Herat è la zona dell’Afghanistan tra le più pacificate. A ovest del Paese, al confine con l’Iran, qui c’è il grosso del contingente italiano, collegato con il comando di Kabul e nell’ambito della missione NATO Resolute Support.
Come è cambiata la missione nel corso di 17 anni? E quali sono, sul terreno, i risultati ottenuti? Ce lo siamo fatto raccontare da alcuni dei nostri militari in loco, per avere una visione più chiara sulla zona di TAAC West, ora sotto la guida della brigata Pinerolo. Piccoli focus, forse un po’ tecnici, ma importanti per capire, anche, il rapporto di fiducia tra i nostri soldati e le istituzioni afghane.
Task Force Arena:
“Ad Herat l’Italia è presente nel comando multinazionale denominato Train Advise and Assist Command West, detto anche TAAC West, di cui attualmente abbiamo la leadership a guida brigata Pinerolo e nel quale siamo attivi sul fronte della sicurezza, su quello del supporto alla governance, su quello dell’advising, dell’assissing e del training con i Military e Police Advisory Teams (MAT - PAT), tramite i quali svolgiamo formazione e assistenza per l'Esercito e per la Polizia afghana”, spiega il colonnello Fabrizio De Pasquale, comandante Task Force Arena”.
“Da novembre 2010 ad ottobre 2014, abbiamo contribuito all’addestramento della forza aerea afghana tramite un gruppo di advisors dell’Aeronautica militare, di stanza a Shindand. La base è ora gestita dagli afghani. Attualmente, personale dell’Aeronautica militare italiana, qui a Herat, si occupa del Joint Air Task. Il compito è quello di gestire l'aeroporto di Herat e fornire consulenza tecnica, sulle attività connesse con le operazioni aeree, al comandante del Train Advise and Assit Command West, comando multinazionale su base brigata Pinerolo della missione NATO Resolute Support (RS). L’attività della JATF, oltre alla gestione dell’aeroporto, si articola anche nella supervisione dei servizi essenziali e dell’addestramento del personale dell’Afghan Civil Aviation Authority (ACAA) condotto dalle ditte contrattualizzate dalla NATO Support and Procurement Agency (NSPA).
In passato, abbiamo avuto velivoli a pilotaggio remoto come i Predator A e B del 32esimo Stormo di Amendola (Fg),che hanno fatto tantissime missioni, 1576 sortite per un totale di quasi 20mila ora di volo e a supporto di tutte le 37 task force internazionali. I Predator, che usavamo con funzioni di intelligence e ricognizione, non li abbiamo più, attualmente usiamo lo Shadow 200, che è un assetto dell’Aviazione dell’Esercito, inserito all’interno del task group Fenice, task force dell’Esercito che ha gli apr ed è la stessa che gestisce gli elicotteri utilizzati come assetto di force protection della base”.
A Herat è presente un ospedale da campo, “interforze, perché vi opera personale di Esercito, Marina, Aeronautica. Oltre a essere importante per l’assistenza sanitaria al personale della base e alla popolazione locale, il personale sanitario del TAAC West organizza e conduce corsi formativi per il personale delle Forze di Sicurezza afghane. Sicuramente i militari italiani e il comando del TAAC West nel suo complesso sono molto apprezzati e non solo nella regione ovest ma in tutto l’Afghanistan, come anche evidenziato dal generale Nicholson (da poco ex comandante di Resolute Support, ndr ) quando la brigata Pinerolo si è insediata oltre tre mesi fa, dichiarando che i risultati ottenuti a Herat nei vari settori di competenza sono i migliori di tutto il Paese. Basti solo pensare all’integrazione femminile, allo sviluppo socio economico o al fatto che noi riusciamo a muoverci con una certa libertà nella zona, seppure con tutte le opportune precauzioni. Questo ha consentito che noi diventassimo anche punto di riferimento per tutti gli altri partners della NATO. Parliamo, quindi, di risultati tangibili che ci vengono riconosciuti da quando siamo arrivati nel 2002 fino a oggi e sono sicuro che continueranno fino a che qui ci sarà la nostra permanenza”.
CIMIC
Uno dei settori di cui gli italiani si occupano a Herat e a quanto sembra con ottimi risultati è la cooperazione civile/militare del CIMIC.
