In Libia siamo ad una svolta. Pochi giorni fa il generale Haftar si è proclamato vincitore, dichiarando conclusa l'operazione Dignità con la vittoria sulle ultime frange ribelli a Bengasi. Ora a Tripoli tornano istericamente a parlare le armi.
“Se i politici non troveranno un accordo risolvendo la crisi in Libia entro sei mesi, ci penserà l'esercito” avrebbe in sintesi affermato il generale la scorsa settimana.
Risultato? Il panico: dopo l'annientamento reciproco di alcune fazioni rivali nei pressi di Tripoli, da 36 ore sarebbero in corso violenti scontri a poche decine di chilometri ad est della capitale tra forze di Misurata legate all'ex primo ministro Ghwell e milizie tripoline fedeli ad Al Sarraj. Il premier, lo ricordiamo, è riconosciuto dal nostro Paese e dall'ONU, ma in Libia forse nemmeno dalle sue guardie del corpo...
Venerdì scorso si è sparsa a Tripoli la voce di un assedio alla città da parte di 1000 pick-up armati di mitragliatrice pesante provenienti da Misurata. Dopo giorni d’imbarazzo e indecisione sul da farsi, il governo avrebbe risposto con l'invio di truppe nella città di Garabulli per incontrare una forza (reale) di 500 pick-up armati che ha occupato l'area.
Nel frattempo a Misurata sarebbero rimaste neutrali le forze fedeli al premier Al-Sarraj che vengono supportate “sanitariamente” dalle nostre forze armate (v.operazione Ippocrate). Sembrano gli esordi di una piccola guerra civile tra perdenti.
Ad Est, il generale Haftar gongola per i successi militari sul campo e soprattutto politici con la vittoria assicurata dalla liberazione di Saif al Islam Gheddafi, il figlio dell'ex raìs.
In Tripolitania gli scontri crescono di ora in ora e nella capitale si registra un'impennata nei rapimenti di persone capaci di rendere un cospicuo riscatto per autofinanziare le milizie locali. Le milizie Warshafana sembrerebbero distinguersi in questo speciale business.
La vita per i civili, la gente comune ignorata dagli analisti italiani e internazionali, è sempre più critica: criminalità selvaggia, mancanza di lavoro e scarsa circolazione di valuta anche per semplice sopravvivenza. A questo aggiungiamo che il costo dei beni di prima necessità (gestito per una parte rilevante da uomini d'affari di Misurata!) è decuplicato negli ultimi anni.
In sostanza si sta concretizzando quel che abbiamo constatato alcune settimane fa: la Libia è persa! (v.articolo)
Resta solo da definire con quanta vergogna per la gestione italiana di una partita in cui non abbiamo mai avuto in mano nemmeno una carta.
Unico rilievo, vero dramma nel dramma, una rigorosa censura delle notizie che sembra essere l'unica strategia mediatico-politica italiana.
A Tripoli sempre più gente intanto resta in attesa del generale...
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(immagine: fotogramma France24)