Il Movimento per la Giustizia e la Riabilitazione del Niger (MJRN) è pronto a prendere le armi contro il potere centrale di Niamey.
Secondo i proclami dell’attuale leader Koudigan, alla base del malcontento c’è il grave stato di oppressione a cui sarebbe sottoposta l’etnia Tubu.
I Tubu vivono nel Sahara a cavallo di Niger, Ciad e Libia in condizioni a dir poco drammatiche.
Nonostante gli appelli lanciati negli ultimi mesi, sembra che le istanze delle regioni del Sudest siano rimaste inascoltate, aumentando il rischio di rivolta armata.
La sempre più visibile presenza della China National Petroleum Corporation nell’Africa centrale sarebbe tra i motivi principali delle nuove forti tensioni interne al Niger. Lo sfruttamento scriteriato del suolo con annesse implicazioni di natura ecologica avrebbe alimentato il malumore dei Tubu, pronti ad attaccare le istituzioni nigerine “in qualunque momento”.
La notizia di per sé non scuoterebbe l’opinione pubblica internazionale se non fosse che il Niger, al pari di Ciad, Camerun, Nigeria e Mali è direttamente impegnato nell’opera di argine all’estremismo islamico. Proprio le regioni interessate dalla ribellione armata confinano con gli Stati nigeriani di Borno, Yobe e Jigawa dove l’operato di Boko Haram coincide spesso con un totale controllo del territorio.
Il dato è preoccupante. Di tutto hanno bisogno Sahara e Sahel, tranne che di un aumento della circolazione di armi.
(foto: FAN, Force Armées Nigérienne)