Linee programmatiche del ministero Difesa: considerazioni sull’audizione del ministro

(di Mario Ruggiero)
13/08/18

Con l’illustrazione del Ministro della Difesa, il 26 Luglio scorso, delle linee programmatiche del Dicastero1 alle Commissioni congiunte Difesa di Camera e Senato, siamo venuti a conoscenza di quelli che si possono considerare a tutti gli effetti gli assi portanti della Politica di Difesa della presente legislatura.

Il documento presenta sicuramente degli spunti interessanti e innovativi, anche se non può considerarsi privo di potenziali criticità, pur nella considerazione che si tratta di un documento di programmazione iniziale e non già di un documento di pianificazione strategica, ancorchè a livello politico-militare.

Il primo settore di estremo interesse è quello che il Ministro collega al concetto di resilienza, intesa come capacità di adattamento al cambiamento, anche attraverso “la pianificazione e l’implementazione di una vera e propria strategia nazionale sistemica per il potenziamento della sicurezza collettiva e della resilienza nazionale”. La prima riflessione che viene alla mente è che lo strumento militare, per definizione, deve essere in grado di adattarsi al variare della minaccia, altrimenti ci si è preparati con “una guerra di ritardo”, secondo un vecchio detto francese. La novità, introdotta dal Ministro, è che la capacità di adattamento deve essere perseguita attraverso l’applicazione sistematica delle metodolgie whole of governement e comprehensive approach a tutte le attività di interesse del settore Difesa e Sicurezza nazionale, comprese quelle industriali e di ricerca scientifica.

Si tratta sicuramente di un’ottima iniziativa che però necessita di tre precisazioni:

  • per ottenere quello che il Ministro auspica, soprattutto in termini di ricerca scientifica, sviluppo industriale e formazione, occorre un whole of nation approach che veda cioè il coinvolgimento attivo anche della società scientifica, accademica e del mondo industriale nazionale e non solo degli organismi pubblici a livello ministeriale. Se non si riuscirà ad ottenere ciò, l'iniziativa rischierà di naufragare o di essere fortemente rallentata al pari di analoghe inziative del passato. In tutto ciò il Ministro e la Presidenza del Consiglio dei Ministri – PCM hanno dei poteri enormi, essendo a capo della definizione della Politica nazionale e delle discendenti strategie applicative. Sarebbe interessante vedere anche in Italia lo sviluppo e l’implementazione di tali atti di governo;

  • le strutture preposte all’applicazione delle metodologie di whole of governement alle crisi potenziali, o non, già esistono. Quindi più che ricercare nuove forme di collaborazione tra dicasteri, occorre impostare il lavoro quotidiano a supporto delle strutture preposte alla gestione delle crisi potenziali e acclarate, così come contemplato dal DPCM 5 Maggio 20102, anche nella considerazione che il Ministro della Difesa è parte integrante del Comitato Politico Strategico – CoPS e il Dicastero è rappresentato nel NISP (Nucleo Interministeriale situazione e Pianificazione). Ciò senza dimenticare l’attività di alto indirizzo strategico del Consiglio Supremo di Difesa;

  • la resilienza militare passa anche attraverso la realizzazione della ridondanza e “indurimento/rafforzamento” in alcuni centri critici di comando e controllo, nonché in talune strutture logistiche. Elementi che – forse – con la dissoluzione del Patto di Varsavia sono stati considerati di minore priorità e per questo motivo sottocapitalizzati.

Il secondo settore di interesse è quello facente capo alle capacità dual use, di fatto o in potenza. La consapevolezza di dover sostenere, e al contempo ampliare, le capacità “dual use” della Difesa per scopi non militari e a supporto, appunto, della resilienza stessa, è ben chiara a tutti ma deve essere maggiormente esplorata.

In tale contesto, il Ministro cita la quarta missione delle Forze Armate e cioè quella inerente alle “attività di supporto delle Forze Armate e ad altre amministrazioni”. Ed è esattamente da questo punto che occorre partire per pianificare e implementare correttamente le capacità dual use delle Forze Armate. Il Codice dell’Ordinamento Militare usa espressioni meno sintetiche per definire i compiti delle Forze Armate legati alla IV Missione. E’ bene ricordare che essi si dividono in:

  • concorso alla salvaguardia delle libere istituzioni (Art. 89);

  • compiti specifici in circostanze di pubblica calamita' e in altri casi di straordinaria necessita' e urgenza (Art. 92).

Il legislatore ha già definito un quadro molto ampio di compiti in cui le Forze Armate devono essere in grado di interagire e supportare il Paese e la popolazione, talvolta in maniera quasi esclusiva. La pianificazione capacitiva della Difesa già tiene in debito conto tali fattori, anche nella considerazione che si tratta di settori capacitivi ben delineati e che richiedono l’acquisizione e lo sviluppo di mezzi tecnici adeguati. E’ ovvio che il Governo può decidere di “adeguare” la lista degli “ulteriori compiti” in base alle esigenze del momento, ma ciò deve essere il risultato di un processo di sviluppo capacitivo che metta in relazione esigenze/possibilità. In definitiva, occorre far si che vi siano le giuste risorse in termini di personale e finanziarie ed in questo il Governo può dimostrare di voler passare dalle parole ai fatti.

In sintesi, l’applicazione dei concetti di whole of governement e dual use non appaiono come una novità nel settore della pianificazione e dello sviluppo delle capacità future. Al contrario sono tra i principali elementi che hanno caratterizzato lo sviluppo capacitivo nazionale almeno negli ultimi dieci anni. Ciò che appare interessante è che il Ministro della Difesa li abbia citati come elementi che caratterizzeranno lo sviluppo capacitivo del Dicastero. Per far ciò, il Ministro dovrebbe avvalersi in maniera ampia e approfondita di strumenti di Analisi Operativa e degli organismi preposti al loro sviluppo come, ad esempio, il Centro Innovazione della Difesa e il Centro di Modelling and Simulation, affinché le capacità future e il loro dimensionamento non sia frutto di “desiderata” ma di esigenze legate ai possibili scenari futuri.

