Il conflitto nello Yemen è scoppiato nel 2014, come conseguenza della così detta Primavera araba, e già l’anno successivo ha visto l’inizio dell’intervento internazionale.
Sembra doveroso sottolineare il ruolo strategico dello Yemen nella regione del Golfo Persico, in quanto controlla la sponda settentrionale del Golfo di Aden e uno dei lati dell’importantissimo stretto di Bab-el-Mandeb, più un esteso tratto costiero bagnato dal Mar Rosso, il quale costituisce una rotta commerciale fondamentale per l’Europa. Con l’installazione sulla costa di missili antinave, o più semplicemente con pezzi di artiglieria, sarebbe possibile minacciare questa rotta strategica.
Ciò che stupisce è il silenzio della stampa, preferendo focalizzare l’attenzione sulla produzione di ordigni per gli aerei dell’Arabia Saudita in Sardegna, come se la proliferazione delle armi fosse causata dall’Italia. In realtà grossi quantitativi di armamenti giungono dalla Federazione Russa, dall’Iran (con la sua Unità 190, specializzata nella fornitura di armi) ma anche dalla Corea del Nord.
Il conflitto in Yemen fa parte del millenario conflitto politico-religiosotra sciiti e sunniti. L’Iran ha lanciato varie operazioni nei paesi a maggioranza sunnita. In risposta a tali attacchi, le monarchie sunnite e i loro alleati hanno reagito intervenendo in vari paesi e scontrandosi a viso aperto nello Yemen. Proprio qui, uno degli attori è al-Qaeda, di ispirazione sunnita ma nemica delle monarchie.
Il quadro attuale ha subito un mutamento rispetto alle prime fasi del conflitto. Da una parte abbiamo un gruppo guidato dalle tribù sciite houthi, sostenute in maniera massiccia dall’Iran, in lotta, dall’altra parte, contro la componente sunnita, appoggiata da molti paesi, ad iniziare dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi; tutto questo mentre gli Statu Uniti continuano a colpire le cellule jihadiste molto attive nel paese.
Inizialmente le forze houthi sembravano avere la meglio, visto che erano riuscite ad occupare la capitale Sana’a. Successivamente, l’intervento internazionale, ha ribaltato la situazione, nonostante gli houthi - riforniti dagli iraniani anche di missili balistici - abbiano offerto una strenua resistenza, sfruttando l’orografia montuosa dello Yemen.
Da qualche mese le forze governative del presidente Hadi hanno migliorato le loro posizioni lungo la costa meridionale del Mar Rosso, occupando Mokka. Inoltre, per bloccare il flusso dei rifornimenti - che arrivano attraverso container rilasciati in mare dagli iraniani e rimorchiati sotto costa con vari natanti – è stato preso il grande porto di Hoddeida nonché ampie zone costiere.
L’attacco finale alle posizioni Houthi è partito lo scorso 16 giugno, appoggiato anche dall’aria (con elicotteri d’attacco AH-64D APACHE e velivoli ad ala fissa) e dal mare, da cui giungevano anche i rifornimenti, partiti dal porto eritreo di Assab. L’offensiva è stata facilitata dal fatto che lungo la costa vi è una zona pianeggiante che favorisce l’impiego di mezzi corazzati e blindati. Gli houthi, dopo una forte resistenza, sono stati costretti a cedere terreno, subendo forti perdite. I governativi e i loro alleati hanno potuto sfruttare la possibilità offerta dalle unità navali da sbarco per il trasporto dei rifornimenti, indispensabili per alimentare l’offensiva. Giunti a ridosso dell’aeroporto di Hoddeida, le forze di Hadi hanno aperto il fuoco con l’artiglieria a lunga gittata (utilizzando anche i semoventi sudafricani G-6 da 155/52 mm). Hoddeida è un grande centro e i miliziani houthi hanno impedito l’evacuazione della popolazione civile, in modo da utilizzarli come scudi umani, una pratica assai diffusa nella Regione. Ancora non si è giunti ad uno scontro dentro Hoddeida, in quanto si sta cercando la strada della trattativa, un canale che in Medio Oriente non viene mai accantonato, anche nei momenti più cruenti dei conflitti.
Dal punto di vista tecnico, si tratta della prima campagna in cui le monarchie arabe si sono trovate a combattere un conflitto impegnativo da sole. Nella fase iniziale si pensava di fornire mezzi alle forze del presidente Hadi tuttavia, nel 2015, visto l’andamento sfavorevole delle operazioni e l’ingerenza iraniana, è stato deciso di formare una coalizione, molto ampia1 per affrontare il conflitto, cercando di limitare al minimo le perdite. Le aree a maggioranza Houthi, per lo più di natura montagnose, si sono rivelate un osso duro, anche in considerazione della costante fornitura di armamenti e personale specializzato da parte dell’Iran (il territorio saudita è stato colpito da diversi missili lanciati dagli houthi). Con la recente grande offensiva su Hoddeida, il tratto costiero da controllare si è notevolmente ridotto e probabilmente il blocco navale, in funzione anti-iraniano, diverrà più efficace. Probabilmente si giungerà ad un accordo fra le parti in lotta oppure a breve si vedrà un esponenziale aumento delle attività di guerriglia.
1 La coalizione internazionale nello Yemen, a guida saudita che appoggia il presidente Haidj, vede la partecipazione dei seguenti paesi: Emirati Arabi, Barhein, Kuwait, Giordania, Egitto, Sudan, Marocco. Inoltre sarebbe stata segnalata la presenza di forze speciali francesi, in particolare per la designazione laser dei bersagli.
(foto: RSAF / YouTube / RSLF)