Il tragitto che va dall’aeroporto al centro di Baku mostra l’evoluzione dell’Azerbaigian nelle ultime due decadi grazie alle rendite petrolifere e alla firma del “Contratto del Secolo” (20 settembre 1994) con cui i diritti di esplorazione e sfruttamento venticinquennali del giacimento Azeri-Guneshli-Chirag sono passati ad un consorzio internazionale. Grattacieli, giochi di luci e automobili di grossa cilindrata caratterizzano la città e vanno a sovrapporsi a negozi e alberghi di lusso, vero richiamo per un turismo ricco e per investimenti internazionali.
Tra le maggiori boutique di Neftiçeler Prospekti, la sontuosa via che costeggia il Mar Caspio e porta all’antico centro cittadino, è possibile vedere griffe italiane simbolo dell’interesse del nostro Paese per il mercato locale. In Azerbaigian sono presenti 66 aziende italiane per più di 500 milioni di dollari di investimenti, secondo quanto affermato da Rufat Mammadov, presidente di Azpromo incontrato durante il nostro servizio.
La crisi dei prezzi del petrolio innescata dagli Stati Uniti per colpire la Federazione Russa ha avuto però effetti negativi anche nel Paese producendo la svalutazione del manat, moneta locale, ed allarmando gli esperti di settore per il prossimo futuro. La Baku del lusso e degli acquisti sfrenati ha già iniziato a cedere il posto ad una città polarizzata su due facce: quella dei grattacieli e delle costruzioni imponenti, simbolo di una volontà di progresso e di affermazione a livello internazionale da un lato; quella ferita da una crisi pesante soprattutto per il ceto medio e che lascerà presto il segno nella vita di tutti gli azeri.
Dalla svalutazione della moneta in poi sono state molte le rassicurazioni del Governo sul fatto che la State Oil Fund of Azerbaijan (SOFAZ), organizzazione istituita per amministrare le rendite petrolifere, aveva immagazzinato ogni anno un terzo dei profitti per cautelarsi da un’eventuale crisi finanziaria. Molte anche le dichiarazioni volte a garantire la sopravvivenza dei maggiori programmi di sviluppo sociale.
Ma cosa bolle in pentola? L’interesse per l’Azerbaigian ruota tutto intorno al petrolio e alle sue risorse energetiche?
Per capire l’Azerbaigian è necessario collocarlo all’interno di una regione, il Caucaso, ponte strategico tra Europa e Asia e in linea di continuità con la Nuova Via della Seta, capace di collegare al Vecchio Continente potenze regionali e globali come Turchia, Iran e Russia.
Oltre alla posizione geografica, il Paese è stato scelto da Bruxelles per rafforzare la politica energetica volta a diminuire la dipendenza dalle importazioni di gas russo: sono due i progetti in cui è coinvolta l’Unione Europea: il Trans Anatolian Pipeline (TANAP) ed il Trans Adriatic Pipeline (TAP), entrambi rilevanti per l’Italia poiché in grado, almeno in teoria, di trasformare il Belpaese in un hub energetico, con rilievi geopolitici e benefici nel mondo dell’occupazione.
Il TANAP dimostra gli stretti legami esistenti tra Ankara e Baku, dovuti a un comune retaggio storico, culturale e linguistico e da strette relazioni diplomatiche iniziate con l’indipendenza azera. Prendendo come direttrice il settore energetico, i legami sono stati sponsorizzati dalla Casa Bianca con l’obiettivo di assicurarsi attraverso l’alleato turco una proiezione verso spazi ex sovietici. Il gelo dei rapporti tra Turchia e Armenia sono stati un’ulteriore spinta al rinsaldo dell’asse turco-azero, senza eccezioni alle forme di sostegno a Baku anche in merito al conflitto del Nagorno-Karabakh.
Il progetto TANAP prevede la realizzazione di un gasdotto in grado di attraversare la Turchia fino alla Georgia permettendo da subito il trasporto di 16 milioni di metri cubi di gas naturale (bcm) azero (ammontare in crescita negli anni) prodotto dal deposito di Shah Deniz sul Mar Caspio. 6 bcm di questi sarebbero destinati al mercato turco che oggi rappresenta già il 90% delle esportazioni di gas di Baku.
Il TANAP è minacciato dal Turkish Stream ideato dalla Russia per sostituire il South Stream e proposto da Putin durante la sua visita ufficiale in Turchia lo scorso 1 dicembre 2014. Con una capacità iniziale di 63 bcm (quantità messa in dubbio dal Commissario Europeo per l’Energia Maroš Šefčovič e vista come eccessiva per un mercato dove la domanda sarebbe inferiore all’offerta), secondo l’analisi di Elnur Soltanov della ADA University durante il meeting con Difesa Online a Baku, il Turkish Stream potrebbe minacciare l’Azerbaigian soltanto se la quantità di gas trasportato verso il mercato turco aumentasse, minando la preponderanza di gas azero che però presenta ancora costi inferiori.
Il TAP invece sarebbe fondamentale per l’Europa ed in particolare per l’Italia perché permetterebbe al gas azero di giungere direttamente in Puglia dopo aver attraversato Mar Adriatico, Grecia e Albania trasportando inizialmente 10 bcm, comunque necessari per garantire una minore dipendenza energetica da Mosca.
Il gas russo rimarrebbe comunque determinante perché la quantità di esportazione di gas azero verso l’Europa pari a 35-40 bcm (con TAP e TANAP a pieno regime), sarebbe ancora lontana dai 250 bcm di provenienza russa; una vera minaccia alla Gazprom potrebbe però arrivare dalle ingenti riserve del Turkmenistan qualora il progetto Trans Caspian Pipeline, che coinvolge l’Azerbaigian come via di trasporto e non come produttore, vedesse la sua realizzazione.
Russia ed Azerbaigian quindi, Paesi amici o nemici?
(continua)
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