“Nella fase iniziale, viste le condizioni del Paese, lo sforzo è stato fatto essenzialmente sulla ricostruzione delle infrastrutture nella regione, con una serie notevole di progetti su ampi settori della società civile, come strade, pozzi, scuole, ospedali. Dopo la prima fase di ricostruzione, dal 2014 si punta più al mantenimento della capacità delle istituzioni locali di autogovernarsi, attraverso donazione di materiale ed equipaggiamenti”, osserva il tenente colonnello Antonio D’Angella, capo cellula CIMIC del Train Advise and Assist Command West (TAAC W).
“Mutate le condizioni, con l’aiuto della comunità internazionale civile che ha potenziato le proprie istituzioni, nonostante gli intoppi che in un Paese in ricostruzione come l’Afghanistan è normale che ci siano, le autorità afghane procedono, con il nostro aiuto, a supportare i vari progetti, di minore entità rispetto al passato ma comunque importanti. Ad esempio, le aree essenziali al supporto civile, il supporto umanitario e vari sottosettori come la sanità, importantissimo in un Paese con un altissimo tasso di mortalità infantile proprio per carenza di strutture mediche sul territorio. L’altro settore importante è quello agricolo: in Afghanistan – che non è solo montuoso come si crede - l’economia è basata prevalentemente sull’agricoltura e noi cerchiamo di sostenerla con impianti per l’irrigazione, semi, attrezzature che tramite le istituzioni locali doniamo alla popolazione. E poi c’è la donazione di pacchi alimentari. Questo è molto importante, perché in Afghanistan ci sono due flagelli geoclimatici: inondazioni tra inverno e primavera e siccità dopo la primavera, a maggio i bacini idrici son già in secca e questo ha un impatto economico anche nella produzione di energia idroelettrica, si è costretti a importarla dall’Iran o dal Turkmenistan.
Per il supporto umanitario, c’è una particolare attenzione ai gruppi più vulnerabili della società: agli orfani e all’infanzia in generale e alle donne, monitorando quelle che sono le strutture adeguate, dagli orfanotrofi alle associazioni femminili come quelle che cercano di sostenere le donne non sposate o che hanno problemi con le loro famiglie. Come sa, c’è ancora molta difficoltà nel processo di emancipazione femminile nella società afghana, ma qualcosa si sta pian piano muovendo. Un altro gruppo vulnerabile che cerchiamo di sostenere sono gli invalidi, civili o di guerra”.
Le attività di training, advising e assist, tipiche del TAAC West e di tutti i Taac, non sono solo volte a migliorare e rendere autosostenibili le forze armate e le forze di polizia, ma uno dei compiti importanti che viene svolto in genere dal comandante italiano e dai comandanti dei vari Taac e da Kabul, è quello di aiutare soprattutto le istituzioni locali a dialogare tra di loro e a utilizzare le giuste procedure affinché le richieste arrivino a destinazione e a ricevere una risposta. Quindi, l’attività di advice e assist non è soltanto legata a quelle che sono le forze di polizia e le forze armate, ma negli “ingaggi” che si hanno giornalmente con le autorità locali ci sono anche questo tipo di mansioni. “Il riscontro è positivo, perché avendo trovato negli anni un rapporto di fiducia reciproca e stima nei nostri confronti da parte delle istituzioni locali, ci si confronta e si cerca di colmare quelli che sono i gap riscontrati”.
Addestramento e Omnia Operation
“Come è noto, la nostra missione è di tipo addestrativo, di consulenza ed assistenza alle forze armate afghane al fine di renderle autosufficienti. Dopo uno studio della missione e un training apposito sulle attività da svolgere, siamo arrivati in Afghanistan con un’idea che abbiamo trasformato in un progetto, sto parlando della Omnia Operation, un’attività che vuol dare futuribilità a quelle che sono le capacità delle forze armate afghane”, spiega il tenente colonnello Giovanni Grisanti, Capo Cellula Addestramento del Train Advise and Assist Command West (TAAC W).
La Omnia Operation è un progetto targato brigata Pinerolo.
