L'Italia è un Paese strano. Si lancia in operazioni internazionali di mantenimento o ristabilimento della pace – quando gli altri non hanno ancora finito di dire “cosa c...o ho combinato” - ma ha un amore domenicale per i suoi militari.
Ieri è stata celebrata la Giornata delle Forze Armate e, come sempre avviene, le capacità belliche del Paese sono state compresse in innocue commemorazioni.
Sono stati letti discorsi (che di innovativo hanno solo un cambio di data, ogni tanto dell'oratore) ed anche quest'anno l'incombenza è stata assolta.
Cosa c'era da fare o dire di diverso?
Far sapere cosa è stato concretamente fatto per onorare le 7.800 salme presenti nel cimitero cattolico italiano di Tripoli, profanato alla vigilia del giorno dei morti. Questo al di là della “deplorazione” dell'accaduto.
Cominciare a raccontare alla gente comune che gli uomini in divisa sono capaci di ben altro che coreografiche o scenografiche attività cerimoniali.
Spiegare ancor meglio quanto i ragazzi mandati a morire cent'anni fa non fossero diversi e non provassero sentimenti differenti da quelli che vengono inviati oggi in missione. Non si volevano far trapelare brutte notizie allora e, per altre vie, non lo si fa ancor oggi...
Magari sospendere finché due militari, colpevoli solo di essere tali, sono prigionieri in un'atroce situazione kafkiana che si cerca costantemente di soffocare ed eliminare dai media.
Tra le molte cose.
Abbiamo guerre alle porte di casa e viviamo – subendone ampiamente gli effetti – come se non ci fossero.
Speriamo che quando arriverà il nemico non ci trovi assorti (od assopiti) ad assistere all'ennesima celebrazione.
Per concludere una domanda alla Marina Militare che, prima del recente restyling, faceva svettare sul proprio sito il nastro giallo di solidarietà con i due fucilieri. Il simbolo non è più presente sulla home page del portale.
Svista del webmaster o decisione “suggerita” - machiavellicamente - dall'alto?