Lunedì primo luglio, in prefettura a Milano, il sedicente presidente del Governo di Accordo Nazionale (GNA) e di fatto sindaco di Tripoli Fayez al-Sarraj ha incontrato Matteo Salvini. A unirli, l’amorosa relazione tra il governo gialloverde e l’emirato gassifero del Qatar.
Secondo fonti vicine al ministro degli interni, il faccia a faccia durante il “proficuo colloquio” si è parlato della situazione in Libia. Sarraj ha chiesto ufficialmente un intervento risoluto dell'Italia per la pacificazione e ufficiosamente una robusta fornitura di armi “come fa già la Turchia”. Secondo le stesse fonti, sono stati trattati anche altri argomenti che legano strettamente Libia e Italia: immigrazione, energia, economia.
Vabbè, fingiamo di credere che a parte immigrazione e petrolio, i due abbiano trovato altri argomenti di conversazione che non fossero il tempo e il calcio… Salvini avrebbe “garantito impegno, lieto del ruolo centrale del nostro Paese che si conferma un interlocutore serio” e avrebbe sentito al-Sarraj criticare “le strategie di altri Paesi a partire dalla Francia”. Insomma, il leader tripolitano ha ottenuto poco più che una sede discutibile (la prefettura di Milano, nemmeno il Viminale… giusto per non incontrarlo in via Bellerio) e dei risultati a dir poco evanescenti: a Roma, nemmeno il governo amico ha trippa per i gatti del GNA…
Botta e risposta, mercoledì 3 luglio il GNA ha annunciato che l’esercito nazionale libico (quello di Khalifa Haftar, col sostegno di Washington, Mosca, Parigi, Riyad e Cairo, per capirsi…) ha bombardato un centro di detenzione per “rifugiati rigettati” a Tajoura, una struttura contenente 600 dei circa 6.000 individui trattenuti in hangar e ex carceri libiche. Si noti bene che lo avrebbe fatto con un solo velivolo1, colpendo prima un garage e poi, dopo alcune raffiche di mitragliatrici sparate da terra, l’hangar in questione.
A giudicare dalle foto diffuse sempre da Tripoli, l’unico colpo avrebbe causato un danno a dir poco geometrico: lo squarcio ha prodotto quello che dalle foto aeree pare un quadrato perfetto ma ha lasciato intatta un’automobile di colore bianco parcheggiata subito fuori. Quando si dice che uno è un guidatore fortunato… Peggior fortuna, invece, sarebbe toccata alle 40-120 vittime (non ci sono numeri certi). Le proteste del fronte Qatar-Turchia si sono rivolte contro Haftar: non risulta che qualcuno abbia proposto inchieste sullo stato di questi centri e dei loro ospiti.
Tanto è bastato per inviare un messaggio a Roma: ragazzi, o ci date una mano con le armi o liberiamo la belva che più vi spaventa, vale a dire le decine di migliaia di rifugiati ricacciati in Libia o semplicemente rastrellati per giustificare gli investimenti italiani. Non c’è da scandalizzarsi: è dati tempi di Muhammar Gheddafi che chi comanda a Tripoli cerca di spillarci soldi con l’arma dei barconi o gommoni di clandestini. Solo che ora abbiamo contro quattro quinti della Libia (la parte controllata da Haftar) e chi dovrebbe esserci amico (il GNA) ci ricatta.
Salvini e Trenta, intanto, ci deliziano con un altro teatrino della politica: invece di permettere agli italiani di chiedersi se per caso in Libia ci siamo schierati dalla parte sbagliata, ci dividono con questioni di lana caprina come l’apertura/chiusura dei porti alle ONG e il ruolo delle FF.AA. in questa politica. Non c’è che dire: il Qatar li ha scelti bene, i suoi amici.
1 Emiratino, a dar retta a Tripoli.
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