“È un’attività di training verso tutte le forze di sicurezza afghane, quindi sia verso la polizia che l’esercito, dove noi addestriamo sia in maniera collettiva a livello plotone o compagnia, sia a livello individuale. L’Omnia Operation è rivolta soprattutto agli istruttori, che sono in continuo incremento, per questo si lavora sul futuro delle forze armate afghane. Si addestrano gli istruttori, e si insegna loro ad insegnare e come farlo, perché si può conoscere benissimo una materia ma non avere la sufficiente capacità per poter trasmettere determinati contenuti e valori.
Il secondo nostro impegno per l’Omnia Operation è rivolta fondamentalmente alla leadership, quindi l’offerta formativa è verso i quadri, dal plotone alla compagnia. Si insegna loro ad emergere, a dare l’esempio per primi, ad essere da traino per i loro soldati che, in genere, non hanno lo stesso livello culturale, non tutti sanno leggere o scrivere. Nell’addestrare i quadri, la formazione è anche rivolta all’intero comparto e a ogni singola unità. Infine, formiamo anche gli staff, essenziali perché sono il braccio del comandante. Lo staff è essenziale affinché il soldato e le unità possano condurre le attività addestrative ed operative con efficienza ed efficacia: quindi, non fa altro che garantire l’autosostentamento e la capacità delle forze afghane. Proprio per questo motivo tendiamo a spingere su questi concetti”.
La Omnia, quindi, non è altro che un’integrazione di quel che viene già fatto nei Regional Training Center, non si va a sostituire ma aiuta i RTC a formare i cosiddetti T3, Train the Trainers, addestrare gli addestratori. Perché avendo addestratori capaci, addestrati e motivati, con una leadership forte alle spalle, si riescono a sopperire problematiche organizzative che nel tempo, ripetendo quella tipologia di addestramento, si risolvono.
“Tutte le attività addestrative di Omnia si svolgono in Camp Arena, perché vogliamo separarli dalla normale routine ricreando un ambiente “asettico”, cioè privo di problematiche logistiche o personali, per poterli addestrare al meglio e insegnare loro a lavorare tutti insieme, tante unità diverse che possono collaborare in un’unica direzione e sul territorio. Infine, stiamo dando un’impronta specifica e notevole ai corsi sanitari, su due livelli di offerta formativa: la prima, riguarda la parte operativa, l’unità combattente, quindi i corsi di primo soccorso, basici per poter intervenire su un ferito nel campo di battaglia, spiegati in maniera semplice ma importante per salvare la loro vita. La seconda è rivolta al personale medico e paramedico, formato e coadiuvato dai nostri medici del Role 2 che provengono dal Policlinico militare del Celio di Roma”.
Operation Coordination Centre Regional Advisor Team
“Come advisor collaboriamo con le forze armate afghane (Afghan National Defense Security Forces-ANDSF), Esercito e la nuova Aeronautica afghana, che dispone di un centinaio di velivoli tra ala fissa e rotante, ANP, ABF, ANCOF. Essenzialmente, il nostro lavoro di advisor fa in modo che ci sia una diversa concezione di training, di assistenza e di consulenza. In estrema sintesi, si è passati dal concetto Security Force Assistance (SFA) di ISAF, Unit Based, al nuovo Functionally Based SFA, incentrato sulle relazioni tra unità/comandi/enti. Quindi, nel momento in cui ci si accorge che nelle loro operazioni ci sono dei gap di conoscenza o qualche problema che potrebbe poi verificarsi in seguito, ecco che il ruolo dell’advisor è quello di consigliare i comandanti in ogni aspetto della pianificazione, per proporre soluzioni volte a colmare i gap capacitivi individuati”. Il tenente colonnello Nicola Germinario, senior advisor dell’Operation Coordination Centre Regional Advisor Team, spiega come è cambiato il modo di lavorare con le forze afghane.
“Per quanto riguarda invece la mia branca, l’Operation Coordination Centre Regional, OCCR, questa sarà interessata per le prossime elezioni parlamentari del 20 Ottobre e il suo compito sarà quello di assistere i colleghi afghani nel fornire una situazione operativa che permetterà ai loro comandanti, ai vari livelli, di prendere le decisioni adeguate per affrontare problematiche che potrebbero verificarsi in quel giorno. Stiamo lavorando, da tempo, perché tutto possa procedere per il verso giusto e che i comandanti siano a conoscenza di quali sono le loro forze sul campo e possano prendere un’immediata decisione in caso di problemi.
