Un nuovo ordine internazionale per una Cina in ascesa

(di Antonio Vecchio)
09/07/18

Come ogni stato, la Cina impronta la sua strategia al perseguimento dei propri interessi nazionali, riconducibili essenzialmente alle tre macro aree della sicurezza (interna e esterna), della sovranità (Taiwan, aree contese del mar cinese e contenziosi territoriali con India e Pakistan) e dello sviluppo economico.

Conformemente a essi imposta le sue azioni, consapevole di vivere un momento storico che Xi Jinping ha più volte definito di irripetibile “opportunità strategica”, non solo per l’inarrestabile ascesa economica della Terra di mezzo, ma anche perché, per la prima volta dopo secoli, le potenze occidentali stanno perdendo la tradizionale centralità nelle dinamiche politiche ed economiche del pianeta.

Al fine di “riequilibrarlo” verso Oriente, risulta allora inevitabile modificare l’ordine internazionale, inteso come modello strutturato e stabile di relazioni tra stati, caratterizzato da norme, istituzioni e organizzazioni politiche attraverso cui si svolgono le relazioni tra i vari soggetti statuali1.

Quello attuale, sorto dopo la fine del secondo conflitto mondiale e consolidatosi al termine della guerra fredda, è infatti disegnato attorno a un sistema di valori - liberalismo economico, democrazia, diritti umani - espressione esclusiva del blocco occidentale, il carattere universale dei quali viene in Oriente continuamente messo in discussione.

In esso inoltre - a detta di Pechino - gli USA, assieme ad una nutrita schiera di paesi amici e alleati, riescono sempre a condizionare le politiche e i provvedimenti da intraprendere, il più delle volte in un modo ostile agli interessi cinesi in particolare e asiatici in generale.

Di fronte al convincimento della ineluttabilità del declino occidentale e della contestuale ascesa del non-ovest, la postura di Pechino è multiforme:

  • incrementa la partecipazione agli organismi internazionali (negli anni 70 la Cina era pressoché assente e inattiva) cercando di favorire soluzioni e politiche orientate al multilateralismo;
  • privilegia i rapporti bilaterali a quelli condotti nell’ambito di alleanze, che di norma richiedono ampia condivisione dei provvedimenti da adottare;
  • crea nuove istituzioni se ritiene che quelle esistenti siano controllate dagli USA e dai loro alleati: è il caso della Asia Infrastructure Investment Bank (AIIB) creata in opposizione alla Asian Development Bank guidata da USA e Giappone;
  • definisce nuove alleanze come quella sempre più stretta con la Russia e con la Shanghai Cooperation Organisation (Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan) al solo scopo di ridimensionare l’influenza americana nell’area;
  • non trascura la “diplomazia militare”, avendo avviato un processo di profondo rinnovamento delle forze armate orientato a fornire loro una importante capacità di proiezione.

Soprattutto si adopera per creare un nuovo sistema sinocentrico finalizzato a costruire una “Asia armoniosa” nell’ambito di una “comunità (globale) dal destino comune” (entrambe citazioni di Xi); un sistema formalmente non egemonico, ma basato - per lo meno a parole - su una ampia cooperazione economica (win-win), che vede nella One Belt One Road initiative (OBOR) la sua massima espressione2.

Al riguardo, però, non si può sottacere il modo con cui la Cina finanzia i mutui per la realizzazione delle infrastrutture (di norma a cura dei paesi ospitanti con materiali e maestranze obbligatoriamente cinesi) che prevede una iniziale stesura dei contratti senza particolari garanzie per Pechino, la quale però ottiene, in caso di (frequente) insolvenza, concessioni secolari dei porti e di vaste aree poste nel loro immediato entroterra.

Da notare inoltre come il conseguente indebitamento dei paesi coinvolti, di norma già deboli finanziariamente, comporti una loro graduale caduta nell’orbita cinese e quindi l’allargamento dello spazio geopolitico dominato dal Dragone.

Per concludere, nei prossimi dieci-quindici anni la Cina continuerà a partecipare attivamente all’ordine internazionale, con sempre maggiore assertività.

In tale agire, cercherà in ogni modo di scalzare gli USA da tutte quelle aree del globo, in particolar modo il mar cinese e l’oceano indiano, strategicamente importanti per gli approvvigionamenti energetici, per le proprie merci e per esercitare un ruolo di potenza extra regionale.

Continuerà a battersi con sempre maggior vigore per cambiare i valori attualmente posti a fondamento del sistema internazionale, sostituendoli con altri nei quali le nazioni in via di sviluppo - di cui Pechino si erge a leader - possano rispecchiarsi.

Tra i nuovi valori con cui disciplinare i rapporti internazionali, di particolare importanza sarà il principio di sovranità, intesa come non ingerenza nelle questioni interne agli stati.

Cercherà infine di impostare con Washington, per usare un termine caro a Xi Jinping un nuovo tipo di “relazioni tra grandi potenze”.

Strada obbligata, se si vuole evitare quello che lo storico Graham Allison3 ha paragonato alla cosiddetta trappola di Tucidide4: il pericolo che la rivalità tra una potenza in ascesa e una in declino si traduca in conflitto.

Un pericolo tradottosi in triste realtà undici volte su quindici negli ultimi 500 anni.

1 https://www.rand.org/pubs/research_reports/RR2423.html

2 A.SELVATICI, La Cina e la nuova via della seta, Ed. Rubbettino 2018

https://foreignpolicy.com/2017/06/09/the-thucydides-trap/

4 Per lo storico Tucidide (460-395 a.C.) una tale situazione provocò la guerra tra Atene e Sparta.

(foto: Ministry of National Defense of the People's Republic of China)