L’Algeria al bivio

(di Andrea Gaspardo)
26/03/19

Il 2019 si prospetta un anno molto particolare per la Repubblica Algerina Democratica e Popolare. Nel corso del primo semestre dell'anno si terranno infatti le elezioni presidenziali che, ora come non mai, segneranno veramente l'inizio di un nuovo momento storico per il gigante arabo-islamico nordafricano. Da vent'anni infatti, le sorti del paese che fu di Ahmed Ben Bella e di Houari Boumédiène sono rimaste nelle mani di Abdelaziz Bouteflika, Ministro degli Affari Esteri tra il 1963 ed il 1979 ed esponente della “prima generazione rivoluzionaria” che conquistò l'indipendenza del paese dalla Francia nel corso della Guerra d'Indipendenza Algerina tra il 1954 ed il 1962. Nonostante Bouteflika abbia inciso come pochi altri sulla formazione e sullo sviluppo dell'Algeria moderna, il tempo del suo potere può dirsi sostanzialmente concluso, essendo egli già da anni seriamente malato e costretto su una sedia a rotelle tanto da venire definito sarcasticamente da una parte della stampa d'opposizione come: “il morto vivente”. Le sue uscite pubbliche si sono via via ridotte al minimo ed il compito stesso di ricevere gli eminenti ospiti stranieri, un tempo appannaggio esclusivo del Presidente della Repubblica, viene oggi espletato dal Primo Ministro Ahmed Ouyahia e dagli alti vertici del partito governante dall'anno dell'indipendenza, l'FLN (Front de Libération Nationale).

Tuttavia, probabilmente in nessun altro paese al mondo come l'Algeria vale il detto che “le cose non sono mai come sembrano”. Nonostante il paese sia dotato di un'architettura istituzionale e costituzionale complessa e caratterizzata da una suddivisione dei poteri essenzialmente ricalcata sul modello francese, l'Algeria viene spesso definita come una “democrazia controllata” dove i militari e un gruppo ristretto di civili non eletti (in genere membri dell'alta burocrazia di stato) variamente definiti dalla popolazione come “Les Décideurs” (I Decisori) oppure “Le Pouvoir” (Il Potere), prendono tutte le decisioni più importanti in un atmosfera di segreto e riservatezza.

Dal lato opposto della piramide sta la base della società, “Le Peuple” (Il Popolo). In mezzo, vi è la “cinghia di trasmissione” che fa da connettore tra le decisioni prese da “Le Pouvoir” e le istanze de “Le Peuple”; tale cinghia di trasmissione è data dai sottufficiali delle forze armate e di quelle di sicurezza, veterani della terribile guerra civile degli anni '90 che li ha visti trionfare contro le forze islamiste più oscurantiste. Nel gergo popolare algerino, tale classe di sottufficiali sono noti come “Les Centurions” (I Centurioni) e sono loro la vera spina dorsale del paese, senza il supporto dei quali “Le Pouvoir” non potrebbe esercitare il controllo e “Le Peuple” non potrebbe vedere riconosciute le sue istanze più indispensabili.

La Guerra d'Indipendenza Algerina ha lasciato in eredità alla giovane nazione un formidabile esercito ed un sofisticatissimo apparato di sicurezza che hanno spesse volte rivestito la funzione di “balie”, specialmente nei periodi in cui la classe dirigente dell'FLN era dilaniata da scontri tra fazioni contrapposte, come avvenne per esempio nel 1978 dopo l'improvvisa morte di Houari Boumédiène, quando dopo una serie di “conclave” a porte chiuse, l'élite politico-militare del paese optò per Chadli Bendjedid come suo successore, stroncando momentaneamente le ambizioni di Bouteflika, il quale avrebbe dovuto aspettate 20 anni prima di poter nuovamente “ambire alla corona”.

Visti i presupposti, non é difficile capire come le voci di corridoio in merito ad una faida tra i vari settori detentori del potere stiano circolando libere già da tempo. A fare da volano ad una tale ridda di speculazioni è stata la defenestrazione, nel 2015, di Mohamed Mediène, detto Toufik, ed il successivo scioglimento del potentissimo “Département du Renseignement et de la Sécurité” (DRS), i servizi segreti dell'Algeria, poi prontamente sostituiti da una nuova agenzia creata ad hoc da Bouteflika e da lui direttamente controllata. A seguito di tale evento, lo shock in seno alla popolazione civile è stato notevole. Mohamed Mediène infatti, ha comandato i servizi segreti algerini per 25 anni, dal 1990 al 2015, e lo stesso DRS si è guadagnato una ben meritata fama grazie ai risultati ottenuti nel corso della Guerra Civile Algerina quando riuscì a creare una rete di oltre 100.000 agenti in grado di infiltrare non solo le organizzazioni terroristiche islamiste ma anche la società civile nel suo complesso. A lungo considerato nel corso degli anni '90, assieme al capo di stato maggiore delle Forze Armate algerine, generale Mohamed Lamari, e al primo ministro, Redha Malek, come uno degli esponenti di spicco della fazione denominata “Les Éradicateurs” (Gli Sradicatori), cioè contrari a qualsiasi tipo di accordo o tregua con gli Islamisti, dapprima Mediène si oppose al ritorno in politica di Abdelaziz Bouteflika, considerato allora esponente della fazione denominata “Les Dialoguistes” (I Dialoghisti) che annoverava, tra gli altri, anche il predecessore di Bouteflika, il generale Liamine Zéroual. Tuttavia in un secondo momento i due si riconciliarono e, per i successivi 15 anni, Mohamed Mediène rimase uno dei pilastri del potere algerino.

