La brigata di cavalleria “Pozzuolo del Friuli” è subentrata alla brigata “Sassari” al comando dell’operazione Leonte inserita nella missione Unifil (United Nations Interim Force in Lebanon) la forza di interposizione delle Nazioni Unite nel sud del Libano.
Il comandante del settore ovest di UNIFIL è attualmente il generale di brigata Ugo Cillo. Durante i primi mesi di missione ha incontrato le principali autorità civili, militari e religiose del Libano del Sud. Ha riscontrato la massima collaborazione e soddisfazione per le attività svolte da Unifil in generale e dal contigente italiano in particolare.
Il generale si è reso disponibile per raccontare ai lettori di Difesa Online un tema chiave della ricetta italiana per il successo nelle missioni internazionali: la cooperazione civile e militare.
Generale Cillo, sulla base della sua esperienza professionale, qual è stata l’evoluzione della cooperazione civile-militare dal 2006 nell’ambito UNIFIL?
La mia esperienza in Libano risale al 2006, quando operai nella “Leonte I” come comandante di battaglione del reggimento Lagunari a nord di Tiro. All’epoca, il comando del settore ovest di Unifil fu affidato alla brigata di cavalleria “Pozzuolo del Friuli”. Dopo 10 anni torno in Libano come comandante della “Pozzuolo”, arrivata al quinto mandato nella terra dei cedri.
L’assistenza alla popolazione civile, che si realizza attraverso la cooperazione civile-militare (CIMIC) e i progetti di ricostruzione, è una parte fondamentale della Risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. L’Italia dedica molti sforzi in questo settore, impiegando militari specializzati del CIMIC GROUP SOUTH di Motta di Livenza. Dal 2006 ad oggi sono stati realizzati oltre 750 progetti CIMIC, tra cui interventi ad infrastrutture pubbliche quali strade, scuole e ospedali, corsi professionali e distribuzioni di aiuti umanitari alle fasce più bisognose.
Quali sono i progetti seguiti dalla sua unità?
La brigata di cavalleria ha assunto il comando del Sector West di Unifil lo scorso 17 ottobre. In questo periodo abbiamo ultimato alcuni progetti già avviati dai nostri predecessori (la brigata Sassari) ed iniziato dei nuovi come la riqualificazione ed adeguamento energetico nel comune di Shama, che da anni ospita il comando del settore, tramite l’installazione di nuovi impianti di illuminazione pubblica. In questo progetto, svolto anche in altre municipalità, abbiamo usato energia rinnovabile da impianti fotovoltaici, che permettono l’illuminazione pubblica laddove, come in Libano, la rete elettrica nazionale non è sempre idonea.
Abbiamo poi operato all’ospedale governativo di Bint Jbail, completando un’ala dell’ospedale con materiale donato dall’ospedale maggiore di Novara, e alla scuola per l’infanzia di Rmeish dove è stata realizzata una nuova pavimentazione e installate delle stufe. Abbiamo anche consegnato dei giocattoli ai piccoli ospiti, donati dal Rotary Club di “Roma Campidoglio”. A Buj Ash Shamal, invece, abbiamo rifornito la scuola locale con nuovi arredi per gli alloggi all’interno della scuola, dove sono ospitati studenti meno abbienti. Siamo poi stati nel comune di Bayt Yahoun, dove abbiamo installato nuovi arredi e giochi da esterno nel giardino pubblico, consentendo ai cittadini di fruire di un luogo di incontro comune e ai più piccoli di giocare in sicurezza. Un altro impegno al quale teniamo molto, e che viene seguito in sinergia con il Civil Affair di Unifil, è il supporto allo sviluppo dell’imprenditoria femminile. In quest’ambito promuoviamo l’organizzazione di mercatini dove vengono venduti prodotti artigianali confezionati dalle cooperative femminili del Libano del sud.
