Dopo aver chiuso la nostra prima tappa del “viaggio” nell’Aviazione dell’Esercito, la seconda, e ultima, coincide con un intervista al comandante dell’AVES, il generale di brigata Paolo Riccò. Con il generale parliamo della sua esperienza come pilota e del suo presente al comando dell’AVES senza, però, disdegnare uno sguardo alle sfide future che si prospettano di fronte all’Aviazione dell’Esercito.
La sua storia nell’AVES è, per certi versi, una storia recente, visto che Riccò ha alle spalle un passato nella fanteria, prima, e nei paracadutisti, poi. Un passato che lo ha visto impiegato anche nella battaglia del Checkpoint “Pasta”, durante la missione in Somalia, dove ha ricevuto la medaglia di bronzo al valor militare. Quest’importante onorificenza non è stata l’unica, visto che nel medagliere personale può mostrare croci d’oro e di bronzo al merito dell’Esercito. Ma oltre le onorificenze, il generale Riccò, ha una grande esperienza di comando, che lo ha visto passare dal comando del 5° reggimento AVES “Rigel” al comando dell’aviation battalion di Herat, Afghanistan – nell’Operazione ISAF – fino ad arrivare al comando della brigata aeromobile “Friuli”. Esperienze fondamentali per operare al meglio in qualità di comandante dell’Aviazione dell’Esercito, incarico conferitogli il 24 marzo 2017.
Generale Riccò, è entrato nell’Aviazione dell’Esercito nel 1995 assegnato al 49° Gruppo Squadroni Elicotteri d’Attacco di Casarsa. Cosa significa, per lei, comandare oggi l’AVES?
A quel tempo non avrei mai pensato di poter avere l’onore di comandare l’Aviazione dell’Esercito. Nel mio percorso professionale ho avuto la fortuna di attraversare tutti i livelli ordinativi di questa bellissima Specialità e riuscire a costruire diuturnamente competenze e conoscenze operative e manutentive importanti e necessarie per quando si assumono questi incarichi. In particolare, nella prima assegnazione all’interno dell’AVES, a Casarsa, ho avuto l’opportunità di entrare subito nelle dinamiche dell’elicottero A-129, allora recentemente acquisito (foto), che mi ha permesso di verificare tutte le problematiche che coinvolgono l’entrata in servizio di una nuova macchina, nonché le sue evoluzioni nel tempo. Oggi il 129 è una macchina altamente prestazionale e competitiva, probabilmente superiore al “Tiger” franco-tedesco e non paragonabile all’”Apache” americano poiché appartengono a due categorie differenti, “light” il primo, “medium-heavy” il secondo. L’esperienza nel reggimento “Rigel” di Casarsa mi ha permesso non solo di conoscere l’elicottero A-129 ma anche l’elicottero AB205 e quindi di avere una doppia visione di impiego che sicuramente mi è servita nel tempo.
Dalla sua fondazione l’Aviazione dell’Esercito è sempre stata impegnata sia in campo nazionale che in campo internazionale. Quanto è importante avere sempre la piena capacità operativa?
È importantissimo perché l’Aviazione dell’Esercito deve essere sempre aderente alle esigenze delle Forze in campo. Sin dal 1979, ad esempio, l’AVES è stata impiegata in Libano nella missione UNIFIL; una missione all’epoca “impegnativa” sia per le prestazioni della macchina, sia per l’impiego al di fuori dei confini nazionali in un periodo in cui l’Esercito aveva ancora scarsa esperienza nello schieramento di contingenti all’Estero. “Italair”, la Task Force italiana di elicotteri su base AVES, opera a tutt’oggi al servizio dell’intera missione UNIFIL mantenendo, da quasi 40 anni, le stesse caratteristiche di imparzialità e professionalità principalmente con compiti di MEDEVAC (evacuazione medica). Successivamente, a partire dall’impiego in Somalia nel 1992, l’esperienza operativa ha palesato la necessità del supporto degli elicotteri, non solo da trasporto ma anche da combattimento. Infatti gli eventi del Checkpoint “Pasta” hanno evidenziato la fondamentale importanza per le truppe a terra della copertura fornita dall’alto, soprattutto in scenari urbanizzati quali quelli della capitale somala, Mogadiscio. L’impiego nello stesso Teatro ha inoltre suggerito una delle linee evolutive dell’elicottero d’attacco, ovvero l’esigenza primaria di dotarsi di un cannone da 20mm che coniugasse la potenza di fuoco alla precisione, permettendo di intervenire minimizzando i danni collaterali. In seguito, l’impiego più recente del 129 in altri Teatri quali l’Afghanistan e l’Iraq ha guidato lo sviluppo dell’Elicottero da Esplorazione e Scorta verso modifiche attinenti l’avionica piuttosto che l’armamento, quest’ultimo migliorato solo di recente con la sostituzione del sistema missilistico “TOW” con lo “SPIKE”, che ha garantito maggiore precisione a favore del supporto di fuoco.
Nel presente, possiamo affermare che L’Aviazione dell’Esercito è diventata una pedina fondamentale della Difesa, sia che venga impiegata inquadrata in dispositivi terrestri nazionali sia che agisca in autonomia come la Task Force “Griffon” a Erbil, in Iraq, inserita nell’architettura della coalizione con compiti di Personnel Recovery, ovvero recupero di personale che rimanga isolato durante le operazioni.
Lei ha sempre sottolineato l’importanza della capacità operativa 24/7. Quanto è importante l’apporto di ogni specialista per garantirlo?
