Lo splendido isolamento della Finlandia vacilla, ma la strada da prendere è ancora incerta.
Unica nazione non scandinava del “blocco nordico”, ha fatto un vanto della sua originalità etnica, culturale e linguistica. La cosa ha avuto il suo peso anche in geopolitica. Nella Storia militare la Finlandia si è messa spesso di traverso rispetto alla storiografia politicamente corretta: tra il ‘39 e il ’44, nella Guerra d’Inverno prima e in quella di Continuazione poi, i finlandesi hanno combattuto l’Armata Rossa, distinguendosi in senso assoluto come soldati e come patrioti.
Questo ruolo ha avuto continuità con la neutralità del Secondo dopo guerra che sull’esempio svedese ha visto Helsinki rimanere fuori dalla NATO. Pur identificando nell’URSS e nei russi in particolare il nemico per eccellenza, la strada dell’isolamento è stata preferita a ogni cartello militare vincolante. Come altri Paesi nordici, la Finlandia ha maturato le sue notevoli capacità di difesa sul modello del “riservismo”: un blocco permanente professionale e snello da un lato, un’intera nazione di riservisti pronti a mobilitarsi dall’altro. Inutile dire che il modello funziona laddove l’attaccamento alla terra e il senso d’identità siano molto radicati. Inutile dire pure che in tempo di pace, ci si fa poco caso.
Gli scenari strategici però cambiano. Ecco che nell’estate del 2015 900.000 riservisti ricevono via posta il vademecum del Ministero della Difesa con le indicazioni di mobilitazione in caso di guerra. L’allarme parte da est, come avviene da secoli per la Finlandia. I Servizi finlandesi da anni monitorano la capacità offensiva di Mosca sul fronte della Carelia, memori del fatto che dopo l’Ucraina la Finlandia è il Paese europeo con la frontiera russa più lunga (1300 km).
È stato il parallelismo con Kiev a far scattare i pruriti nello Stato Maggiore del Maavoimat? Cosa bolle in pentola?
Riluttante a entrare nella UE (1995) ma tra i primi a entrare nell’euro (1999) la Finlandia ha rapidamente accelerato la sua trasformazione da nazione “diversa” a membro di una comunità. Se negli anni ’60 partecipava ai lavori dei Paesi non allineati, negli ultimi tempi si è parlato fortemente di un ingresso nella NATO. La campagna acquisti che l’Alleanza ha messo in atto nell’ultimo ventennio ad Helsinki è stata presa in considerazione seriamente, soprattutto alla luce del cambio di marcia che le Forze Armate russe hanno fatto a partire dal 2007.
L’abolizione delle Divisioni (tranne che nei parà) e la riduzione della catena di comando (oggi articolata su tre enti: Distretto, Armata, Brigata) ha mostrato soprattutto nella crisi in Ucraina una velocità di spostamento notevole delle truppe di Mosca, anche di reparti “pesanti”. L’ammodernamento, il potenziamento e la nuova intraprendenza del Cremlino in politica estera hanno fatto il resto: in Finlandia anche se i bolscevichi sono sepolti dalla Storia, la “sindrome russa” c’è ancora.
È quanto sostenuto dal colonnello Vallinmaa, ex capo della SuPo, i Servizi di Helsinki, che in un’intervista al Hufvudstadsbladet prende in considerazione i rapporti spesso controversi tra i due Paesi.
Già nel 2012 Mosca si era ferocemente opposta alla ventilata ipotesi d’ingresso della Finlandia nel Patto Atlantico. Se ne parlasse ancora oggi, il Cremlino prenderebbe provvedimenti. Putin nel 2015 in questo senso ha messo le mani avanti, dichiarando “minaccia reale” il continuo potenziamento della NATO verso est. Anche in occasione dell’invito fatto da Stoltenberg al Montenegro (vedi articolo), le parole al riguardo sono state molto decise.
Cosa farà allora la Finlandia?
Per ora i Comandi Est (Mikkeli) e Nord (Oulu) rimangono i più robusti dei quattro territoriali dell’esercito (a Mikkeli c’è anche il Comando Sud). La Marina intensifica il pattugliamento dopo l’incidente col sottomarino russo dell’aprile 2015 nella baia di Helsinki. La Suomen Ilmavoimat (aeronautica) continua ad intercettare jet russi ai confini del proprio spazio aereo.
Ma la politica intanto gioca nell’ombra. Helsinki al pari di altri Paesi già membri dell’Alleanza tiene molto ai rapporti di buon vicinato con Mosca. Sotto certi aspetti ci è costretta. Come insegnano i “cugini etnici” ungheresi, si può tranquillamente tenere il piede su due staffe. Anche perché Finlandia e Occidente liberista hanno poco in comune. L’ingresso nella NATO, beghe con la Russia a parte, sarebbe un ulteriore appiattimento di una cultura che odora di tutto fuorché di atlantico.
(Foto: Maavoimat)