L'Iran e la “diplomazia dei missili e dei droni”

(di Andrea Gaspardo)
25/10/18

Il 22 settembre è stato un giorno sanguinoso per l'Iran. Nel corso delle celebrazioni per la commemorazione del trentottesimo anniversario dello scoppio della Guerra Iran-Iraq del 1980-88, la tradizionale parata militare congiunta delle forze armate iraniane (Artesh) e del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica (Pasdaran) nella città meridionale di Ahvaz è stata attaccata da un commando di terroristi che ha aperto il fuoco sia sui militari ed i guardiani in parata sia sul pubblico che assisteva all'evento. Il bilancio è stato pesante dato che a perdere la vita, oltre ai 5 membri del commando terroristico, sono state 25 persone, con altre 70 rimaste invece ferite. L'attacco è stato rivendicato sia dalla Resistenza Nazionale di Ahvaz (un gruppo separatista locale) che dall'ISIS anche se permangono diversi dubbi su entrambe le rivendicazioni.

L'Iran non è nuovo ad azioni terroristiche anche in grande stile, essendo stato per molto tempo oggetto degli attacchi dei Mojahedin del Popolo Iraniano (gruppo terroristico di ispirazione anarco-islamico-comunista) e di vari movimenti di matrice separatista nelle aree arabe, curde e baluche del paese. Tuttavia negli ultimi due anni, con l'ascesa di Donald Trump alla Casa Bianca e l'inasprirsi del confronto tra gli Stati Uniti, Israele e le monarchie sunnite del Golfo da un lato e l'Iran e i suoi alleati sciiti dall'altro (alla luce anche dell'ormai inevitabile vittoria finale del cosiddetto “Asse di Resistenza” in Siria), le azioni palesi e coperte volte a destabilizzare il governo della Repubblica Islamica hanno decisamente assunto un profilo assai più incisivo.

Il primo di questi attacchi contro le strutture dello stato iraniano è avvenuto il 7 giugno 2017 quando 5 terroristi, descritti come membri di una cellula facente capo all'ISIS, portarono a compimento un un duplice attentato contro il Parlamento iraniano ed il mausoleo dell'Ayatollah Khomeini. Anche in quell'occasione tutti i terroristi vennero eliminati, ma non prima che avessero avuto la possibilità di uccidere 18 persone e di ferirne altre 52. La risposta iraniana è arrivata pochi giorni dopo, nella notte tra il 17 ed il 18 giugno, quando nell'ambito dell'Operazione Laylat al-Qadr (Notte del Potere), la Forza Aerospaziale del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica lanciò 6 missili terra-terra “Zolfaghar”, versione aggiornata del ben collaudato missile Fateh-110 (foto apertura), contro centri di comando, concentramenti di truppe, centri logistici e laboratori per la produzione di armi situati nella zona di Mayadin, a quel tempo una delle ultime piazzeforti in Siria ancora nelle mani dell'ISIS, dopo aver ricevuto informazioni di intelligence dalla “Forza Quds” (le forze speciali e di intelligence dei “Pasdaran”) e dai servizi segreti di Damasco. Secondo le fonti ufficiali iraniane i missili colpirono tutti i bersagli annientandoli e provocando oltre 170 vittime tra le fila dell'ISIS. Già allora diversi analisti sia in Occidente che in Israele notarono che, al netto degli obiettivi in sé e per sé, l'attacco iraniano aveva come scopo quello di lanciare un avvertimento a coloro i quali vengono percepiti come nemici dell'Iran e del suo governo.

Gli anni tra il 2016 ed il 2018 poi hanno visto un drammatico incremento delle attività di guerriglia da parte di vari movimenti secessionistici curdi, in particolare il PJAK (Partito per la Vita Libera in Kurdistan), il PDKI (Partito Democratico del Kurdistan Iraniano), il PAK (Partito per la Libertà del Kurdistan) ed il Komalah (Società dei Lavoratori Rivoluzionari del Kurdistan Iraniano) contro obiettivi militari e dell'amministrazione civile in tutta l'area di stanziamento della popolazione curda iraniana. In molti casi le azioni dei rivoltosi si sono risolte in un nulla di fatto ma in altri, come nel caso dell'attacco al valico di frontiera di Marivan, il 21 luglio del 2018, gli effetti sono stati ben più seri, con 10 Pasdaran rimasti uccisi ed altri 8 feriti. Questa volta la rappresaglia iraniana venne lanciata in pieno giorno, l'8 di settembre, ancora dalla Forza Aerospaziale del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica mediante il lancio di 7 missili Fateh-110, questa volta appartenenti alla versione basica, contro i quartier generali dei movimenti secessionistici sopra menzionati situati nella città di Koy Sanjaq, nella Regione Autonoma del Kurdistan Iracheno. In questo caso la rappresaglia iraniana provocò 18 morti e 50 feriti, tutti tra le fila dei secessionisti curdi.

