Doping e Guerra Fredda. Russia sotto attacco?

(di Giampiero Venturi)
14/11/15

La Russia sotto attacco politico e mediatico. Non è una sindrome ma un sospetto. L’attacco viene da lontano.

Andiamo per ordine.

La rinascita delle velleità imperiali di Mosca nel nuovo millennio non vanno scisse dall’influenza della Chiesa Ortodossa nella politica del Cremlino. In un rapporto di assistenza reciproca Chiesa e politica si sono consolidate a vicenda, tessendo la base dell’attuale sistema di potere.

Cosa rappresenti oggi la Federazione Russia è stato già trattato ampiamente su questa rubrica.

Per meglio capire quanto conti questo aspetto nell’attuale collocazione geopolitica della Russia di Putin, è bene inquadrare gli obiettivi diretti e indiretti dei suoi frequenti riferimenti alla cristianità e alla difesa di valori tradizionali:

  • distinguersi dalla società occidentale (soprattutto europea) ormai ostaggio di una laicità travasata in laicismo esasperato;
  • l'autodefinirsi ultimo presidio dell’identità e della fede (benché ortodossa) a fronte dell’accerchiamento di culture non cristiane motivate e sul piede di guerra. La guerra all'Islam radicale rientra in questo orizzonte. 

Tra i contenuti che la presidenza Putin a braccetto con la Chiesa porta con sé, c’è senza dubbio la difesa della famiglia tradizionale, con inevitabili scelte controtendenza rispetto al pensiero unico globale sul fronte delle unioni, delle adozioni e di più generici diritti per il mondo omosessuale.

La febbricitante ossessione con cui il tema è stato trattato nell’ultimo decennio in Occidente ha portato a una contrapposizione da Guerra Fredda anche sul campo dei cosiddetti diritti civili. La prima occasione per manifestare l’attrito è stato il tentativo di boicottare i Giochi invernali di Sochi del 2014.

Sport come arma politica? Pensando alle Olimpiadi di Mosca del 1980 e a quelle di Los Angeles del 1984, non diciamo niente di nuovo.

Gli esempi di oggi fioccano però secondo una cadenza curiosa. Lo scandalo corruzione interno alla FIFA esploso nel 2015 ha coinvolto improvvisamente sacche di potere finora ritenute inattaccabili. La rimozione di Blatter, terremoto politico assoluto, ha finito così per toccare i Mondiali in Russia del 2018, prossima rassegna iridata del dio palla.

Oggi si parla della World Anti Doping Agency che mette il naso nell’atletica russa, fresca di primato ai Mondiali del 2013 sugli americani, rivali di sempre. Lo scandalo si allarga fino a coinvolgere vertici politici e a macchiare l’immagine del Paese di cui lo sport è vetrina.

Anche peccando d’ingenuità sarebbe sciocco chiudere gli occhi sull’uso di sostanze dopanti di cui per decenni si è fatto largo impiego nel blocco ex sovietico. Anche se i Lander della ex DDR oggi non producono mazzi di medaglie d’oro, non è difficile intuire che in molti laboratori politico-sportivi dell’Est certe abitudini siano difficili a morire, soprattutto in ragione del prestigio mediatico che lo sport adduce ai sistemi di riferimento.

Rimane però il dubbio sul tempismo.

Che la FIFA non sia una congrega di filantropi è cosa risaputa da quando l’uomo ha inventato il pallone; il marcio però è emerso solo ora a ridosso dei Mondiali del 2018.  Che in atletica (e non solo) i farmacisti siano importanti almeno quanto le scarpe da ginnastica, lo sanno anche i pediatri. Perché questi rilievi avvengano proprio ora però è una domanda legittima.

Secondo il ministro dello Sport russo Vitali Mutko, la IAFF (la Federatletica mondiale) avrebbe nascosto dal 2008 i risultati di 155 test antidoping di cui solo 15 a carico di atleti connazionali.

Il passo triplo, Sochi-Mondiali-Doping nell’arco di due anni insomma, è quanto meno sospetto. La Russia e la sua immagine sono sotto attacco?

Quando rientreranno gli scandali e quali siano le conseguenze sul piano sportivo ed economico non è dato saperlo. È facile viceversa immaginare il danno d’immagine alla Russia nell’iconografia collettiva. Lo sport e la geopolitica vanno di pari passo dai tempi della battaglia di Maratona del resto…

Nella società globale le rogne non sempre si riescono a nascondere. Nell’apparente democrazia della società multimediale viceversa è molto facile indirizzarle.

(foto: Tass/Wada)