Loro ci saranno… malgrado tutto

(di Paolo Palumbo)
28/05/18

In queste ore stiamo assistendo all’ennesima messa in scena di quello che sempre più sta diventando uno squallido palcoscenico calcato da vecchi attori che non mollano il copione, riparandosi dietro ruoli che – a loro detta – sono ormai consolidati e che sarebbe pericoloso abbandonare.

Il presidente della Repubblica si erge a sommo tutore degli interessi economici degli italiani, forse non pensando a quelli morali, ma tutto ciò non fa una piega se confrontato con una logica europeista fatta di conti in banca che rifugge da scaffali di libri e cultura condivisa.

La cosa che più disturba è che tutta questa messa in scena ha preso corpo pochi giorni prima del 2 giugno, festa della Repubblica: un momento importante in cui sarebbe stato il caso di riflettere sul passato, ma con il pensiero verso un futuro, sempre incerto, ma almeno nuovo.

In tutta questa baraonda di personaggi impolverati che campano diritti e sapienze costituzionali, esiste un piccolo gruppo di persone che proprio il 2 giugno comunicano, con il passo dei loro anfibi, la volontà indefessa di continuare a fare il proprio dovere… malgrado tutto. Parlo dei militari chiamati a sfilare sotto un palco di autorità consumate, che in passato non hanno fatto mancare ai nostri soldati la loro palese e vergognosa ingratitudine e che dopo anni di un dicastero che ha fatto rimpiangere gli sgangherati predecessori si sperava in una chiusura perlomeno degna e con un sommesso barlume di ripresa. Anche in questo caso abbiamo preso qualche abbaglio; ed ecco subito che appaiono sui muri coloratissimi manifesti con profili di uniformi appartenenti ad altri eserciti. Ma fosse quello il danno! L’indifferenza è senza dubbio peggio di qualsiasi virgola fuori posto, e nessuno – in tutto questo scambiarsi reciproci segni di guerra – ha detto qualcosa su quanto sta per accadere ai Fori Imperiali e si guarda bene da preservare il significato di Italia facendo leva su un senso patriottico polverizzato da una indegna ignoranza storica.

Non c’è dunque limite al peggio, anche perché, è bene rammentare, esiste un esercito sotterraneo di scrivanie, armate di timbri, pronte a immolarsi alla sacra bandiera della burocrazia, anche quando questa sventola a sfavore di colleghi che masticano polvere sui teatri bellici di mezzo mondo. Loro però, i pochi, l’ultima banda di fratelli rimasta, seguiteranno a salutare il tricolore, sbattendo il passo e a voltare la testa in segno di omaggio verso una classe politica che proprio in quelle mimetiche dovrebbe trovare ispirazione e un po’ di coraggio per governare questo paese in forte debito di onorabilità. Ecco che forse tutti quelli che adesso sono pronti a fischiare al passaggio del presidente o comunque a mostrare pubblicamente il segno del proprio dissenso dovrebbero invece ascoltare in silenzioso rispetto l’incedere fiero di questi ragazzi, senza rubar loro la scena.

Il 2 giugno rimane una festa importante e se qualcuno prova godimento a svuotarla del suo romantico significato, be' sappia che per quei giovani in divisa non lo è, perché proprio sul quel concetto vanno a giocarsi la vita quando chiamati.

Tutti sono pronti a puntare il dito contro la Germania o la Francia: senza dubbio è la soluzione più comoda caricare un singolo uomo di una colpa che andrebbe altrimenti equamente spalmata su una classe dirigente, ma anche su un popolo, che ha dimenticato da tempo cosa significhi essere italiani. Comunque lo stesso carattere per cui tutti ci criticano, sarà la chiave di svolta per uscire da una impasse disdicevole. Lo stesso faranno i militari e i rappresentanti delle Forze dell’Ordine, proseguendo nella loro marcia e ricordandosi però che il significato di Europa poggia anche sulla loro volontà di difenderla ad ogni costo… ovviamente burocrati e perbenisti permettendo.

(foto: Difesa)