Tuttavia, l'attacco terroristico peggiore è stato senza dubbio quello sopra citato del 22 settembre (foto). Anche se Ahvaz é situata molto lontano dai centri del potere iraniano, i bersagli scelti (i militari e i guardiani in parata) e la ricorrenza (l'anniversario dell'inizio della Guerra Iran-Iraq) hanno colpito particolarmente sia l'élite che il popolo iraniano che in tale frangente hanno visto una riproposizione dell'aggressione del “mondo arabo e sunnita” all'interno dei confini dell'Eranshahr (lo spazio geopolitico e culturale persiano percepito). Anche in questo caso, l'attacco é stato seguito dalla rappresaglia iraniana, affidata ancora una volta alla Forza Aerospaziale del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica, e avente come obiettivi gli acquartieramenti dell'ISIS nell'area di Hajin in Siria. A differenza delle due occasioni precedenti però, la risposta iraniana si è rivelata più elaborata ed è arrivata in due ondate. La prima ha riguardato ancora un lancio di missili, in numero di 6, ma oltre ai già ampiamente testati Zolfaghar, questa volta gli Iraniani hanno deciso di utilizzare per la prima volta anche almeno un missile Qiam 1.

A differenza dello Zolfaghar e del suo predecessore Fateh-110 che sono essenzialmente dei grossi “raggi d'artiglieria”, il Qiam 1 è a tutti gli effetti un missile balistico ed il suo utilizzo con successo rappresenta un notevole passo in avanti nello sviluppo di questa tecnologia da parte dell'Iran. Ma la classica “ciliegina sulla torta” è arrivata con la seconda ondata costituita da uno squadrone di UAV (aerei senza pilota) del tipo Saegheh (foto seguente) che hanno attaccato i bersagli rimasti mediante l'utilizzo di missili di precisione Sadid; qui siamo alla novità assoluta. Entrato in servizio con le forze armate iraniane nell'ottobre del 2016, il Saegheh è la copia iraniana dell'UAV RQ-170 Sentinel americano del quale gli Iraniani sono riusciti ad impossessarsi dopo un'operazione di guerra elettronica da manuale avvenuta nel dicembre del 2011. Dopo aver analizzato il velivolo per diversi anni gli Iraniani sono infine riusciti a copiarlo e ad inaugurarne la produzione di massa nel 2017. Non solo, mentre l'RQ-170 Sentinel originale è utilizzabile solamente in missioni ISR (Intelligence, Sorveglianza, Ricognizione), il Saegheh iraniano è dotato di un vano interno capace di ospitare 4 ordigni Sadid, bombe intelligenti a guida TV molto precise e già ampiamente utilizzate dagli Iraniani in Siria ed Iraq a sostegno dei rispettivi governi contro l'ISIS e le altre forze islamiste.

Le rappresaglie iraniane a mezzo di missili e droni avvenute nel 2017 e nel 2018 vanno inscritte nella più ampia strategia di “deterrenza in profondità” che l'Iran ha deciso di adottare nel corso dell'ultimo decennio per ovviare all'instabilità creatasi in Medio Oriente a seguito degli interventi militari americani e dallo scoppio delle Primavere Arabe. Il sostegno dato a Hezbollah in Libano e ad Hamas nella Striscia di Gaza, l'aiuto diretto e indiretto portato ai governi siriano ed iracheno nel coso della Grande Guerra Mediorientale ed il coinvolgimento sempre più massiccio nelle guerre civili in Afghanistan e nello Yemen sono tutti elementi di questa strategia ideata dal comandante della Forza Quds del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica, generale Qasem Soleimani, atta a creare delle grandi “aree cuscinetto” attorno alla Repubblica Islamica dell'Iran in modo tale che il paese non si trovi mai più ad affrontare un attacco di sorpresa sul proprio territorio come ai tempi della Guerra Iran-Iraq. In base a tale imperativo, gli strateghi di Tehran intendono da un lato rinforzare l'asse che dal Mediterraneo arriva fino all'Hindu Kush, passando attraverso Beirut-Damasco-Baghdad-Tehran-Kabul e dall'altro accerchiare Israele e le monarchie sunnite del Golfo mediante le propaggini dello Yemen e della Striscia di Gaza.

Non è possibile al momento dire se e quando la strategia dell'Iran avrà successo. Molto dipenderà dalle conto mosse che gli Stati Uniti, Israele e l'Arabia Saudita decideranno di opporre. Ci sono inoltre da considerare i confliggenti interessi della Turchia, l'altro grande paese sunnita presente nell'area che ambisce a sua volta a creare una sfera d'influenza nel mondo islamico. In ogni caso possiamo dire sin d'ora che, con la sua “diplomazia dei missili e dei droni” l'Iran ha voluto segnalare a tutti gli avversari regionali e agli altri attori internazionali impegnati nel “Grande Gioco” in Medio Oriente che non arriverà mai a compromessi laddove la sua sicurezza nazionale venga messa seriamente a repentaglio.

(foto: Hossein Velayati / Xinhua / IRNA / web)