Durante la prima parte del nostro viaggio facciamo parte di una delegazione di volontari italiani che hanno raccolto ed allestito un carico umanitario per la popolazione. In segno di ringraziamento, prima di lasciare Damasco, veniamo accolti dalla moglie del presidente: Asma al-Assad.
Ovviamente si doveva trattare di un colloquio informale, non di una conferenza stampa. È stato quindi chiesto di lasciare ogni cellulare, macchina fotografica o registratore in albergo. A me, giornalista, è stato chiesto di non fare domande. Quando la first lady ha iniziato a parlare ho istintivamente estratto il taccuino ed iniziato a scrivere.
Ecco il resoconto dell'incontro.
La dimora degli Assad non è una fortezza blindata inaccessibile in una località segreta, è una villa situata in città. Quel che sorprende all'arrivo è il gran numero di palazzi che la circondano a poche decine di metri. All'ingresso ci sono poche guardie armate. Una strada trafficata passa proprio davanti.
Il dispositivo di sicurezza non è indifferente ed il racconto di un siriano che, durante una maldestra inversione di marcia proprio davanti all'entrata, ha fatto decuplicare in un attimo il numero di fucili puntati contro la sua testa fa comprendere chiaramente che la sicurezza non è affatto sottovalutata.
Entrando nella proprietà raggiungiamo la base di una scalinata circolare bianca che porta da due lati alla porta d'ingresso. Ci accoglie un cordiale addetto al cerimoniale che ricorda di lasciare ogni dispositivo sul pulmino. Raggiunta la sommità della rampa di scale entriamo.
Sulla sinistra, appena varcata la porta, in un ampio ingresso, troviamo una stupenda signora sulla quarantina che ci accoglie e stringe sorridendo la mano ad ognuno. Con eleganza ci invita ad accomodarci in una sala laterale.
“Ammazza questa quanto assomiglia alla padrona di casa!” comincio a pensare mentre un dubbio inizia a farsi strada... Quando dopo pochi minuti la signora Assad entra nella sala in cui ci siamo accomodati l'incertezza svanisce. Era lei.
Asma al-Assad ha modi cordiali ma dopo pochi secondi di impeccabile inglese, le ricordiamo che “semo italiani”. Ouday, un nostro connazionale di origine siro-libanese, viene di nuovo arruolato come interprete. Ouday è un uomo energico che quando s’incazza (in un paio d'occasioni non ho ovviamente compreso le parole in arabo ma ne ho percepito la verve) incute timore. Sentire il suo accento toscano intaccato da un'evidente emozione mi colpisce.
La signora al-Assad si adegua e racconta che le violenze e la distruzione che abbiamo visto in città come Maloula, sono state perpetrate da musulmani. In Occidente si dice anche che le minoranze in Siria siano un obiettivo. Io sono musulmana ma non uso il velo. Per i terroristi sono quindi una delle peggiori miscredenti. “Minoranza” non è quindi riferito ad un credo come si vorrebbe far passare. Se raffrontiamo la visione del mondo sono loro l'assoluta minoranza. Erano secoli che non si vedevano simili forme di integralismo in Siria. Le state sperimentando ora anche in Europa. È una guerra ideologica che prospera nell'ignoranza. La sfida è: come aiutare idealmente e culturalmente la nuova generazione? Il più piccolo dei miei figli frequenta la prima media. Metà della sua vita l'ha vissuta in guerra. Non ricorda più cosa vogliano dire semplici azioni come andare ad un ristorante o passeggiare su una spiaggia. Parlo di mio figlio come esempio di una generazione intera. Pensiamo ai bambini che crescono in mezzo alle bestie di Raqqa! Sono nostri figli sia che il padre serva nell'esercito o che sia un terrorista. Non si può incolpare nessuno delle responsabilità dei genitori. Accogliamo un enorme numero di sfollati: donne e bambini. Mio marito è stato molto chiaro a riguardo: li dobbiamo proteggere anche se sappiamo benissimo dove si trovano i loro uomini (al fronte a combatterci, nda).
Ho incontrato in questi anni 8.000 famiglie di martiri (“caduti per la patria”, nda). Personalmente talvolta mi vergogno di fronte a loro, penso di non aver fatto abbastanza. È stata la tenacia del popolo a salvarci.
Dell'Italia abbiamo, nonostante tutto, ottimi ricordi. Da studente universitario Bashar non amava fare viaggi troppo lunghi e veniva spesso nel vostro Paese. Noleggiava un'auto e poco alla volta l'ha girata tutta. Nel suo cuore l'Italia ha ancor oggi un posto particolare!
(Foto: web)