La Transnistria – ai confini tra l’Europa e l’Asia – è una regione che negli ultimi anni ha assunto una rilevante importanza strategica.
Si tratta di un territorio di circa 200 km, stretto tra la Moldavia e l’Ucraina – de facto mai riconosciuto dall’ONU in quanto ritenuto facente parte della Repubblica di Moldavia -, con una popolazione, di etnia russofona, di circa 500.000 persone, le quali non hanno mai riconosciuto l’autorità dello Stato centrale moldavo.
Fino al XIX secolo, la Transnistria, ha fatto parte dell’Impero Ottomano, con il fiume Dnestr che ne fissava in confini con l’Impero russo. Successivamente, nel 1924, con il disfacimento territoriale della Sublime Porta in seguito alla sconfitta nella Grande Guerra, assume lo status di Repubblica Autonoma Sovietica Socialista Moldava, che comprendeva parte dell’Ucraina ma non l’attuale Moldavia, che invece veniva inglobata dalla Romania.
Il 23 agosto 1939, in seguito al Patto di non aggressione Ribbentrop-Molotov, tra la Germania nazista e l’Unione Sovietica, la Transnistria venne unificata alla Bessarabia, andando così a creare la Repubblica Sovietica Socialista Moldava, gravitando quindi nella sfera d’influenza di Mosca.
Nel 1989 - con lo sfaldamento dell’Unione Sovietica e la conseguente indipendenza della Moldavia nel 1991 – cominciano i contrasti tra l’etnia rumena e quella russa (la Transnistria dichiara l’indipendenza nel 1990), che sfoceranno in una guerra di breve durata, tra marzo e luglio del 1992, che causerà circa 1.500 morti.
Allo stato attuale la Moldavia rivendica il reintegro, de jure, della regione sotto la sua sovranità, in cambio della concessione di una forte autonomia. Di contro la Transnistria rivendica la volontà di integrarsi con la Federazione russa, istanze rese ancora più pressanti dopo l’annessione della penisola di Crimea da parte di Mosca nel 2014. Tuttavia non è solo Transnistria a volersi annettere con un altro Stato. Infatti, all’interno delle forze politiche moldave, sussiste un forte anelito che spinge al ricongiungimento con la Romania, ricongiungimento che il Cremlino vorrebbe scongiurare con ogni mezzo.
Il territorio rumeno rappresenta il cuneo della NATO all’interno dell’Europa orientale. Infatti, dal 2016, è operativo nella città di Deveselu (foto) la prima installazione dell’Alleanza che ha lo scopo di individuare, tracciare e abbattere SRBM e MRBM che dovessero sorvolare lo spazio aereo europeo. Tale sito è dotato del sistema d’arma Aegis BMD ed è equipaggiato con il missile superficie-aria statunitense RIM-161 Standard SM-3 Block IB, con una gittata di 2.500 km. Mosca ritiene che il sistema NATO rappresenti una violazione del Trattato sulle forze nucleari a medio raggio, denominato INF (Intermediate-Range Nuclear Forces), siglato nel 1987 tra l’allora Unione Sovietica e Stati Uniti, avente come obiettivo la riduzione dei missili a medio raggio installati sul territorio europeo.
Inoltre la Russia ha il timore che il sito militare possa ospitare anche missili balistici, in quanto il sistema d’arma Aegis utilizza i lanciatori MK-41, in grado di alloggiare anche i missili cruise Tomahawk.
(foto. U.S. Army / U.S. Navy)