In questo senso dovranno essere rivisti anche i programmi che il Ministro cita nel suo documento (F-35, Cyber Defence, etc.) o quelli che erano citati nel Libro Bianco della Difesa redatto nel corso della precedente legislatura.

Un ulteriore elemento di particolare interesse è rappresentato dalla problematica della dismissione delle infrastrutture inattive su cui, giustamente, il Ministro ha comunicato di voler intervenire. Anche in questo settore, il quadro normativo esistente appare adeguato (anche se perfettibile come tutte le attività umane). Occorrerà, invece spendersi per portare a termine i progetti fattibili, tenendo cioè conto che il mercato immobiliare nazionale già da qualche anno appare muoversi al rallentatore, specie in relazione ai grandi progetti di recupero. Non tener conto del contesto generale in cui ci si muove, sarebbe un grave errore e porterebbe a lanciare proclami che poi non si tradurranno in azioni concrete. Di contro, possono essere perseguiti, nel breve termine e con risorse limitate, tutti quei progetti che prevedono la riorganizzazione e ottimizzazione degli uffici pubblici nelle città, realizzando delle “cittadelle dei servizi” al posto degli edifici della Difesa oramai dismessi da molti anni o in via di dismissione. Ciò consentirebbe, tra l’altro, di abbattere i costi delle locazioni passive, migliorando la fruibilità dei servizi pubblici sia alla cittadinanza sia agli operatori di settore. La Difesa avrebbe, in ciò, ulteriori benefici, costituiti dalla cessazione degli oneri di manutenzione e controllo degli edifici dismessi e il finanziamento delle attività di rilocazione delle funzioni trasferite in altra sede, oltre alla percentuale derivante dalla eventuale valorizzazione dei beni, come contemplato dalla legislazione vigente.

Per i grandi progetti immobiliari, invece, bisognerà calibrare i tempi di sviluppo alle reali capacità del mercato, ferma restando la necessità di continuare a promuoverne l’avvio in campo nazionale e internazionale.

A tale settore si collega, inevitabilmente, anche quello degli alloggi di servizio, richiamato anche dal Ministro. In tale ambito occorre innanzitutto definire una Politica di settore che sia chiara e abbia il carattere di universalità e cioè che possa veramente dare una risposta efficiente ed efficace a tutti i militari e non solo ad alcuni. Occorre cioè verificare, innanzitutto, se la strada migliore da seguire sia quella di continuare a costruire/acquistare migliaia di alloggi di servizio (con relativi costi di gestione) ovvero prevedere piuttosto una indennità di alloggio che sia proporzionale alle caratteristiche sia delle famiglie da supportare sia del mercato immobiliare locale. Da questo punto di vista esistono – di fatto – in ambito NATO ambedue i modelli. Si tratta di studiarne le caratteristiche e verificare quale si attaglia meglio alle caratteristiche nazionali.

Ultimo settore in ordine di trattazione, ma non di importanza, è quello del personale, con particolare riferimento al settore dell’avanzamento. Appare chiaro che la valutazione e l’avanzamento devono avere tempi certi e contenuti. Ciò può avvenire anche snellendo e digitalizzando il sistema di redazione delle note caratteristiche e la tenuta della documentazione matricolare. A fronte di molti settori in cui la Difesa è sicuramente al passo con i dettami del Codice dell’Amministrazione Digitale, quello della documentazione del personale sconta un approccio quantomeno “tradizionale” negli anni passati che appesantisce i Comandi e i Comandanti ai vari livelli in termini quantitativi, innescando uno scambio documentale cartaceo estremamente oneroso, anche con riferimento al personale in operazioni. Proiettare le Forze Armate al “presente” anche in questo settore non è impossibile, viste le sperimentazioni compiute e le attività avviate nel recente passato. Un ulteriore sforzo in termini di finanziamento e investimento in risorse umane specializzate (problematica comune a tutto il settore ICT3) potrebbe consentire il rapido raggiungimento di questo obiettivo.

Effettuate le ottimizzazioni organizzative di cui sopra, non sarà difficile assicurare dei processi di valutazione e avanzamento estremamente contenuti. In tal senso, a meno di errate interpretazioni del pensiero del Ministro, il sistema di avanzamento da supportare non appare sicuramente quello “ad anzianità” – che tende a livellare in senso negativo i quadri – ma, al contrario, quello “a scelta” che esalta lo sviluppo delle professionalità e la meritocrazia (Talent Management).

In sintesi, che si parli di personale, whole of governement/nation, dual use, resilienza o dismissione delle infrastrutture, lo sforzo deve essere esercitato nell’ottimizzare l’organizzazione esistente poiché esistono le strutture e le norme per mettere in pratica ciò che in questi settori è necessario fare per mantenere le Forze Armate idonee a trasformarsi con il mutare della minaccia, cioè innovarsi. Purtroppo, però, si tratta di un’attività molto più onerosa e con molta meno visibilità mediatica di quella che passa per la forgiatura di proclami, come abbiamo spesso visto nel passato. In questo senso, i migliori auguri al Ministro affinché riesca a portare in porto le linee programmatiche illustrate, da integrare, innanzitutto, con “la Vision” del Dicastero, al fine di consentire sia la personale della Difesa sia ai cittadini di avere una chiara indicazione sulla “rotta” che si intende seguire.

3 Information and Communication Technologies

(immagini: Difesa / U.S. Army)