I malintesi generano confusione e iniziamo con il dire che chi fa il mestiere di giornalista ha il preciso dovere di non generare pericolosi fraintendimenti. D’altro canto chi invece legge gli articoli ha il dovere di farlo in senso critico, ma soprattutto vedere le cose nel suo insieme, senza soffermarsi su particolari che fanno comodo attaccare. È quello che è successo con il pezzo dedicato alla legittima difesa per il quale lo scrivente (detentore di porto d’armi e frequentatore di poligoni privati diretti da personale qualificato) deve fare delle precisazioni richiamate dal così nominato Comitato Direttiva 477. In primo luogo tengo a sottolineare come ritenga fondamentale che ciascuno possa difendere con i mezzi che ritiene opportuno il suolo privato e nell’articolo (leggi) non si parla di alcuna condanna nei confronti di chi lo fa, anzi. La cosa che si è voluto sottolineare è che questa corsa alla legittimità della difesa nasce da decenni in cui i poteri preposti hanno sempre privilegiato chi ha offeso e non chi si è difeso (questo è scritto, ripeto). Le ingiustizie commesse nei confronti di chi ha usato un’arma per difendersi sono innumerevoli, ciò non toglie che la magistratura abbia il dovere di interporsi tra aggressore e aggredito come ultima istanza che determini se la difesa sia stata esagerata nei confronti dell’offesa.
Il nodo dell’articolo era questo, responsabilizzare i detentori di arma da fuoco su tale punto, precisando che la legge sulla legittima difesa non è un “liberi tutti” nei confronti di chi porta un’arma ad agire contro un eventuale aggressore. Anche perché, non dimentichiamolo, non esiste codice che tuteli la propria coscienza nel caso si tolga la vita a qualcuno.
L’articolo non è un atto di accusa contro le armi (anche questo è ben specificato) o neppure una critica feroce nei confronti delle procedure per il rilascio del porto d’armi. L’aggettivo “farsesco” rispecchia solo il tipo di visita condotto rispetto la licenza che viene rilasciata: il medico legale – li quale fa seriamente il suo lavoro, ma soprattutto esegue ciò che la legge prescrive – dovrebbe allargare le sue competenze e gli esami richiesti dovrebbero essere forse più accurati. Perché non introdurre test psicologici o esami tossicologici per i richiedenti di porto d’armi? Non credo sia una bestialità il pretenderlo.
Se lo scrivente ha sbagliato definizioni sulla tipologia di armi lo ha fatto non per attirare eventuali oppositori, lo ha fatto erroneamente; ciò nondimeno sono sottigliezze per le quali chiediamo comunque venia. Qualcosa da dire sugli incidenti però c’è, nel senso che essi accadono, soprattutto nel comparto “caccia”, ma anche nei poligoni. Anche in questo caso però l’articolo non è un atto d’accusa rispetto le armi. L’arma di per se è pericolosa se maneggiata senza cautela e – argomentato con cognizione di causa – è possibile assistere a spettacoli ingrati su maneggi inopportuni di pistole o colpi partiti causalmente (per fortuna senza conseguenze). Allo stesso modo negare la possibilità di incidenti (soprattutto nell’arte venatoria) non corrisponde al vero. Il clima intorno a questo punto legislativo è incandescente anche perché, come abbiamo già sciorinato, in molto hanno il dente avvelenato nei confronti di chi, da diverso tempo, li ha additati come demoni “portatori di morte”. Lungi dalla testata demonizzare una categoria come gli armieri che non era nemmeno il soggetto di quanto pubblicato.
Comitati e tiratori possono stare con l’animo in pace, nessuno è contro di loro, tantomeno questa testata che ha a cuore soprattutto le persone in divisa che le armi le devono usare per mestiere e lo fanno bene, a nome e per proteggere lo Stato e i suoi cittadini. Difendersi è un diritto di tutti, ciascuno in casa sua è padrone (non al di sopra della legge inteso), ma quello che deve essere chiaro è che nel caso di trasgressione o uso improprio delle armi, questo non debba avere ragione a priori.
Alla base di tutto questo c’è una richiesta di uno Stato più forte, con delle Forze dell’Ordine preparate a fare il loro dovere fino in fondo, senza paura di offendere o di eccedere nella difesa, soprattutto quando si tratta di proteggere i cittadini e combattere il crimine. Loro sono il primo baluardo contro le rapine e i malviventi; d’accordo non possono essere ovunque, ma molte volte abbiamo assistito alla loro impotenza a causa di leggi e cavilli che – anche nel loro caso – stavano più dalla parte del delinquente. Per il cittadino comune che difende la sua proprietà ci devono essere dei controlli maggiori, tutto qui. Questo non impedisce alla persona di comprarsi 100 pistole e altrettante carabine, solo che preoccupa molto la reazione causata da quanto argomentato nell’articolo precedente.
Si chiama “eccesso di difesa” ed è lo stesso motivo che porta un individuo, o un gruppo di persone, a chiedere che venga censurata la libera espressione solo perché vista come una minaccia da chi la pensa diversamente.
(foto: web)