Invero, ogni sovrastruttura di potere è irrimediabilmente condannata all'obsolescenza. In Algeria, ciò è coinciso con l'inizio del quarto mandato presidenziale di Bouteflika. Già dopo 10 anni e due mandati presidenziali, il vecchio “bey” di Algeri mostrava segni di affaticamento; tuttavia sia l'ambizione personale che il dissidio all'interno dei gangli dei “Decisori” avevano fatto optare per il mantenimento dello status quo. Ciò che invece nessuno poteva prevedere è stata invece l'ascesa dei fratelli di Bouteflika, Said ed Abderrahim, che si sono fatti progressivamente strada all'interno dell'entourage presidenziale.

Dopo essere stato colpito nel 2013 da un gravissimo ictus, Abdelaziz Bouteflika è stato comunque rieletto per un quarto mandato, ed è stato allora che le teste hanno cominciato a cadere, sia negli alti apparati che tra i ranghi dell'FLN. Il primo a cadere è stato “l'intoccabile” Mohamed Mediène, poi è stata la volta dei vertici militari, successivamente sono stati licenziati l'ex-Primo Ministro Abdelmalek Sellal ed il comandante della polizia Abdelghani Hamel. Più recentemente, è stato il Segretario Generale dell'FLN, Djamel Ould Abbes a doversi ritirare dalla politica, ufficialmente per ragioni di salute, in realtà per spalancare la strada ad una nuova generazione di leader assai più malleabili e deferenti rispetto all'Ufficio Presidenziale. Dopo anni di purghe, e con un fratello maggiore ridotto ad uno stato letteralmente “larvale”, pare non esista più nessuno rimasto a sbarrare la strada ai giovani “fratelli Bouteflika”; Said in particolare sembra essere quello più ambizioso e numerosi organi di stampa, sia all'interno del paese che all'estero lo dipingono ormai come il successore conclamato di Abdelaziz. Se, nel corso delle elezioni presidenziali del 2019, tali previsioni dovessero venire confermate, avremo così un Bouteflika succedere ad un altro Bouteflika. Ma quale tipo di Algeria dovrà traghettare Said Bouteflika (o chi per lui) verso il futuro?

Con una popolazione stimata in circa 42.200.000 abitanti, l'Algeria è il gigante demografico del Maghreb ed il secondo del Mondo Arabo dopo l'Egitto; alla luce degli attuali tassi di crescita demografica potrebbe persino diventare, nella seconda metà del XXI secolo il primo paese francofono al mondo. È inoltre un gran produttore sia di petrolio che di gas naturale (rispettivamente al 16° ed al 9° posto della classifica mondiale), ma anche il settore farmaceutico e dell'elettronica hanno recentemente iniziato a contribuire alla diversificazione dell'economia. Gli anni della Guerra d'Indipendenza Algerina e della Guerra Civile Algerina, così come la partecipazione alle operazioni antiterrorismo nell'area del Sahara, il perdurante stato di tensione con il vicino Marocco e gli stetti rapporti esistenti da decenni con Mosca hanno dotato l'Algeria delle forze armate più potenti, meglio equipaggiate e finanziate di tutto il continente africano; posizione di preminenza che verrà ulteriormente rafforzata nei prossimi anni dato l'annuncio della recente firma tra Algeri e Mosca di un maxi-contratto da 7.5 miliardi di dollari per l'acquisto di nuovi armamenti testati dalla Russia nel corso della Guerra Civile Siriana.

Allo stesso tempo, non vanno dimenticate le criticità economiche. La grande ricchezza di idrocarburi ed il monopolio statale esistente nel settore hanno di fatto relegato l'Algeria al rango di “stato redditiere” con tutti i pro (pochi) ed i contro (tanti) di tale situazione. La corruzione e la mancanza di democrazia hanno favorito, a partire dalla metà degli anni '80 fino ad oggi, una crescente alienazione dalla politica delle fasce più giovani della popolazione. Tale malcontento esplose già una volta ed ebbe la propria valvola di sfogo nella Guerra Civile Algerina. Sebbene il sanguinosissimo conflitto si sia concluso alla fine con la vittoria completa del governo, non è detto che, in mancanza di interventi strutturali in grado di riformare completamente la politica, l'economia e la società, gli eventi degli anni '90 non si possano riproporre oggi, visto anche i contrastanti segnali provenienti dall'analisi demografica e sociale del paese, che pare bloccato in una fase di “pre-transizione” senza che questo lasci intravvedere una reale “modernizzazione”.

Spetterà al nuovo leader del paese tracciare la rotta lungo la quale salperà l'Algeria del futuro.

Foto: U.S. Navy / MoD Algeria /web