Colloquio Obama-Putin: Siria e Ucraina, crisi in parallelo

(di Giampiero Venturi)
19/04/16

Vladimir Putin e Barack Obama hanno avuto un colloquio telefonico confrontandosi su due temi paralleli: Siria e Ucraina. È la prima volta in un confronto diretto che i due scenari vengono discussi sullo stesso tavolo in termini operativi e che se ne dà notizia pubblicamente.

Ufficialmente l’oggetto della conversazione è stato il mantenimento del cessate il fuoco entrato in vigore in Siria il 27 febbraio ma l’alone del colloquio si è allargato ben oltre.

Gli interessi russi e americani in Siria, checché se ne dica, non coincidono. Come rivelato dal parlamentare conservatore inglese Davis di ritorno da una recente intervista al presidente Assad, il piano di Putin per la Siria discusso a Mosca in ottobre, prevede un appoggio duraturo al governo di Damasco. La sconfitta dello Stato Islamico è il primo obiettivo strategico; un accordo tra Assad e opposizione interna nei limiti in cui Damasco sarà disposta ad accettarla, ne sarebbe il corollario politico.

L’annuncio del ritiro del contingente russo a marzo sarebbe stata in questo senso una mossa diplomatica, una sorta di dichiarazione di buone intenzioni dato alla comunità internazionale. In concreto più che un ritiro si è assistito a una rotazione di mezzi e ad un maggiore dispiegamento di elicotteri. Lo proverebbe il contributo aereo decisivo per le vittorie a Palmira e a Qaryatayn.

Dal canto suo gli USA hanno ormai tutto l’interesse a liberarsi di ogni collusione con i fronti ribelli cosiddetti moderati. La defenestrazione armata di Assad sembra ormai fallita e l’obiettivo di una via d’uscita indolore dal vespaio siriano appare quello per il momento più a portata di mano.

Come si connette allora la crisi in Medio Oriente con quella in Ucraina?

Un cessate il fuoco seguito agli Accordi di Minsk del febbraio 2015 esiste anche nel Donbass. Mentre scriviamo però, alla periferia di Donetsk si continua a sparare. L’esercito regolare di Kiev e le milizie separatiste filorusse continuano a violare la tregua in modo sistematico e quotidiano con l’uso di artiglieria e di mezzi corazzati pesanti che in base agli accordi dovrebbero essere lontani dalla linea di contatto dei due fronti. La guerra strisciante non è mai finita e nonostante da più di un anno l’Ucraina sia scomparsa dai titoli dei giornali, lo stato dell’arte è ormai questo: l’est del Paase è separato e con l’aiuto di Mosca, di fatto indipendente da Kiev. 

Il presidente Obama avrebbe chiesto a Putin di impegnarsi affinché le armi tacciano, ma è presumibile che il tono della richiesta sia stato diverso da quelli usati nel 2014. Dopo l’incorporamento della Crimea alla Federazione russa di due anni fa e l’inizio dei combattimenti, la percezione collettiva aiutata dal circuito mediatico di massa poneva Kiev sul piano delle vittime e i separatisti su quello degli aggressori. Anche se solo su sotto un profilo emotivo, si ha la sensazione che oggi sia più difficile continuare su questa linea.

I vantaggi indubbi conseguiti sul campo contro lo Stato Islamico in Siria hanno reso Mosca più popolare in termini di opinione pubblica globale o comunque meno facile da colpire con anatemi morali. Quando l’intervento russo in Siria era ancora agli inizi su questa rubrica avevamo previsto che il coinvolgimento in Siria di Mosca avrebbe avuto ritorni politici consistenti. La non reazione russa all’abbattimento turco del Sukhoi a novembre faceva parte di questo percorso che ora con buona evidenza mostra i suoi frutti.

Una ricaduta della crisi nel Donbass non è probabilmente negli interessi di Mosca, ma il consolidamento di una status quo, fino a ieri considerato inaccettabile da tutti è già un traguardo.

La telefonata tra i due presidenti è un segnale comunque positivo. Benché l’amministrazione Obama sia agli sgoccioli e l’America si prepari ad un cambio decisivo e ad un restyling della propria politica estera, mostrare che fra Washington e  Mosca si parli ancora, è un dato estremamente importante. Soprattutto nel clima da Guerra fredda rimesso a lucido con gli incroci militari NATO e russi verificati tra Atlantico, Baltico, Mediterraneo orientale e Mar Nero.

(foto apertura: Giorgio Bianchi)