La Polonia e i fantasmi del “Prometeismo”

(di Andrea Gaspardo)
04/08/19

Si dice spesso che, coloro che non comprendono la Storia, sono irrimediabilmente destinati a ripeterla, specialmente per quanto riguarda gli errori fatti dai loro predecessori. La Polonia odierna pare irrimediabilmente condannata a seguire questa strada ma, per capirlo, bisogna necessariamente
fare un passo indietro.

Nel periodo compreso tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, la politica estera della cosiddetta Seconda Repubblica Polacca era improntata attorno a due concetti strategici: il “Prometeismo” e la cosiddetta “Intermarum”. Il secondo propugnava la creazione di una federazione di stati a guida polacca che avrebbe dovuto estendersi da Capo Nord fino al Mediterraneo in una sorta di “Unione Europea dell'Europa Centrale”. Il primo invece affermava che, essendo l'Unione Sovietica (erede dell'Impero Russo) percepita come una minaccia esistenziale da parte delle autorità della rediviva Polonia indipendente, gli sforzi dello stato polacco avrebbero dovuto andare nella direzione di supportare in ogni modo possibile tutti quei movimenti nazionalisti ed indipendentisti dei popoli “non Russi” esistenti all'interno o ai confini dell'Impero con lo scopo ultimo di provocarne la definitiva frammentazione.

La parabola storica della Seconda Repubblica Polacca negli anni '20, '30 e '40 del XX secolo ha decretato il fallimento di ambedue i disegni strategici, tuttavia nel corso degli ultimi anni e con i venti della “Nuova Guerra Fredda” che sono tornati a soffiare, pare che molti vogliano tirare fuori nuovamente la figura di Prometeo dalla soffitta. È il caso di Janusz Bugajski, analista geopolitico con numerosi addentellati in Polonia, Regno Unito e Stati Uniti, che in una sua recente pubblicazione dal titolo: “Managing Russia's dissolution”, ha sostanzialmente propugnato le stesse tesi poste dai suoi antenati aggiornandole al nuovo Millennio.

Tra i vari concetti espressi dall'autore vi è il suggerimento che i paesi dell'Occidente intavolino trattative dirette con i vari soggetti facenti parte della Federazione Russa al fine di favorirne una pacifica transizione verso l'indipendenza, mentre altri territori dovrebbero essere annessi dai paesi limitrofi come la Finlandia, l'Ucraina, la Cina o il Giappone.

Sebbene la tentazione di paragonare la situazione della Federazione Russa di oggi a quella dell'Unione Sovietica negli anni '80 del secolo scorso sia forte, noi dovremmo cercare di resistere a questa forzata semplificazione. La disintegrazione dell'Unione Sovietica nel 1991 è stata favorita dalla compresenza di una lunga serie di fattori ed eventi (alcuni erano di natura opportunistica mentre altri si erano progressivamente evoluti nel corso dei decenni) che sono difficilmente replicabili nella situazione odierna. Lo stesso concetto della “frammentazione etnica” del grande stato non tiene alla prova dei fatti dato che, sebbene degli 85 soggetti che compongono la Federazione Russa ben 27 siano centrati su base “etnico-nazionale”, la percentuale dei Russi sulla popolazione totale del paese si aggira sull'80,9% mentre il secondo gruppo etnico più numeroso, i Tatari, non supera il 3,9%. Per fare un parallelismo, bisognerebbe ricordare che, nel 1989, i Russi etnici rappresentavano il 51,4% della popolazione totale dell'Unione Sovietica. Da ultimo, mentre nel corso della storia sovietica i vari soggetti che componevano l'Impero presentavano notevoli divergenze da un punto di vista dei tassi di fertilità totali (sintomo di una mai celata irrequietezza politico-sociale-nazionale) nella Federazione Russa odierna i tassi di fertilità totali tra i vari popoli e territori sono sostanzialmente uguali oppure tendono ad una rapida convergenza (persino nella da sempre indomabile Cecenia!).

Anziché proporre improbabili e velleitarie tentazioni disgregazionistiche, gli strateghi di Varsavia dovrebbero anzi sfruttare il nuovo ruolo centrale della Polonia come ponte ideale tra Occidente ed Oriente e non come “Antemurale Christianitatis Contra Barbarorum”.

Foto: U.S. Army