La lista dei progetti è molto lunga: ricordo ancora, in sintesi, il nostro impegno per le municipalità del Libano del sud nel settore pubblico, scolastico e sanitario. In questo ultimo settore, in particolare, organizziamo visite mediche gratuite (medical care) e ambulatori mobili con il nostro personale sanitario militare.
Ci sono rapporti continui con le autorità locali e proficui scambi di informazioni?
I rapporti con le autorità locali sono costanti e io stesso quotidianamente incontro le più alte cariche politiche, militari e religiose dell’area, con cui mi confronto per agevolare l’applicazione e il rispetto della risoluzione 1701 ONU. Ultimamente ho incontrato tutti i leader religiosi del sud del Libano: il mufti sciita di Tiro Sheikh Hassan Abdallah, il mufti sunnita Midrar Saad Eldin Habbal, l’arcivescovo maronita Skukrallah Nabil Al Haje, il vescovo greco cattolico Mikhael El Abrass.
Lo scambio d’informazioni è reciproco, c’è grande disponibilità e si lavora in armonia nel rispetto dei ruoli e delle competenze. D'altronde la cooperazione nel campo della sicurezza e della ricostruzione è interesse comune ed abbiamo un’ottima interazione con la comunità locale. A livello dei vertici istituzionali, va menzionato il successo dei “tripartite meeting” (una riunione convocata dal force commander di Unifil alla quale siedono i rappresentanti delle forze armate israeliane e delle forze armate libanesi), unico strumento di confronto, cui finora hanno aderito Libano e Israele, per tentare di risolvere delicati aspetti relativi alla sicurezza, attraverso la mediazione dei rappresentanti di Unifil, primo fra tutti il force commander.
C’è l’impegno e il coinvolgimento di altri attori, come le ONG, le università o il settore privato del nostro Paese?
Certamente sì. Molte ONG, associazioni, onlus e realtà culturali vicine alle unità che si avvicendano nell’operazione “Leonte” offrono in Patria un importante contributo nella realizzazione di iniziative di cooperazione civile-militare. Anche le università hanno espresso il loro interessamento per le attività del contingente, e noi della Pozzuolo del Friuli abbiamo una sinergia ormai consolidata con l’Università di Trieste e l’Università di Udine. Proprio con quest’ultima sono in corso progetti di collaborazione con le università del Libano del Sud.
Oltre all'assistenza alle fasce vulnerabili e alle infrastrutture stradali, quali sono i progetti che coinvolgono la popolazione?
Oltre alle attività di cooperazione civile-militare, il contingente italiano organizza iniziative che coinvolgono la popolazione su temi d’interesse quali ad esempio la sicurezza stradale e domestica, i corsi professionali e di lingua italiana. Abbiamo svolto anche un corso di cucina organizzato a Maraaka, a cui hanno partecipato altri 5 comuni, che ha visto la collaborazione della comunità femminile e riscosso un ottimo successo. Sul fronte della sicurezza stradale abbiamo condotto campagne informative di guida sicura e di rispetto delle norme di sicurezza per il trasporto di minori in auto. Con l’ufficiale veterinario del contingente abbiamo inoltre organizzato degli incontri sulla conservazione degli alimenti e la prevenzione dalle intossicazioni alimentari. Altre attività a cui teniamo molto sono quelle sportive, uno strumento educativo molto efficace soprattutto per i più giovani. Lo scorso novembre abbiamo infatti supportato l’attività dell’Inter Campus, che da moltissimi anni svolge nel Libano del sud delle attività formative e ludiche basate sui valori fondanti lo sport.
Secondo il suo parere è possibile modificare l’approccio degli interventi? Su quale settore aumenterebbe lo sforzo tra sanità, istruzione e sociale?
A mio avviso, sino ad oggi è stato adottato un approccio equilibrato e coerente nella gestione degli interventi a favore della popolazione. I progetti che noi svolgiamo, infatti, sono realizzati d’intesa con le autorità locali sulla base delle loro richieste, e rispecchiano un giusto bilanciamento tra le diverse esigenze.