Da responsabile del Gruppo Geopolitica, mi sono goduto la lettura del breve ma interessantissimo articolo “Francia, Germania e l’Atomica” scritto da Giovanni de Paolis. Che l’idea di una Germania “nuclearizzata” generi sentimenti contrastanti, anche tra i Tedeschi, è un fatto. Che la NATO sia stata la principale garanzia della sicurezza in Europa durante gli anni della Guerra fredda, questo è discutibile. A parte il fatto che l’Unione sovietica fece… domanda di aderire al Patto atlantico… seriamente e con insistenza, almeno prima dell’avvento al vertice di Kruscev, in realtà la così detta “difesa collettiva”1 secondo il Trattato di Washington è stata invocata per la prima volta solo all’indomani degli attacchi terroristici contro gli Stati Uniti, l’undici settembre 2001.
La vera garanzia è stata rappresentata, per almeno trent’anni, dalla presenza fisica di personale militare e civile americano in basi aeree e navali messe a disposizione degli USA in location strategiche in Italia e in Germania: lo sterminio di centinaia di cittadini americani sarebbe, automaticamente, stato il casus belli capace di far scattare l’intervento in forze degli Stati Uniti. Il paragone con la presenza di forze di altri Paesi dell’Alleanza è a dir poco sbilanciato: per fare un esempio attuale, le truppe belghe e tedesche, schierate in Lituania a “protezione” del Paese contro un nemico… non meglio identificato ufficialmente, pur sotto il cappello NATO, in caso di una crisi internazionale gravissima che inducesse Mosca a diventare aggressiva verso i Paesi baltici, rappresenterebbero un ben misero ostacolo a eventuali piani di invasione. Insomma, qualcuno crede seriamente che il rischio di provocare la morte di alcune centinaia di soldati di queste due Nazioni alleate sarebbe preso a Mosca come un serio pericolo di trascinare in guerra gli Stati Uniti d’America?
Anche nell’ipotesi in cui la Germania fosse “nuclearizzata”, quanto seriamente sarebbe preso questo pericolo dai leader russi?
Qualora non se la dessero a gambe prima della crisi, ridotti a cadaveri questi soldati costituirebbero al massimo la causa di una “strana guerra” come quella tra la Germania di Hitler e gli alleati anglo-francesi tra il 1939 e il 1940. Così, il dislocamento di truppe, mezzi e missili nucleari francesi in territorio tedesco, sarebbe davvero un ostacolo ridicolo, in uno scenario post-NATO: chi pensa seriamente, visti i precedenti storici, che - nell’ipotesi per il momento assurda di un’invasione russa della Germania - la Francia non si limiterebbe, come l’Impero britannico nel giugno 1940, a una ritirata frettolosa, magari dopo aver reso inutilizzabili detti missili, allo scopo di arroccarsi nella “fortezza francese”? Tra l’altro, collocare missili nucleari in Germania rappresenterebbe un’ammissione di rinuncia a difendere la vera frontiera orientale dell’Unione europea, cioè Polonia e Romania. Dalle parti di Varsavia e degli altri Paesi di Visegrad2, memori delle invasioni sovietiche del 1956 e del 1968, la mossa di difendere l’Europa lungo la Linea Oder-Neiße sarebbe presa come un nuovo tradimento, dopo quelli del 1938-39 e, per l’Ungheria, del 1956. Marcare forte l’intenzione di difendere questi Paesi ex Patto di Varsavia è strategico per l’Unione, finché la Federazione russa rimarrà un emirato nucleare e alla luce anche dei tentativi russi di… sedurre alcuni antichi alleati. Se a Parigi e a Berlino non lo capiscono, siamo certi che Varsavia, Praga, Bratislava e Budapest glielo ricorderanno.
Dal punto di vista dell’Italia, un asse politico-militare “atomico” esclusivo tra Francia e Germania costituirebbe un’ennesima dimostrazione del nostro declassamento a potenza di secondo livello, appunto dietro a Berlino e Parigi, al massimo sullo stesso gradino di Madrid, Varsavia e Bucarest, mentre per tutto il corso della Guerra fredda la frontiera la gli Americani avevano collocato i loro avamposti nelle posizioni più strategiche della Bundes Republik, della Turchia e, appunto, dell’Italia, guardandosi bene dal lasciarci in una terra di nessuno.
Forse non sarebbe male che il governo italiano si interessasse di questa storia ai massimi livelli, cercando i Paesi di Visegrad e la Romania per creare un gruppo di blocco, anche in considerazione del fatto, ben evidenziato da De Paolis, che ci sono parecchi trattati -ancora in vigore - ostativi di una “nuclearizzazione” della Germania.
Oltretutto, in una logica di non proliferazione sostenuta da Washington (e - crediamo - in questo caso anche da Mosca), il dispiegamento non già di sistemi d’armi convenzionali ma addirittura di missili con o senza la testata nucleare già montata costituirebbe un cambiamento devastante dello scenario strategico in Europa, suscettibile di provocare per se reazioni della Russia nei Paesi ex sovietici e, perché no, degli USA in Medio Oriente e in Nord Africa. Diverso sarebbe il caso di un trasferimento della Force de frappe in capo all’Unione; francamente, c’è da dubitare che Parigi intenda fare un passo del genere, almeno nel medio termine.
Diverso è, crediamo, il caso della Turchia, la quale se privata dell’ombrello nucleare americano, potrebbe quasi certamente cercare di averne uno proprio, avendo la forza di resistere alle pressioni avverse di Russia, Europa e Stati Uniti. Ma questo è un caso limite, che meriterebbe un’analisi a parte.
In conclusione, riteniamo che sia molto probabile che, a meno di un aumento dell’aggressività russa in Europa a seguito del ritiro delle forze americane, tutte queste voci di un aiuto “atomico” della Francia alla Germania rimarranno tali.
1 Nel senso che un attacco a un membro dell’Alleanza è considerato un attacco a tutti quanti.
2 Oltre alla Polonia, Rep. Ceca, Rep. Slovacca e Ungheria.
(foto: Bundesarchiv)