Il 20 giugno di quest'anno, il mondo è rimasto scioccato dalla notizia che la “Forza Aerospaziale del Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica” (AFAGIR), la branca dei “Pasdaran” che oltre a controllare la maggior parte degli assets aeri dei “Guardiani” ne opera anche i droni, i missili balistici, i razzi d'artiglieria a lungo raggio e la contraerea sia d'artiglieria che missilistica, aveva abbattuto un drone americano. Ricerche successive hanno potuto identificare nel drone in questione un Northrop Grumman (BAMS-D) RQ-4 “Global Hawk”, uno dei solo 4 dimostratori tecnologici di questo tipo costruiti dagli Stati Uniti d'America sul modello dell'originale Northrop Grumman RQ-4 “Global Hawk” ed assegnati alla U.S. Navy per fungere da base per il programma del Northrop Grumman MQ-4C “Triton” (foto).
Sebbene da allora siano passate diverse settimane, non bisogna affatto credere che l'evento abbia cessato di produrre i suoi nefasti effetti, che rischiano di provocare evoluzioni ancora più interessanti nei rapporti e nelle partnership nel mondo della difesa tra gli Stati Uniti ed altri paesi. E proprio uno di questi paesi è l'India di Narendra Modi che ha seguito tutta la vicenda dell'abbattimento con particolare interesse.
Come già accennato in altre occasioni, le relazioni tra Stati Uniti ed India sono sempre state molto complicate, nonostante la lingua inglese apparentemente unisca i due grandi paesi a livello superficiale. A dividerli sono interessi nazionali di natura confliggente in relazione alla pretesa dell'India di diventare la “Signora dell'Oceano Indiano” e degli Stati Uniti di rimanere l'unico “dominus” di tutte le acque del globo. Fatto sta che, nonostante una comune storia di colonie della Gran Bretagna, e per quanto entrambi siano ancora legati profondamente ad essa, negli ultimi 70 anni i due paesi non hanno fatto altro che studiarsi a debita distanza con circospezione, quando non a guardarsi apertamente in cagnesco (è il caso, per esempio, della “quasi guerra” che oppose i due paesi nel 1971 allorché gli americani minacciarono di intervenire apertamente a sostegno del Pakistan, per poi fare rapidamente dietrofront).
Una conseguenza di tale stato di cose è che, benché gli Stati Uniti siano ancora oggi il principale produttore ed esportatore di armi e l'India ne sia invece già da decenni il principale importatore, gli indiani hanno sempre evitato come la peste di concludere importanti commesse con gli Stati Uniti e, anche quando tale tabù ha cominciato a cadere a partire dagli anni '90 del secolo scorso, il volume ed il valore totale delle commesse che Nuova Delhi ha concluso con Washington sono sempre rimasti contenuti e non hanno mai interessato settori cosiddetti “strategici”.
Una notevole eccezione a questa politica fu la firma, nel 2009, di un contratto per l'acquisto di 12 Boeing P-8I “Poseidon” per un costo di 2,1 miliardi di dollari. Tali imponenti velivoli da pattugliamento aereo e marittimo erano destinati a sostituire gli 8 venerandi Tupolev Tu-142MK-E “Bear” entrati in servizio nel lontano 1988 e poi definitivamente radiati nel 2017 al termine di un'eccellente carriera durata 29 anni. Nel giugno di quest'anno poi, la marina indiana ha optato per la firma di un nuovo contratto da 3 miliardi di dollari per l'acquisto di 10 ulteriori velivoli, che dovrebbero portare la flotta di P-8I al totale di 22.
Parallelamente all'introduzione del “Poseidon”, ed essendo già dotata di un'autonoma costellazione di satelliti da ricognizione di concezione nazionale, la marina indiana decise di espandere ulteriormente le proprie capacità di ricognizione strategica adottando una piattaforma UAV di grandi dimensioni e capace di condividere una notevole mole di informazioni sia con altre piattaforme aeree o navali della marina sia con gli assets dell'aeronautica e delle forze di terra. Dopo un lungo periodo di valutazioni ed estenuanti trattative, la leadership militare della superpotenza indù decise infine di optare per il già citato Northrop Grumman MQ-4C “Triton”.
Le discussioni originali parlavano di 6-8 velivoli da utilizzare come complemento ai “Poseidon” ma la successiva decisione di espandere la flotta dei “Poseidon” ha portato anche ad un incremento esponenziale dell'ordine per i “Triton” che è arrivato a toccare quota 30 per la “fantastica” cifra di 6 miliardi di dollari. Per metterlo in prospettiva bisogna ricordare che il contratto originale stipulato da India e Russia nel 1999 per la produzione su licenza di 140 Sukhoi Su-30 MKI dalla HAL (Hindustan Aeronautics Limited) valeva 3,2 miliardi di dollari, mentre il recente contratto per la fornitura di cinque reggimenti di missili anti-aerei S-400 vale 5,43 miliardi di dollari.
