Che l'Italia si stia avvicinando in maniera crescente all'Iran è ormai sempre più evidente: un percorso che, per non andare troppo in là nel tempo, è iniziato a gennaio di quest'anno, quando ha avuto luogo la visita di Rohani, durante la quale sono state gettate le basi per vari accordi commerciali ed industriali tra i due Paesi che si sono poi via via concretizzati nei mesi successivi (aprile e luglio in particolare), fino alla recente Iran Country Presentation svoltasi presso la Fiera di Roma e conclusasi nei giorni scorsi.
Durante la suddetta manifestazione, secondo il consulente per l'internazionalizzazione dell'Iran International Exhibition, Ashgar Firouzabadi, sarebbero stati "undici gli accordi preliminari siglati, per un ammontare di centinaia di milioni di euro, all'interno dei quali è da segnalare la vendita di 20mila tonnellate di zinco alle nostre aziende. Di grande valore economico è anche l'accordo che consente di eliminare nel commercio di alluminio tra Italia e Iran l'intermediazione di Abu Dhabi, con conseguente grande risparmio di costi per le aziende italiane".
La stessa Fiera di Roma, dal canto suo, avrebbe concluso una joint venture con Iran International Exhibition (l'ente fieristico con sede a Teheran, co-organizzatore dell'evento), che, secondo il suo presidente, nonché viceministro iraniano di Industria, miniere e commercio, Hossein Esfahbodi, "ci porterà a organizzare assieme importanti eventi nel mondo. Il successo di questa prima edizione inoltre ci ha già spinto a fissare un analogo appuntamento per il prossimo anno: anche nel 2017 organizzeremo con Fiera Roma Iran Solo Exhibition, con ancora più aziende".
Oltre a ciò, potrebbe profilarsi anche un riavvicinamento militare tra i due Paesi, testimoniato dalla visita della fregata Euro, giunta nel porto di Bandar Abbas nei giorni scorsi (e già ripartita) a distanza di ben quindici anni da quando un'altra nave della Marina Militare italiana - la fregata Bersagliere - ebbe a compiere il medesimo passo nell'aprile del 2001.
In realtà, l'azione politica intrapresa dal dimissionario governo Renzi nei confronti dell'Iran non è affatto esente da critiche, ed anzi desta molte perplessità sotto diversi punti di vista: in primis, occorre sottolineare che, nonostante il Trattato "JCPOA" (Joint Comprehensive Plan of Action, siglato a Losanna ad aprile dello scorso anno), rimangono valide le sanzioni economiche fuori dal programma di proliferazione nucleare illegale dell'Iran ed il conseguente divieto, per le aziende e loro affiliati, di operare in molteplici settori dell'economia iraniana.
Dipoi, non possono sottacersi i conseguenti effetti collaterali di possibili accordi commerciali o, più in generale, imprenditoriali che abbiano ad oggetto investimenti in Iran: intanto, l'alto rischio che si possa finire con il finanziare il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica, annoverato nelle liste internazionali delle organizzazioni terroristiche, non essendo affatto facile sapere o capire se l'eventuale partner economico sia una società "pulita" e rispettabile oppure gestita, in segreto, dai Pasdaran.
Oltre a tutta un'altra serie di problemi, tra cui:
1) il fatto che la Financial Action Task Force abbia annunciato, lo scorso giugno, la propria decisione di mantenere l’Iran nella lista nera dei Paesi che preoccupano per transazioni finanziarie illecite e finanziamento del terrorismo internazionale;
2) le istituzioni finanziarie iraniane restano escluse dal sistema finanziario statunitense;
3) sono altissime le multe per le violazioni da parte di Banche internazionali delle sanzioni americane contro l'Iran, anche per casi riguardanti il coinvolgimento (a volte inconsapevole: vedasi quanto detto più sopra) nel riciclaggio di denaro originato dal paese persiano;
4) il rischio di reintroduzione delle sanzioni economiche, soprattutto a seguito dei recenti comportamenti iraniani che configurerebbero violazioni dell’Accordo nucleare nella produzione di acqua pesante.
Quanto detto, d'altronde, ha trovato conforto, ed anzi è stato ribadito a gran voce, nella conferenza svoltasi lo scorso 22 novembre a Roma, presso il Senato della Repubblica, dal titolo “Business Italia – Iran: un’analisi costi – benefici”: in particolare, l'ambasciatore Giulio Terzi di Sant'Agata, membro dell’Advisory Board di United Against Nuclear Iran (UANI), l'organizzazione non profit che ha organizzato l'evento, ha ben evidenziato che non solo la conclusione del suddetto Trattato (JCPOA) non abbia affatto modificato, contrariamente alle aspettative del Governo italiano, l’atteggiamento dell’Iran sulle questioni più rilevanti per la stabilità regionale e la sicurezza occidentale, ma che si sia addirittura manifestata una crescente aggressività degli interventi del suddetto Paese che ha radicalizzato, anche attraverso il ruolo di attori “proxy” di Teheran, i conflitti in Siria, Iraq, Yemen, in chiave di preminenza sciita.
A ciò, va aggiunto che la feroce propaganda antisemita, le provocazioni nei confronti dei valori occidentali (proseguite ai massimi livelli nella Repubblica Islamica dell’Iran), il sostegno per nulla velato a organizzazioni terroristiche è apparsa così evidente da spingere il Dipartimento di Stato americano a inserire ancora l’Iran, nonostante gli sforzi di Washington nel volerlo considerare partner affidabile, tra i principali Paesi sponsor del terrorismo internazionale.
Dulcis in fundo, come pure ha evidenziato l'ambasciatore, "l'attuazione da parte iraniana dell’accordo nucleare viene rimessa in discussione dai numerosi test missilistici che l’Iran continua a effettuare nonostante siano vietati da risoluzioni del Consiglio di Sicurezza. Per quanto riguarda le inadempienze iraniane degli impegni assunti con la ratifica di convenzioni e trattati riguardanti i Diritti Umani, la situazione nel paese si è ulteriormente aggravata durante la presidenza Rouhani. I più recenti rapporti del segretario generale delle Nazioni Unite certificano la gravità delle violazioni iraniane. In rapporto alla popolazione, si tratta del Paese con il più alto numero assoluto di esecuzioni capitali, incluse quelle di minori e di oppositori politici. Molto sanguinaria è stata sin dagli anni ’80 la repressione degli oppositori politici, con numerose uccisioni perpetrate ancora negli ultimi anni In Iran, in Iraq e in altri Paesi".
Insomma, è chiaro che investire in Iran non sia affatto esente da rischi: anzi, quello che nell'immediato futuro può sembrare un investimento lucroso, potrebbe facilmente rivelarsi, a lungo termine, una scelta disastrosa.