I dolori (giudiziari) del “giovane Bibi”

(di Andrea Gaspardo)
08/04/19

Il 9 aprile 2019, milioni di cittadini israeliani si metteranno in coda di fronte alle urne per eleggere il nuovo parlamento, il quale a sua volta darà vita a quello che diventerà il trentacinquesimo governo della storia dello Stato d'Israele. Tuttavia le elezioni generali di quest'anno si stanno svolgendo in un clima particolarmente pesante, e non a causa degli ennesimi scontri di confine con la Striscia di Gaza controllata da Hamas.

Questa volta a rendere incandescente il dibattito politico è l'ordalia legale venutasi a creare attorno al primo ministro d'Israele, Benjamin “Bibi” Netanyahu, il cui nome è stato accostato a 5 scottanti casi di corruzione di vaste proporzioni che stanno scuotendo dall'alto in basso l'élite dello Stato ebraico. Per la verità, in Israele la corruzione, specie nella politica, non è un problema dell'altro giorno. Andando a scavare in profondità, negli annali dello Stato ebraico, si può trovare che un gran numero di carriere politiche siano state affondate a causa di comportamenti “cleptocratici”. Nonostante il clamore mediatico, se consideriamo tutte le statistiche sia nazionali che internazionali (in particolare quelle prodotte da Transparency International) non è possibile definire propriamente Israele come “Stato corrotto” (per esempio, la corruzione percepita dai cittadini nella loro vita di tutti i giorni è inferiore al livello registrato in Italia!). Tuttavia, una serie di debolezze nell'ordinamento giuridico, in particolare in materia fiscale, rende il Paese assolutamente permeabile all'infiltrazione di capitali sporchi di ogni provenienza, tanto da fare sì che la tanto decantata “start-up nation” sia anche uno dei principali hub della cosiddetta “shadow/grey economy” (economia informale/grigia). Purtroppo, la realtà empirica dimostra che, se in un ambiente economico florido vengono innestati capitali “sporchi”, è solo una questione di tempo prima che le “metastasi” si diffondano in tutto il sistema, arrivando infine alla politica.

Il primo dei “dolori” giudiziari che interessano Netanyahu è il cosiddetto “CASO 1000”. Il primo ministro è accusato di aver ricevuto regali del valore superiore a un milione di shekels da diversi miliardari suoi amici, tra i quali spiccano James Packer e Arnon Milchan. Nonostante i beni “proibiti” in questione risultino essere sigari, champagne e gioielli di lusso destinati a soddisfare i piaceri voluttuari sia del premier che della moglie Sarah Ben-Artzi e la coppia abbia sempre sostenuto che si tratti unicamente di scambi di regali tra amici, quantunque costosi, pare che in realtà il “traffico” nasconda qualcosa di ben più grosso del classico “piatto di lenticchie” di biblica memoria. Gli inquirenti della polizia israeliana sono infatti convinti che Netanyahu abbia “pagato” i costosi regali concedendo ora favori ora sgravi fiscali o legislativi ad uso e consumo dei suoi amici miliardari. Arnon Milchan, in particolare, pare abbia tratto notevole beneficio da una legge datata 2013 (e chiamata eufemisticamente “Legge Milchan”) che, estendendo il suo status di “residente di ritorno”, gli ha garantito notevoli sgravi fiscali.

Il secondo caso giudiziario prende il nome di “CASO 1270” e ruota attorno all'offerta che sarebbe stata fatta dall'ex-consigliere di Netanyahu per i media, Nir Hefetz (foto apertura a sx), direttamente al procuratore distrettuale Hila Gerstel (foto) affinché lasciasse cadere le accuse mosse contro la moglie Sarah a causa delle sue “spese pazze”. In cambio della rinuncia a procedere, la Gerstel avrebbe potuto ambire a diventare il nuovo consigliere giuridico del governo del Paese. Sebbene la Gerstel abbia prontamente rifiutato la “proposta indecente” ed abbia anzi continuato a portare avanti le pendenze contro Sarah, il caso di tentato illecito è comunque rimasto. Sebbene il nome di Netanyahu stesso non sia stato citato nelle carte dell'investigazione, è assai improbabile che una persona come Nir Hefetz abbia deciso di agire totalmente in solitaria e per di più all'oscuro dei desiderata de capo. Ecco dunque emergere il dubbio legittimo che, in realtà, il povero Hefetz sia stato solamente una pedina nelle mani di Netanyahu per fare il “lavoro sporco” in sua vece.

