In queste ore circolano sul web e sulle pagine internet di diverse teste le drammatiche sequenze di un carabiniere in servizio che, minacciato da un’orda di vigliacchi incappucciati, indietreggia puntando la pistola verso gli assalitori. Il carabiniere, dotato di grande sangue freddo, intima ai violenti imbecilli travestiti da tifosi, di stare indietro; ad un certo punto sembra addirittura avere la peggio mentre viene raggiunto da un oggetto contundente che lo colpisce alla testa. Incespica, indietreggia ancora quando gli lanciano addosso un bidone della spazzatura, fino a tentare una fuga disperata in mezzo al traffico cittadino coperto dagli insulti degli aggressori, fieri del loro gesto coraggioso. Sono immagini che fanno ribrezzo per diversi motivi, primo fra tutto lo schifo provocato da uno sport che tutti amiamo il cui contesto è però macchiato da elementi appartenenti alle cosiddette “tifoserie organizzate”, contaminate da orde di vigliacchi che approfittano di un evento per dare sfogo alle loro frustrazioni quotidiane.
Se letto in chiave “gestione dell’ordine pubblico”, l’atteggiamento del carabiniere sarebbe potuto sfociare in un secondo caso alla “Carlo Giuliani” quando, in una situazione analoga, l’agente minacciato reagì con un colpo di pistola che causò la morte del giovane genovese. E se il carabiniere di Roma avesse premuto il grilletto?
Per fortuna il carabiniere sfidato dagli stupidi codardi, ha saputo reagire in modo composto, mantenendo ferma l’attenzione sugli assalitori, pronto ad usare l’arma di ordinanza come extrema ratio qualora le cose si fossero messe davvero male. Se solo il povero carabiniere avesse perso l’equilibrio finendo sul selciato, il tono di questo articolo sarebbe diverso poiché verosimilmente si piangerebbe l’ennesimo tutore dell’ordine vittima di delinquenti privi di coraggio e forti solo perché in branco.
Il ministro della difesa Trenta, sulla sua pagina Facebook, ha ringraziato il giovane della Benemerita sia per il suo sangue freddo, sia perché grazie alla sua capacità di mantenere il controllo, le ha evitato le solite conseguenze tipiche di un paese senza spina dorsale.
Partite di calcio, tifoserie impazzite colluse con le società: non sarebbe forse ora di fare piazza pulita all’interno di un ambiente che certamente non ha la stessa complessità del terrorismo? Non sarebbe ora che le società calcistiche (uniche foraggiartici dei gruppi ultrà) venissero ridotte non solo a chiedere scusa, ma rimborsare migliaia di euro ogni qualvolta venga toccato un poliziotto o il semplice malcapitato di passaggio? Per quanto dobbiamo assistere ancora a città assediate da masse di ubriachi e stolti violenti che nascondono la loro violenza dietro ai colori della squadra del cuore? Perché in paesi come il Regno Unito – patria fondante degli hooligans – sono riusciti a contenere egregiamente il problema, mentre qui continuiamo a non fare nulla? Tutti i vari capi delle tifoserie sono personaggi noti alla giustizia, perché non marciscono in galera?
In aggiunta a tutto questo dobbiamo pensare che al posto del carabiniere poteva esserci anche un ignaro passante o un tifoso con suo figlio, magari con qualche simbolo della squadra avversaria. Che fine avrebbe fatto?
Le forze dell’ordine in servizio all’interno di uno stadio sono una macchia minuscola se comparata alla massa dei tifosi presenti, il loro numero è spesso inadeguato e non possono fronteggiare episodi di guerriglia urbana come quelli appena accaduti. Tentare di respingere una carica di persone la cui intenzione è quella di farti male non è una cosa piacevole e la risposta non può essere debole o meditata. È importante capire – ed è bene sottolinearlo – che le operazioni di contenimento effettuate a colpi di manganello dalla polizia o dai carabinieri servono si ad annichilire il gruppo di imbecilli, ma anche e soprattutto a proteggere chi va allo stadio per godere di uno spettacolo sportivo. Troviamo inaccettabile che all’interno di uno stadio si debbano schierare un numero di tutori dell’ordine tale da fare sembrare una partita di calcio il focolaio di una possibile insurrezione popolare armata.
Questa volta è andata bene, ma quanto è successo non può e non deve ripetersi. Le scuse del presidente della squadra padrona di casa non servono a molto, almeno finché lo stesso presidente non individui all’interno dei supporter chi siano gli autori infami di un simile gesto. A volte viene da chiedersi cosa regoli il rapporto tifosi/società: se sia l’amore per lo sport o un tetro sentimento di terrore.