All’indomani del fallito golpe del 15 Luglio scorso, ed alle ripercussioni interne (ed esterne) ad esso conseguite (tra cui l’arresto di diversi militari, magistrati e via dicendo), hanno destato stupore e preoccupazione, soprattutto nel mondo occidentale, le parole del vice ministro del governo turco, Numan Kurtulmus, secondo cui il suo Paese, per fronteggiare al meglio lo stato di emergenza che sta attraversando (peraltro già formalmente dichiarato per i prossimi tre mesi), provvederà contestualmente alla sospensione della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
Sul punto, abbiamo intervistato il nostro Marco Valerio Verni, per meglio comprendere le reali possibilità di una simile scelta e le eventuali conseguenze.
Avvocato Verni, la Turchia può effettivamente arrivare a sospendere l’applicazione della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo?
Sì, ma a determinate condizioni: tale possibilità, infatti, è prevista dall'art.15 della stessa Convenzione, secondo cui "in caso di guerra o in caso di altro pericolo pubblico che minacci la vita della nazione, ogni Alta Parte contraente può adottare delle misure in deroga agli obblighi previsti dalla Convenzione, nella stretta misura in cui la situazione lo richieda e a condizione che tali misure non siano in conflitto con altri obblighi derivanti dal diritto internazionale".
A ben vedere, se, da una parte, appare chiaro che, da parte turca, non vi sarebbe nessuna violazione del dato normativo, dall’altra, essa dovrebbe comunque adeguarsi - almeno in teoria - ai limiti previsti a tale istituto proprio dal suddetto articolo, il quale, al comma 2, vieta la possibilità di deroga rispetto ad alcuni diritti fondamentali: ossia, quello alla vita (art.2), quello al divieto di tortura e trattamenti inumani o degradanti (art. 3), quello del divieto di schiavitù (art. 4), quello secondo cui nessuno possa essere giudicato per una azione o una omissione che, al momento in cui sia stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale (nulla poena sine lege: art. 7).
Senza considerare gli ulteriori limiti previsti in riferimento ad articoli di singoli protocolli: in primis il diritto a non essere giudicato due volte (divieto del ne bis in idem) o la proibizione della pena di morte.
Quindi il quadro sembra tutto sommato, almeno a livello giuridico, piuttosto garantista anche nel caso in cui la Turchia (e purtroppo i fatti di questi giorni sembrano andare in tal senso) dovesse veramente mettere in pratica quello che, ad ora, ha annunciato solo a parole. A tal proposito: ci dobbiamo aspettare una comunicazione formale?
Non sappiamo se, nella realtà, sia già in atto una sospensione “di fatto” della Convenzione: le immagini che ci vengono trasmesse dai media non lasciano presagire nulla di buono, in tal senso. Certamente, riferendoci al dato normativo, il comma 3 del già citato articolo prevede, dal punto di vista procedurale, che lo Stato che decida di esercitare il diritto di deroga (e quindi, nel nostro caso, la Turchia) debba informare nel modo più completo il Segretario Generale del Consiglio d’Europa sulle misure prese e sui motivi che le hanno determinate, nonché della data in cui esse cesseranno di essere in vigore, con conseguente "rientrata in vigore" della Convenzione.
Se ciò non bastasse, come ulteriore garanzia della rigida applicazione della deroga, vi è da aggiungere la possibilità, da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo, di controllare se vi sia proporzionalità tra il ricorso alla stessa e le cause che abbiano portato il singolo Stato a procedere in tal senso.
Tralasciando per un attimo l’aspetto giuridico, c’è da dire che in Turchia non è la prima volta che si dia luogo alla sostituzione sistematica di procuratori, governatori e - soprattutto - alti ufficiali delle Forze Armate, così come alla limitazione della libertà di stampa.
Sul punto occorrerebbe aprire un capitolo a parte, anche per meglio comprendere il ruolo che le Forze Armate hanno sempre avuto in questo Paese, ma di certo, al giorno d’oggi, l’eventuale sospensione della Convenzione sui diritti dell’Uomo non gioverebbe al già claudicante percorso di entrata del suddetto Stato nell’Unione Europea, tanto più se accompagnata dalla reintroduzione della pena di morte, anch’essa annunciata dal suo presidente Erdogan. E, come detto, parimenti vietata dalla stessa Convenzione di cui sopra e, giustamente, già stigmatizzata dall’Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini.
(foto: presidency of the republic of Turkey)