La capacità operativa 24/7 è sempre garantita soprattutto grazie a quello che definiamo “Fattore Umano”. Al di là dell’utilizzo di aeromobili e materiali altamente tecnologici, il vero fulcro e fondamento di questa capacità è costituito dalla professionalità e spirito di servizio che i nostri uomini e donne in divisa garantiscono ogni giorno. Noi, “baschi blu”, garantiamo il 24/7 sia in Patria come Pronto Intervento Nazionale, sia all’estero nei vari Teatri operativi per missioni Medevac e Personnel Recovery. Tutto questo richiede uno sforzo enorme dal punto di vista tecnico. Erroneamente, infatti, si tende a considerare importante solo l’equipaggio sottovalutando l’essenziale lavoro svolto dal personale di supporto al suolo, come l’antincendio, il carburantista, il tecnico meccanico, il tecnico elettronico. Invece è’ solo grazie al lavoro di squadra che si riesce a garantire il 24/7.
Quale sarà lo sviluppo futuro dei mezzi? Sia del nuovo Elicottero da Esplorazione e Scorta (che sostituirà l’A-129, ndr) sia di un nuovo elicottero utility?
È molto probabile che il 129 abbia raggiunto oggi (foto) la sua massima espressione in termini capacitivi, non essendoci, ad esempio, più spazio disponibile nel cockpit per nuovi apparati di avionica che permettano di scambiare efficacemente informazioni con tutto quello che oggi muove e opera nella Terza Dimensione: acquisitori, Unmanned Aerial Vehicle, etc. Iniziano a subentrare, inoltre, delle obsolescenze, intendendo come tali tutte quelle componenti non più sostituibili in quanto non più prodotte. Nel progettare il nuovo elicottero da esplorazione e scorta si è ravvisata l’esigenza di una macchina oltre che più prestazionale anche più performante sia dal punto di vista del volo sia da quello dell’impiego operativo, che permetta, cioè, una maggiore integrazione con i sistemi schierati sul campo di battaglia o in Teatro Operativo, attraverso lo scambio di informazioni per un intervento rapido ed efficace a favore di chi manovra da terra. Oggi, ad esempio, i sistemi disponibili sono considerati superati perché si è ancora costretti a collegarsi a terra per ricevere quei dati che le nuove tecnologie permettono di ricevere in altra modalità. Per quanto riguarda, invece, le c.d. flotte “legacy”, cioè ereditate dalle passate acquisizioni, esse sono notevolmente meno prestazionali delle nuove e si sta quindi procedendo a sostituirle poiché più vantaggioso, in quanto costa più comprare e sostituire materiali vecchi piuttosto che acquistare una macchina nuova.
I tagli alla spesa pubblica e, di conseguenza, alle spese militari possono essere un limite per l’ammodernamento della flotta?
L’Aviazione dell’Esercito ma in generale tutta la Forza Armata e la Difesa sono coinvolte nel processo di razionalizzazione e revisione dello strumento militare. La nostra è “solo” una Specialità nell’ambito di una Forza Armata che muove e opera principalmente via terra. Per far ciò, però, non si può prescindere dallo sfruttamento della Terza Dimensione che permette maggiore flessibilità, mobilità e sicurezza delle operazioni. Anche noi, comunque, subiamo le conseguenze dei tagli alla spesa pubblica che si traducono nella minore disponibilità di ore di volo. Non potendo intaccare carburante e manutenzioni, abbiamo dovuto attagliare l’addestramento e l’approntamento del personale dedicando le ore di volo disponibili agli equipaggi pianificati per l’impiego imminente in Teatro operativo. La tecnologia avanzata, integrata nei parchi macchina presenti e futuri dell’Aviazione dell’Esercito, ha permesso una riduzione delle linee di volo e dei numeri degli aeromobili, anche nell’ottica del contenimento dei costi di manutenzione, perseguendo comunque gli obiettivi prefissati, secondo la missione istituzionale assegnata.
Non sarebbe più logico progettare un elicottero a pilotaggio remoto per poter supportare al meglio le truppe al suolo ed evitare perdite umane?
Il pilotaggio remoto dà sicuramente garanzia di non rischiare la perdita dell’equipaggio. In base alla mia esperienza personale quale responsabile delle operazioni in Afghanistan, dove ho avuto la possibilità di impiegarli, posso dire che lo scenario visibile da un aeromobile è molto più completo della visuale offerta da una camera integrata in un sistema a pilotaggio remoto. Infatti nel secondo caso è come se si proiettasse un cono dall’alto verso il basso, avendo a disposizione unicamente le immagini contenute nella base del cono stesso: non si tratta quindi di uno scenario reale ma di immagini circoscritte. Gli UAV servono, piuttosto, dopo aver identificato una minaccia per poter intervenire in quel cono, non avendo però la possibilità di conoscere ciò che accade al di fuori del campo visivo della camera. Dall’elicottero, invece, il pilota ha una visuale areale che gli permette di attagliare il suo processo decisionale alle informazioni ricevute a 360°, evitando così la possibilità di danni collaterali. Il principio di impiego di ogni flotta di aeromobili è che ciascuna macchina dev’essere utilizzata secondo il compito designato, secondo le capacità e le vulnerabilità, principio per il quale nella Terza Dimensione le Forze Armate dispongono di un bacino articolato di aeromobili per soddisfare le diverse esigenze sia prettamente operative sia di supporto alla popolazione, secondo il principio del “Dual Use”.
(foto: AVES - il gen. Riccò ed a seguire il "Mangusta" prima ed ultima versione)
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