Questa la notizia riportata il 16 febbraio 2012 dal londinese Times: “Due royal marines dell'esercito di sua maestà, Max The Tower e Savior Circle, nel corso di una missione anti-pirateria svolta a bordo di un mercantile britannico in navigazione nell'Oceano Indiano, in circostanze ancora da chiarire hanno aperto il fuoco contro un natante, uccidendo per fatalità due pescatori del Kerala. Il Ministro della Difesa ha disposto l'immediato rimpatrio dei due marines.” Dopo qualche giorno la stampa smise di occuparsi degli sviluppi dell'incidente.
In realtà questa è una versione fantasiosa di un episodio che ritengo avrebbe potuto avere analoga evoluzione se i protagonisti fossero stati due fantomatici Max Latour e Salvatore Gironì, fusiliers marins francesi, e se anziché il Times avesse riportato la notizia Le Monde. Ma, come noto, la realtà ha interessato due fucilieri di marina del San Marco, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, ai quali fu ordinato di entrare nella tana del lupo e consegnarsi alle autorità indiane, pur sapendo che il reato di cui i due soldati in missione anti-terrorismo potevano essere incriminati era quello di... terrorismo (!), reato per il quale la legislazione indiana prevede la pena di morte.
Seguendo un labirinto diplomatico di non facile lettura, da quel giorno i nostri due militari furono tenuti a lungo in condizioni di sostanziale detenzione, privati del passaporto e sballottati in un kafkiano avanti-e-ndrè tra l'Italia e l'India. Recentemente, dopo sette anni, è stato finalmente annunciato al popolo che la Corte Permanente di Arbitrato Internazionale dell'AJa si è presa 6 mesi di tempo (sei mesi... evidentemente la giustizia italiana ha fatto scuola al di fuori dei confini nazionali) per decidere se processare i due fucilieri di marina competa all'Italia o all'India.
C'è da chiedersi se il Regno Unito o la Francia o Israele o gli Usa avrebbero accettato una simile evoluzione della vicenda. Tornano alla mente gli sviluppi della strage del Cermis, 20 le vittime, causata da quello sconsiderato pilota americano che fu fatto rientrare immediatamente in patria.
Il fatto è che oggi l'Italia vanta un prestigio diplomatico assai mediocre e manca di figure politiche carismatiche. È significativo un confronto tra la vicenda dei due fucilieri del San Marco e il famoso incidente di Sigonella, gestito come si ricorderà da Bettino Craxi (Spadolini era alla Difesa e Andreotti agli Esteri). È rimasta nella memoria di molti la foto dei nostri carabinieri che avevano accerchiato i militari americani che si erano sentiti in diritto (si badi bene, su territorio italiano!) di circondare l'aereo di linea egiziano. Si deve prendere atto del fatto che l'Italia dei tempi recenti può contare su volenterose figure capaci tutt'al più di andare al Cairo per incontrare il sostituto del vice di qualcuno disposto a parlare a tempo perso del caso Regeni. È evidente a chiunque che la mediocrità contemporanea contrasta con il carisma dei Cossiga, degli Andreotti, dei Dalla Chiesa e dei Craxi, tralasciando altre personalità di spicco rimaste a lungo sulla cresta dell'onda grazie anche all'afflusso di rubli riversati per decenni dall'Unione Sovietica nelle casse del partito nel quale militavano.
Tra i tentativi tesi a smuovere, negli ultimi sette anni, le acque della vicenda Girone-Latorre si può annoverare quello del generale che restituì allo Stato, in segno di protesta, le proprie onorificenze. Degno di nota che la Gazzetta Ufficiale della Presidenza della Repubblica n. 241 del 14 ott. 2013 si sia dilungata in una burocratica sequela di riferimenti protocollari e non abbia dedicato una sola riga alla motivazione di quel gesto (“ ...in segno di protesta contro la condotta carente di coraggio e di orgoglio seguita da oltre un anno dal Governo Italiano nella vicenda che ha coinvolto Salvatore Girone e Massimiliano Latorre”). Forse il funzionario addetto alla stesura della Gazzetta in questione avrà ritenuto che trattandosi di un ufficiale recidivo, in quanto dimessosi dall'esercito una quindicina di anni prima in segno di protesta per il tentativo di certa intellighenzia politica di sciogliere la Brigata Folgore, non valesse la pena di dedicare spazio alla motivazione del gesto; a maggior ragione perché quello stesso ufficiale in una precedente occasione aveva criticato pubblicamente, in stridente contrapposizione con lo Stato Maggiore dell'Esercito, il ruolo improntato a sconsolante mediocrità e mancanza di prestigio svolto dalle Forze Armate italiane nella guerra del Golfo.
Corre l'obbligo di motivare le considerazioni espresse in queste righe: esclusa ogni ricerca di visibilità politica o di altro genere, tutto nasce dalla domanda di un amico: Ma i vertici militari cosa pensano della vicenda Girone-Latorre? Se lo chiedono molti italiani.
Risposta: Certamente solidarizzano con i due fucilieri, ma i militari sono usi ad obbedir tacendo.
Replica: D'accordo che si debba essere “usi ad obbedir”, ma il “tacendo” che c'entra?
Quando è in gioco la tutela dei soldati che si ha il privilegio di comandare, uno ha il diritto di dire la sua. Come ha il diritto di dire la sua ogni comandante che voglia difendere a sua volta il diritto di un soldato di fare il soldato, secondo le sue aspirazioni, e non di essere impiegato come addetto alla protezione civile o come operatore ecologico, a seconda dei ghiribizzi del ministro del momento.
Sembra di sentire il commento di Totò: ma dove stiamo andando a finire?.
Foto: presidenza della Repubblica / web