Sembrava che gli Stati Uniti fossero giunti a concludere l'affare del secolo però gli eventi svoltisi il 20 giugno al largo delle coste dell'Iran hanno completamente scompaginato una tela che pareva perfetta. Innanzi tutto il (BAMS-D) RQ-4 “Global Hawk” abbattuto dagli iraniani (dalle prestazioni largamente assimilabili a quelle dell'MQ-4C “Triton”) avrebbe dimostrato una catastrofica propensione a cadere vittima del jamming avversario. Secondariamente, il fatto che per abbattere l'imponente drone gli iraniani abbiano utilizzato una batteria di missili “3 di Khordad” appartenente al sistema missilistico di concezione nazionale “Raad” che, seppur nuovo e di concezione relativamente moderna non è assolutamente il sistema missilistico anti-aereo più potente in dotazione alle forze militari dell'Iran, ha messo seriamente in dubbio l'efficacia dei sistemi di auto protezione che dovrebbero comunque garantire ai lenti ed ingombranti droni la capacità di operare nello spazio aereo avversario con relativa impunità.
Per gli indiani poi, la doccia è stata doppiamente fredda perché, al fine di proteggere i segreti di alcune componenti elettroniche classificate, gli americani avevano proposto di fornire loro non già la versione originale, ma una sotto versione degradata dell'MQ-4C “Triton” caratterizzata da prestazioni ridotte rispetto a quelle delle versioni destinate all'USAF ed alla U.S. Navy. Questa cosa è di particolare importanza per l'India perché gli scenari operativi che erano stati presi in considerazione per il “Triton” prevedevano pattugliamenti di lunga durata e senza supporto sui cieli del Pakistan e della Cina. Tuttavia, è necessario notare che tanto la Cina quanto il Pakistan sono dotati di difese antiaeree di prim'ordine centrate su una pletora di sistemi tra i quali ha fatto particolarmente parlare di sé in tempo recenti lo HQ-16.
Se l'impiego di versioni originali del “Global Hawk” e del “Triton” ha comportato l'avverarsi di un'amara lezione contro un avversario come l'Iran, uno schieramento di “Triton degradati” da parte dell'India nei cieli dei suoi due mortali nemici rischia seriamente di tramutarsi in un disastro con la conseguente perdita di miliardi di dollari ed un serio degradamento delle capacità di ricognizione/comando/controllo che sono fondamentali per lo svolgimento di operazioni militari nella guerra moderna.
Per capire l'importanza che nello specifico le operazioni di ricognizione strategica avevano ed ancora hanno per l'India basterà ricordare che il gigante indù fu uno dei pochi paesi al mondo a ricevere il permesso, nel 1981 dall'allora Unione Sovietica, di acquistare il Mikoyan-Gurevich Mig-25 “Foxbat”, l'aereo più veloce mai schierato al mondo. Ribattezzati nel gergo dell'aviazione indiana “Garuda” (leggendario uccello servitore del dio Vishnu), i Mig-25 indiani furono acquistati in 8 esemplari (6 appartenenti alla versione RBK e 2 alla RU) ed utilizzati intensamente nel corso dei 25 anni successivi (fino al loro ritiro nel 2006) in missioni di ricognizione strategica ad alto rischio sia nei confronti del Pakistan che della Cina registrando un'unica perdita a causa di un guasto meccanico e non venendo mai né abbattuti né danneggiati dalla reazione delle forze aeree ed anti aeree nemiche.
Inutile a dirlo, non pochi in India ad oggi provano nostalgia per il vecchio “Foxbat”, e dopo gli eventi del 20 giugno il paese ha cominciato a distanziarsi notevolmente dal progetto “Triton” ed è molto probabile che a breve annuncerà la sua completa cancellazione, fatto salvo un eventuale colpo di scena così frequente nelle gare d'appalto indù.
Prevedibili sono state le reazioni americane tenute tuttavia a debita distanza dal premier indiano Modi che, seppure dal punto di vista personale non disdegni l'idea una maggiore partnership con gli Stati Uniti, deve allo stesso tempo tenere in considerazione le istanze di una casta militare che non vuole assolutamente essere presa in giro e di un elettorato che dopo gli scontri di confine degli ultimi mesi è furente per il fatto che, ancora oggi, gli Stati Uniti forniscano al Pakistan “armi americane che vengono utilizzate per uccidere indiani”.
Come tale braccio di ferro sul futuro dei “Triton” finirà, questo è prematuro dirlo; tuttavia è veramente ironico pensare che, quando il 20 di giugno i serventi delle batterie missilistiche anti-aeree dei “Pasdaran” decisero di “dare una lezione agli USA”, il risultato pratico di tale evento fu che, a venire “abbattuto”, non fosse solamente un “drone” ma l'intero progetto di collaborazione indiana-americana.
Foto: Northrop Grumman Corporation / U.S. Navy / FARS News Agency / web