Daniela Mazzon
Ed. Anordest, Villorba (TV) 2011
pagg. 205
Le autrici, docenti presso il Liceo Classico Tito Livio di Padova, tracciano, partendo da un’accurata ricerca d’archivio, una dettagliata biografia dell’autore de Le Confessioni di un italiano. Nato a Padova, da Antonio e Adele Marin, il 30 novembre 1831, Ippolito Carlo Giovanni Battista Andrea Leopoldo Maria, visse lì appena un anno. Nel novembre del 1832, infatti, la famiglia andò a vivere a Soave, a causa di un trasferimento lavorativo di Antonio. E qui nacquero Ippolito Luigi, destinato a breve vita, Elisabetta e Alessandro.
“Queste nascite, se rallegrarono i coniugi, non resero di certo felice Ippolito, che, anche in età adulta non legò mai con i suoi fratelli e la sorella.”
Dal 1841 al 1846 Ippolito frequentò il seminario di Verona. Fu allora che cominciò a scrivere le prime poesie, che raccolse in un opuscolo dal titolo Poetici componimenti fatti l’anno 1846-1847. Il 13 agosto 1847 egli lasciò definitivamente quel seminario dove, a stento, ne aveva sopportato la ferrea disciplina. L’anno scolastico 1847-48 si iscrisse al primo anno del Liceo Virgilio di Mantova, dove, dopo che il padre lì aveva ereditato un palazzo, si era trasferita la sua famiglia.
Il 1848 fu l’anno in cui scoppiò il turbine della rivoluzione. I genitori, valutata pericolosa la situazione per il figlio, lo mandarono a ultimare gli studi a Cremona. Dopo di che, poco più che diciassettenne, Ippolito, partì, per unirsi al più presto ai patrioti del centro Italia, alla volta di Firenze, il 12 febbraio 1849.
Si spostò poi a Pisa, per studiare, e a Livorno dove “prese parte alla resistenza armata della popolazione livornese, che si oppose all’esercito di diciottomila uomini giunti da Parma […] per restaurare il governo granducale.”
Nel settembre del ’49 Ippolito tornò a vivere a Mantova, dove nell’agosto 1850 conseguì la licenza liceale, per poi iscriversi all’Università di Pavia. Da qui, nel 1852 si spostò a Padova, dove si iscrisse al terzo anno della Facoltà politico – legale e dove, l’Università, “tornò presto a essere il cuore delle attività sovversive. Sui muri si ricominciavano a leggere frasi patriottiche nascoste nelle iniziali delle parole.” Qui egli scrisse alcune opere teatrali, oltre a lettere, poesie e novelle che pubblicò sui giornali della città. Fu un assiduo frequentatore del caffè Pedrocchi, il caffè letterario di Padova, chiamato anche “il caffè senza palpebre perchè sembrava non chiudesse mai gli occhi, dato che rimaneva aperto ventiquattrore su ventiquattro.” Il 22 novembre 1855 si laureò.
“Conseguita la laurea, Ippolito intensificò le sue svariate attività letterarie,” inserendosi nel filone dei romanzi campestri. La novella “L’Avvocatino” gli procurò non pochi problemi. “Si dovette infatti difendere dall’accusa di aver trattato la gendarmeria Austriaca in modo poco rispettoso e lesivo della sua dignità.” Convocato, nel 1857, dal Tribunale Criminale di Milano, fu condannato a due mesi d’arresto, pena commutata poi in una multa di 25 fiorini.
A Milano “frequentò il salotto della contessa Maffei, ritrovo di letterati, di artisti e di patrioti dove si discuteva delle sorti future dell’Italia. Conobbe la principessa Cristina di Belgioioso e la mazziniana Giulietta Pezzi, fu da tutti ricercato e apprezzato.”
Il 16 agosto 1858 ultimò “Le confessioni di un Italiano”. Folgorato dal carisma di Garibaldi, il 5 maggio 1860 da Milano giunse a Genova dove si unì alla Spedizione dei Mille. Di questa sua scelta avvisò solo il fratello Carlo. Imbarcato sul Lombardo, oltre all’incarico di annotare quotidianamente l’andamento della spedizione, l’8 maggio “fu nominato intendente per le truppe che erano a bordo della sua stessa nave. Con la nomina, gli fu affidata anche una parte della cassa garibaldina.”
Una volta sbarcato in Sicilia, apprezzato da Garibaldi nello svolgimento del delicato incarico di curare l’amministrazione militare, “il 17 giugno 1860 Ippolito venne nominato Commissario di 1^ classe con le funzioni di Vice Intendente generale delle forze Nazionali in Sicilia con il grado di Capitano,” per poi divenire, il 2 novembre successivo, Intendente Militare di 1^ Classe con il grado di Colonnello. Egli “non volle allontanarsi dalla Sicilia finchè i conti della spedizione non furono pronti e le carte dei 5 mesi della sua amministrazione in ordine”, visto che, per screditare Garibaldi, le gestione amministrativa della spedizione era stata messa sotto inchiesta.
Il 15 dicembre si imbarcò per Napoli.”Dopo un alternarsi di ordini e contrordini, Ippolito dovette tornare a Palermo per rilevare tutta la contabilità con l’ordine di raggiungere Torino in tempi brevi.” Si imbarcò, quindi, per Palermo, il 18 febbraio 1861, sul vapore “Elettrico”. Terminato il lavoro, il 4 marzo si imbarcò sul vapore “Ercole” alla volta di Napoli. “Le navi dirette a Napoli erano tutte in ritardo. Ma, ad una ad una, entrarono nel golfo, e poi nel porto, attraccando tra il piccolo Molo Angioino e il Piliero. Tutte tranne una.”
“Nessuno si accorse di nulla, fuorché la gente del porto e, per 11 giorni, il fatto passò sotto silenzio. Il 17 marzo nasceva l’unità d’Italia. Il medesimo giorno appare la prima breve notizia della scomparsa della nave su di un giornale napoletano.”
Nessun corpo fu trovato. Molte furono le ipotesi sulle cause della scomparsa della nave. “Garibaldi pose il suggello definitivo alle discussioni con una lettera di condoglianze indirizzata ai familiari.”
“Le testimonianze più calde e sincere di affetto e di memoria arrivarono, nel corso degli anni, da parte delle donne che, se pur con ruoli diversi, lo amarono.”
Adele, la madre, “volle essere avvolta ne mantello che il figlio aveva indossato alla battaglia di Calatafimi e le aveva lasciato come pegno del suo prossimo ritorno durante l’ultima visita.”
Gianlorenzo Capano