Il Montenegro è un Paese controverso. Lembo estremo della ex Jugoslavia, è l’ultima colonna slava verso sud. Cugino fedele della Serbia testarda, ne ha condiviso le sorti come ultimo attore di una federazione già morta nel ’91. Mentre le ambizioni frustrate di Belgrado appassivano trascinando la piccola repubblica con i sogni panslavi, il mondo intanto cambiava.
Un Paese antico e giovane allo stesso tempo: da una parte i resti montanari del socialismo, dall’altra le luci della ribalta del denaro facile e di investimenti da capogiro.
Il Montenegro si è reso indipendente dalla confederazione con la Serbia dal 2006 ma è riuscito a rimanere col piede su due staffe: l’euro importato dall’Ovest che ha sostituito il dinaro jugoslavo e circola senza che ci sia una banca centrale; il retaggio slavo dell’Est che lo vuole cugino stretto dei serbi e quindi amico fraterno dei russi.
Girando per Budva, la Las Vegas dell’Adriatico, la metà delle auto sono targate Serbia o Russia. Il Monastero di Ostrog è meta di pellegrinaggio da tutto l’Est. Proprio lì si dice sia stato protetto a lungo Karadzic, l’ex leader dei serbi di Bosnia… Mentre sulla costa si usa l’alfabeto latino, oltre le montagne verso il fiume Tara è rimasto in uso il cirillico.
Il Montenegro è strano: un presidio ortodosso in pieno Mediterraneo incuneato tra Albania e Croazia.
I russi lo sanno e hanno investito a Podgorica miliardi di euro. Il fatto è strategico se si pensa che a ovest di Cipro altri sbocchi di Mosca sul Mare Nostrum non ce ne sono. Dall’Istria a Dubrovnik, tutta la costa dell’ex Jugoslavia batte ormai bandiera NATO. Con l’ingresso dell’Albania del 2009, la partita è stata chiusa anche a sud.
Quando in Jugoslavia c’era il socialismo personale di Tito, il grande fratello russo era fuori dai giochi. La rinascita di una Grande Serbia poteva essere l’ultimo colpo di coda per inserirsi dopo lo strappo del 1948. Ma l’idea è durata un attimo. Con la separazione del 2006 la Serbia ha perso lo sbocco al mare e la marina militare (la quasi totalità della ex Jugoslavenska ratna mornarica, la Marina Militare della Jugoslavia) è passata al Montenegro.
Una grande flotta durata un giorno. L’arsenale di Tivat nelle Bocche di Cattaro è stato venduto a un miliardario canadese e trasformato in approdo di lusso. 3 delle 4 Fregate sono state vendute all’estero (Egitto e Sri lanka). Stessa sorte per motovedette lanciamissili e cannoniere. I sogni slavi della rinascita di una Marina militare sull’Adriatico sono naufragati definitivamente con i sottomarini. Questo prima era un Paese costruttore, ora li ha smobilitati tutti.
Il passato tra nostalgie e sogni di gloria chiude i battenti ma la NATO incombe. Fra turismo e rinascita le sirene dell’Occidente suonano sempre più forte e l’invito a entrare nell’Alleanza è arrivato ufficialmente. Se ne parlava dal 2006, era nell’aria.
Con l’inclusione del Montenegro la NATO metterebbe un'altra tessera del mosaico balcanico. L’offensiva politica ha radici lontane e si è sviluppata in due fasi distinte:
- La prima fu decisa nel luglio del ’91 all’indomani dello scioglimento del Patto di Varsavia. Tutti i Paesi rimasti sotto l’influenza sovietica entrarono con due ondate diverse: Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca nel 1999 (i Paesi storicamente più ostili al comunismo); Romania, Bulgaria, Slovenia e Slovacchia nel 2004.
- La seconda fase riguarda l'eredità delle guerre jugoslave che se ha coinvolto senza sorprese la Croazia nel 2009, ha riguardato anche l’Albania e la “colonizzazione” de facto del Kosovo strappato alla Serbia.
Un’offensiva diplomatica senza precedenti. Bruciante, asfissiante. In meno di 10 anni sono stati ribaltati gli equilibri di mezzo secolo.
Ma cosa sarà del Montenegro? Un pezzo di terra che vale più di quanto è piccolo, rimane conteso tra due mondi in eterno contrasto.
Il premier montenegrino Djukanovic dopo l'invito della Nato ha parlato di "giornata storica" per la Repubblica ma la Russia non starà a guardare.
L’allargamento verso Est dell’Alleanza è iniziato con la caduta del Muro di Berlino nell’89 e non si è più fermato. Se fino a metà anni 2000 la risposta di Mosca era un risentimento vago (nel 2004 tollerò addirittura l’ingresso nella NATO delle ex repubbliche sovietiche Lettonia, Lituania ed Estonia) ora che l’“Impero” è rinato, gli interessi geopolitici nel blocco euroasiatico stridono con la continua espansione atlantica. Non ha un valore solo militare, ma soprattutto politico. Nel caso degli slavi del Montenegro (la gente mediamente più alta del mondo) anche identitario.
Il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha parlato di “ritorsioni russe per questioni di sicurezza” con un linguaggio da Seconda Guerra Fredda.
Come s’incastrerà questa ultima tessera nei nuovi assetti continentali e globali è tutto da vedere. In Siria, Ucraina e in Libia (la cui recrudescenza è prossima) ci sono in corso contemporaneamente altre 3 partite e la carta Montenegro ha un suo valore.
(foto: autore/Tass)