Il prossimo sulla lista è il “CASO 2000”, il quale ruota tutto intorno al rapporto tra il premier e due quotidiani importanti come lo “Yedioth Ahronoth” e “Israel Hayom”. Il primo è il quotidiano più venduto in Israele e il suo editore è Arnon Mozes, appartenente all'omonima dinastia di uomini d'affari israeliani, mentre il secondo è un quotidiano a distribuzione gratuita di proprietà del miliardario americano Sheldon Adelson, da sempre personalmente legato a Netanyahu. Nonostante “Israel Hayom” abbia sempre entusiasticamente supportato le politiche di Netanyahu, facendone da cassa di risonanza mediatica, pare che il premier abbia ad un certo punto deciso di estendere il proprio “ombrello mediatico” intavolando una trattativa non-ortodossa con lo “Yedioth Ahronoth” che, pur essendo un quotidiano tendenzialmente di centro-destra (stessa ideologia seguita dal Likud, il partito del premier) non ha mai presentato le politiche del premier e dei suoi governi sotto una buona luce, preferendo invece pubblicizzare l'attività e le posizioni politiche di altre forze partitiche all'interno della Knesset. Ebbene, a partire dal gennaio 2017 hanno cominciato a circolare delle registrazioni audio tra Netanyahu e Mozes nel corso delle quali il primo ministro discuterebbe con l'editore della possibilità da parte di quest'ultimo di presentare il governo sotto una luce più positiva in cambio dell'approvazione di una nuova regolazmentazione avente come scopo quello di limitare la diffusione di “Israel Hayom” e di altri quotidiani a distribuzione gratuita.

Il caso giudiziario più pericoloso di tutti però è il “CASO 3000” e su di esso, l'intera classe politico-militare israeliana sta tremando. In linea con un piano d'espansione dell'arma navale iniziato già alla fine degli anni '90, Israele ha deciso di potenziare sia la sua flotta di superficie che quella subacquea. Attualmente, il nucleo principale da combattimento della flotta israeliana è composto da 8 corvette missilistiche della “classe Sa'ar 4.5” (sub-classe “Hetz”) costruite in Israele, 3 corvette della “classe Sa'ar 5” costruite negli Stati Uniti su progetto israeliano e su 6 sottomarini della “classe Dolphin” (divisi in 2 sub-classi) prodotti in Germania su progetto congiunto israelo-tedesco. Dopo lunghe valutazioni tecniche, e a seguito di un metodico processo di selezione dei vari progetti presentati dai partner internazionali, le autorità dello Stato ebraico hanno deciso di optare per la Germania sia per quanto riguarda la fornitura di 4 corvette della “classe Sa'ar 6” sia per la costruzione di 3 ulteriori sottomarini che andrebbero a costituire la terza sub-classe della già menzionata “classe Dolphin”. Ipotizzando che i tempi tecnici vengano rispettati, e sommando anche le unità navali prima citate, entro 10-15 anni la marina israeliana allineerebbe così 24 unità navali sia di superficie che subaquee di una certa dimensione e dotate della capacità di generare una grande potenza di fuoco; assai notevole per un Paese da meno di dieci milioni di abitanti i cui interessi in ambito navale sono cosa recente. Eppure, l'opacità delle trattative tra la multinazionale tedesca Thyssenkrupp ed il governo israeliano e la scoperta di anomali flussi di denaro registrati nel corso delle gare d'appalto hanno spinto la polizia e l'autorità giudiziaria ad investigare a fondo, scoprendo un baratro di corruzione sostanzialmente assimilabile alla “Tangentopoli” italiana. Per il momento Netanyahu non è stato ancora iscritto nel registro degli indagati ma, dopo che l'inchiesta ha già lambito molti dei suoi stessi famigliari (incluso suo cugino ed avvocato personale David Shimron) sono in tanti ormai a credere che la sua ora sia solo questione di tempo.

Infine, l'ultimo affare che coinvolge il premier è il “CASO 4000”, avente come oggetto delle trattative segrete tra membri dello staff di Netanyahu e la dirigenza del conglomerato delle comunicazioni Bezeq, proprietario tra le altre cose della compagnia internet Walla! Comunications Ltd. In base a quanto è filtrato dalle indagini, lo staff del premier si sarebbe accordato con la dirigenza di Bezeq per ottenere una copertura mediatica a sfondo celebrativo senza precedenti sull'operato di Netanyahu, offendo in cambio lucrosi contratti pluriennali a Bezeq e importanti “incentivi” ai singoli dirigenti.

L'esplosione contemporanea di tutti questi casi ha lasciato un segno non trascurabile sull'opinione pubblica israeliana. Forse è troppo pensare che il potere giudiziario basterà da solo ad affondare “la corazzata Netanyahu” che ha già dimostrato più e più volte di essere “politicamente immortale”. Tuttavia il fatto che questa volta sia il consigliere giuridico di Stato Avichai Mandelbit che il capo della polizia Roni Alsheikh abbiano deciso di andare fino in fondo dovrebbe ricordare a “Bibi” che nemmeno lui è al di sopra della legge.

Foto: IsraelMFA / Israel Democracy Institute / IDF