S. è un imprenditore. A giudicare dal parco auto sotto la sede di Damasco della società, anche di successo. Ha modi cordiali ed eleganti.
Quando entriamo nel suo ufficio ci accoglie con un espresso italiano. Dopo settimane di intrugli è il modo più familiare per iniziare un’intervista tranquilla, niente di più di un incontro tra chi ha voglia di raccontare e chi di trasmettere.
La società di S. si occupa di import-export e tratta vari generi di merce: dall'abbigliamento ai ricambi, dagli alimentari alle componenti industriali. Fino a cinque anni fa trattava con europei, turchi, cinesi… Oggi sono rimasti solo i cinesi perché dall'inizio della guerra il giro d'affari si è quasi dimezzato.
Il mercato più colpito dal conflitto è stato quello dell’Europa da cui giungevano tecnologia ed attrezzature sanitarie. Il Paese che ha perso di più è stato l'Italia da cui provenivano non solo arredi e prodotti alimentari ma anche impianti. Con la sospensione dei rapporti diplomatici e commerciali, per esempio, non è andata in porto la spedizione dall'Italia di un panificio industriale.
Fuori intanto piove. La folle normalità di Damasco passa anche per le condizioni meteo. Anche qui fa brutto tempo… Una cornice umida rende la strada oltre il parcheggio ancora più triste. S. risponde a tutte le domande con cordialità. Ha voglia di parlare. Racconta della Siria rispetto agli altri Paesi.
La Russia?
È oggi protagonista sul piano militare ma non su quello commerciale, non lo è mai stata, i pezzi di ricambio d'altronde non si trovano là...
La Cina?
Una scelta forzata dall'economia di guerra. Ma con un aspetto positivo: “dicono sempre di sì a qualunque richiesta”.
Avete scambi con gli USA?
Ci sono ma minimi. A differenza di altri, gli americani sono pragmatici: basta che su un carico non ci sia scritto “Siria”.
Si aspettava la fuga italiana da un mercato in cui era protagonista?
Sì, non mi ha sorpreso. Bastava guardare la televisione per capire che avreste fatto le valigie.
Sul versante orientale tutti i collegamenti con l'Iraq sono stati interrotti?
Buona parte della dirigenza del Daesh - quella supportata da USA ed Arabia Saudita - è formata da ex comandanti iracheni. Li conosco... Far transitare un camion in Iraq, non è impossibile: mi costa 350$!
Ci sono segni di ripresa?
Basta osservare le strade. Nel 2012 alle 17 non si vedeva più girare un'anima. Oggi alla stessa ora c'è vita.
S. si accende una sigaretta. I movimenti lenti e le pause nella nuvola di fumo, lo rendono ancora più arabo.
Prima della guerra il tenore di vita siriano era alto e molti emigrati tornavano volentieri in patria. La Siria viveva in piena occupazione.
Dopo qualche istante mi guarda negli occhi e dice...
Vi voglio porre io una domanda! Cosa credete che abbia spinto milioni di siriani a fuggire?
La guerra?!
Sono milioni di persone che devono mantenere una famiglia e hanno perso il lavoro! La Siria era un Paese prospero. L'economia è stata massacrata. I “profughi” cercano semplicemente un'occupazione.
Voi, impietositi alla loro vista, li state facendo entrare in massa.
Sulla base di quanto sperimentato qui vi voglio però avvertire... Fate molta attenzione! La Siria è definita un “regime alawita”, tuttavia gli alawiti sono una classe sociale che non ha approfittato del potere ed è rimasta sostanzialmente povera. I 2/3 dei siriani sono sunniti. Una maggioranza che era di fatto la parte benestante del Paese. Se un imam – o il Papa – dicesse a noi sciiti o a voi cristiani “vai e fatti saltare per aria facendo una strage!”, dotati di libero arbitrio, non lo ascolteremmo minimamente. Se un imam sunnita lo ordina ad un suo fedele questo, nell'80% dei casi, obbedirà!
80%... Non è eccessivo?
No, nella stragrande maggioranza dei casi lo farà. Non sono capaci di discriminare liberamente.
Vi state riempiendo di potenziali stragisti e, sull'onda della compassione, non lo comprenderete finché non sarà troppo tardi.
Fuori smette di piovere. Passano una macchina, poi un furgone. Poi altre macchine ancora. Sì, nonostante il tempo brutto, c’è ancora vita a Damasco.