Ovviamente, le forze di sicurezza afghane sono autonome, noi siamo al loro fianco per assisterli nel prendere le decisioni adeguate e tempestive in caso di minaccia.
Consideri che il livello di successi delle forze afghane sono di rilievo, basti pensare all’ultima operazione importante che si è svolta a Farah, dove i militari italiani si sono schierati a circa 200 chilometri dalla base di Herat in un Expeditionary Advisory Package, EAP, (un 'pacchetto' di forze in grado di garantire l’intervento a 'domicilio', per un periodo di tempo superiore alle ventiquattrore) e dove le forze di sicurezza afghane hanno ricevuto espressa richiesta dalle autorità locali per il contrasto alle forze antigovernative nell’area. Quindi, si lavora spalla a spalla con i partner afghani per raggiungere insieme l’obiettivo. E posso assicurarle che gli obiettivi sono stati raggiunti e riconosciuti sia dal generale Nicholson, sia da tutto il personale della coalizione”.
Percezione della sicurezza e Police Advisor Team dell’Arma dei carabinieri…
“Volendo effettuare un rapido excursus su quella che è la percezione della sicurezza nella nostra regione di competenza, sicuramente fino a oggi l’Italia ha condotto il suo compito secondo quanto stabilito in ambito internazionale e, ovviamente, sempre in sinergia con le autorità locali. L’insorgenza in Afghanistan è presente, non si sconfigge in tempi brevi. Anche perché, come tutti sappiamo, è in atto una trasformazione che va ben oltre quelli che sono i semplici aspetti di sicurezza.”. Il capitano dell’Arma dei carabinieri Christian Tonetti, del Police Advisor Team, ci spiega la situazione della percezione della sicurezza in Afghanistan, tra i progressi indubbiamente raggiunti e la tanta strada ancora da percorrere.
“I progressi fatti dall’Afghanistan vanno valutati in rapporto a quella che era la situazione socio politica nel 2002 dove però dobbiamo ricordarci che al potere c’erano i talebani Un esempio possiamo dedurlo dalle ultime elezioni che ci sono state, effettuate in autonomia e senza grossi problemi dal punto di vista della sicurezza pubblica. Quindi, possiamo affermare che l’Afghanistan non è ancora pacificato, resta un teatro instabile e di conflitto nel quale però gli attori sono ancora tutti locali anche se, come tutti sappiamo, accanto ai talebani ci sono componenti estremiste provenienti da altri Paesi. Non dobbiamo nemmeno dimenticare la minaccia incombente del Daesh.
Per quanto detto finora, sulla base di una valutazione attenta della situazione fatta insieme ai nostri partners della NATO, si è deciso di proseguire con l’addestramento e l’assistenza delle forze di sicurezza afghane per migliorare le loro capacità operative. Per quanto concerne l’Afghan National Police, dei quali siamo gli advisor diretti, possiamo dire che questo è stato possibile grazie all’Arma dei carabinieri che, in questo teatro, a detta di tutti sono considerati tra i migliori advisor di polizia, per gli alti profili di professionalità e una pregressa esperienza in altri teatri prima di venire qui (in Iraq, ad esempio, per quanto riguarda me…). Oltre agli impegni prettamente militari dell’Arma dei Carabinieri, di polizia militare in supporto alle altre forze armate, ci sono anche quelli dell’osservazione del rispetto dei diritti umani, dell’addestramento, supervisione e consulenza per la ricostruzione delle forze di polizia. E dobbiamo anche evidenziare il fatto che il livello di sicurezza nella regione ovest, grazie all’operato del contingente italiano, risulta essere superiore alle altre regioni, basti pensare che da una verifica del territorio, oltre l’84% della popolazione è sotto il controllo delle istituzioni governative. È, come si può immaginare, il risultato tangibile dell’impegno dei militari italiani che si sono alternati in Afghanistan dal 2002 ad oggi”.
(foto: U.S. Air Force / Nato / ISAF / Resolute Support)