Il 21 marzo del 2015 senza disturbi mediatici, l’Italia ha firmato a Caen un accordo di revisione dei confini marittimi con la Francia. All’incontro hanno partecipato il Ministro della Difesa Pinotti quello francese Le Drian e i Ministri degli Affari Esteri Gentiloni e Fabius.
L’accordo, frutto di un negoziato iniziato nel 2006 e terminato nel 2012, viene giustificato dal Ministero del Esteri come
“…necessario al fine di definire i confini marittimi alla luce delle norme della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982, che supera la Convenzione per la delimitazione delle zone di pesca nella baia di Mentone del 18 giugno 1892, convenzione che ha valore consuetudinario, in quanto applicata e mai ratificata, ai fini di colmare un vuoto giuridico… “
Al cosiddetto vuoto giuridico si è sommato quello dell’informazione. A nessuno (o forse a pochi intimi…) è stato detto che l’Italia con l’accordo di Caen di fatto rinuncia ad alcune porzioni di mare. La sottrazione di sovranità riguarderebbe sia il Mar Ligure, sia il mare compreso tra il nord della Sardegna e l’Arcipelago Toscano.
Il fatto è passato assolutamente sotto traccia fino al 13 gennaio quando il peschereccio italiano “Mina” è stato posto in stato di fermo dalla Gendarmerie Maritime francese e scortato nel porto di Nizza, da cui sarebbe uscito previo pagamento di cauzione (circa 8000 euro).
L’Italia, che brilla per numero di pescherecci sequestrati dai Paesi confinanti, nella speciale lista inserisce così anche la civilissima Francia che quando si tratta di tutelare i propri interessi non prende lezioni da nessuno.
I giornali corsi (Corsicaoggi) dichiarano che il trattato di Caen contempli una sorta di scambio territoriale per cui l’Italia cede la cosiddetta “Fossa del cimitero” nelle acque di Ospedaletti in provincia di Imperia e otterrebbe in cambio alcune secche tra Capraia, l’Elba e la Corsica.
Non sappiamo se la rinuncia alla “Fossa del cimitero” sia stata fatta per questioni scaramantiche, sappiamo però che è un braccio di mare molto pescoso, in modo particolare di gamberoni rossi e la sua cessione avrebbe scatenato polemiche in Liguria per i cospicui danni alle marinerie locali.
L’accordo però non sarebbe ancora stato ratificato (in Italia per Costituzione spetta al Parlamento); anzi non sarebbe stata preparata nemmeno la legge di ratifica necessaria per l’atto finale. In Italia nessuno sa dell’accordo, né dei motivi che lo hanno motivato, né della mancata ratifica. In Francia invece a quanto pare sanno tutto, tranne che della mancata ratifica tant’è che la Gendarmerie Maritime si muove di conseguenza.
Al di là dell’oggetto in sé su cui regna il mistero più oscuro, ci si chiede come mai i confini del nostro Paese cambino senza che i cittadini ne siano sufficientemente informati. Alla domanda sul motivo per cui sia stato firmato il trattato poi non sembra dare soddisfacente risposta la necessità di colmare un vuoto giuridico.
Mentre la Gendarmeria francese con strafottenza tutta transalpina si muove in difesa di un diritto non acquisito (la Francia ha poi riconosciuto l'errore), la nostra Guardia Costiera viene tenuta fuori dalla contesa per evitare di esercitarne uno sacrosanto.
Il ministro Gentiloni avrebbe addirittura evitato di intervenire personalmente su quello che è un vero e proprio caso diplomatico.
Ne approfittiamo per sottolineare l'aspetto politico e non giuridico della questione. Ben oltre la disquisizione sui metri cubi di mare coinvolto, sulla sua pescosità e sugli aspetti legati al diritto e alla ratifica del trattato, riflettiamo sullo stile e sull'opportunità dello stesso. La scelta delle modalità con cui tutta la vicenda (non) è stata comunicata ricordano indirizzi politici in sordina, non degni di un Paese come l'Italia.
Ci si chiede ancora a cosa serva l’Unione Europea che quando parla di diritti e libertà di movimento evidentemente si riferisce solo a quelli degli altri.
Ci si chiede però soprattutto se esista ancora una sovranità italiana, in considerazione del fatto che le istituzioni non riescono ad essere credibili nemmeno nella difesa del gamberone.
(Foto: web)