente accantonata che questo potesse accadere pure nel mare territoriale della Libia.
Le Nazioni Unite, attraverso l’organo principale avente la responsabilità del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, id est il Consiglio di Sicurezza, adottava la risoluzione n.2292 il 14 giugno 2016, con la quale viene autorizzato, per dodici mesi, e con il fine di inibire il trasferimento di materiale bellico all’ISIS e, non solo, anche ad altri gruppi che sono integrati nel mondo terroristico, gli Stati membri, individualmente o mediante organizzazioni internazionali a carattere regionale, assieme alle favorevoli consultazioni con le autorità del governo d’accordo nazionale, ad ispezionare senza remora in acque internazionali navi provenienti da e/o per la Libia per le quali vi sia ragione di considerare il fatto che stiano trasportando armi o materiale correlato da o per la Libia, direttamente o indirettamente, in violazione dei paragrafi 9 e 10 della risoluzione n.1970 del 2011 e ulteriori modifiche.
È necessario rammentare, inoltre, che il mandato contenuto nella risoluzione de quo ha per oggetto quello di fornire una base giuridica derogatoria a delle azioni che, altrimenti, sarebbero in contrasto con il diritto internazionale generale. Conseguentemente, questa ultima risoluzione, adottata dal Consiglio di Sicurezza, non limita le facoltà di intervento già disponibili per uno Stato, ai sensi del diritto internazionale. Si pensi in particolare alle situazioni nelle quali uno Stato esprime il suo assenso all'intervento contro una nave battente la sua bandiera che, per ipotesi, non rientrano nell'ambito di applicazione del campo di risoluzione. Quest'ultima dà un potenziamento limitato e controllato che si applica solo in situazioni in cui le forze navali (belliche), che controllano il mar Mediterraneo, si trovavano impotenti ancora oggi. Esse possono ispezionare una nave sospetta, nonostante la possibile riluttanza dello Stato di bandiera. Se viene confermata la presenza di armi, l'atteggiamento dello Stato di bandiera può mutare. Se tale non fosse, la nave ugualmente verrebbe dirottata verso u porto per consentire lo scarico e, poi, la distruzione delle armi trovate a bordo. Si può ben constatare nella lettura della risoluzione n.2292/2016 che il mandato di intervenire contro le imbarcazioni non ha per oggetto di evitare la cooperazione fra gli Stati considerati, in particolar modo con lo Stato di bandiera, ma di favorirla. Ergo, senza alcuna cooperazione, la repressione sul piano penale del traffico di armi, che non viene sancito nella risoluzione, non avrebbe luogo.
Si aggiunga, inoltre, che ciascuna ispezione venga preceduta da tentativi in buona fede per ottenere l’assenso dello Stato di bandiera. Va anche posto in risalto che l’adozione della risoluzione di cui si sta trattando, prima della sua approvazione, ha incontrato dei disappunti proprio su questo punto specifico da parte, guarda caso, di due membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, vale a dire Cina e Russia, che erano a favore della tutela del principio della giurisdizione esclusiva dello Stato di bandiera e che avrebbe portato a uno svuotamento di contenuto l’autorizzazione. Si è deciso, allora, tramite un compromesso, per poi raggiungere l’unanimità a questa risoluzione, di sostituire l’espressione cercare (seek) con quella di ottenere (obtain).
Nella stessa risoluzione vi è pure l’autorizzazione all’uso di ogni mezzo che sia adeguato alle particolari circostanze nella conduzione delle ispezioni. Si può dire che la formulazione tutti i mezzi commisurati alle specifiche circostanze, sotto la pressione di alcuni Stati membri del Consiglio di Sicurezza, ha subito un certo mutamento con quella di tutte le misure necessarie, rendendola più soft. In più, è determinata l’autorizzazione a porre sotto sequestro e smaltire gli oggetti usati come merce di contrabbando e a raccogliere prove sufficienti del trasporto di prodotti inibiti. La decisione adottata dal Consiglio UE del 20 giugno 2016, in un certo senso, si avvicina molto al contenuto della risoluzione n.2292/2016 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Anche questo compito aggiuntivo è stato demandato ad una deliberazione del Comitato di politica e di sicurezza, come è avvenuto per il compito aggiuntivo concernente l’addestramento. Nei riguardi della risoluzione, inoltre, vi è la previsione, come già analizzata dal servizio europeo per l’azione esterna nel proprio dossier di lavoro, della raccolta di informazioni e, in particolar modo, della loro condivisione con i partner e le agenzie competenti, anche nel caso in cui vengano classificate, ma unicamente sul piano del RESTREINT UE (per garanzia di sicurezza delle informazioni nel campo dei sistemi di comunicazione e informazione si intende la fiducia nel fatto che tali sistemi proteggeranno le informazioni che trattano e funzioneranno nel modo dovuto e a tempo debito sotto il controllo degli utenti legittimi. Una garanzia di sicurezza delle informazioni efficace deve garantire gli adeguati livelli di riservatezza, integrità, disponibilità, non disconoscibilità e autenticità.)e in base alle norme concertate tra l’Ufficio dell’Alto rappresentante per la PESC e i partner, nel totale rispetto dei principi di inclusione e di reciprocità.
La proposta riguardante un’estensione dell’aera della missione o operazione a nord e a est, vale a dire in quelle parti di mare dove né l’EUNAVFOR MED, né FRONTEX, né la NATO, non ha trovato una certa realizzazione, una soluzione che è resa augurabile dal prevedibile flusso migratorio da sud a causa della chiusura della rotta balcanica.
(foto: EUNAVFOR MED / Marina Militare)