Russia e Iran. Il "nuovo" asse prende il largo.

(di Giampiero Venturi)
19/10/15

La discussione se il Caspio sia effettivamente un mare o un lago, può sembrare stupida. In realtà non lo è affatto. I laghi sono disciplinati dal Diritto Internazionale come acque interne e consentono due cose: escludere il diritto di passaggio inoffensivo di navi di Paesi stranieri; rendere lo sfruttamento delle risorse esclusivo dei Paesi costieri.

La convinzione russa che il Caspio, alla faccia della sua salinità, sia un lago e non un mare, va proprio in questa direzione. Sulla sua superficie intanto, le manovre congiunte fra la marina russa e quella iraniana cambiano gli assetti della geopolitica euroasiatica. Avviene in questi giorni nemmeno troppo in sordina e il processo non sembra casuale.

Andiamo con ordine.

Da alcuni anni la IRIN (Islamic Republic of Iran Navy) e la IRGCN (Islamic Revolutionary Guards Corps Navy) giocano un ruolo importante nello sviluppo della capacità strategica dell’Iran su scala non solo regionale. Se negli anni ’80 l’attività navale si limitava al Golfo Persico con l’occupazione delle isole Tunb rivendicate dagli Emirati Arabi (lo sono ancora oggi), alle scorribande dei barchini di pasdaran e alla continua minaccia di blocco dello Stretto di Hormuz, il fermento registrato nel Mar Caspio negli ultimi mesi, lascia intuire un pensiero strategico. Consapevole del suo ruolo in un’area cruciale per gli equilibri politici dell’intero globo, Teheran si muove.

Il varo nel 2013 della fregata Damavand (Jamaran 2) proprio a Bandar-e Anzali nel Mar Caspio sotto questo profilo è stato molto significativo. Col supporto di Russia e Cina l’Iran è riuscito a implementare il proprio arsenale “fai da te” coniugando l’appoggio dei partner stranieri all’esperienza pluridecennale di autarchia militare e industriale a cui è stato costretto dalla nascita della Repubblica in poi. 

Al di là dell’orgoglio nazionale, il nuovo “fronte” sul Caspio però non sembra casuale. Sotto la copertura della difesa dell’area marittima legata agli idrocarburi e all’industria del caviale, Teheran in realtà sta mettendo a punto un intero riassetto delle proprie capacità navali, determinanti per rendere operative le mai celate ambizioni politiche internazionali. Se l’interscambio con la Cina, pur contraddistinto da importanti contenuti militari, rimane per Pechino un processo essenzialmente economico (i cinesi sono assetati di greggio persiano), l’intreccio con Mosca ha una valenza molto più profonda. Alla marina russa l’Iran fornisce l’appoggio nella base di Bandar Abbas, porta del Golfo Persico e spina nel fianco da quarant’anni per le marine commerciali (e militari) di tutto l’Occidente. Lo scalo è fondamentale per i trasferimenti russi dalle basi del Pacifico ai porti del Mediterraneo, in particolare quelli di Tartus e Latakia in Siria. La possibilità di aggirare il Bosforo occupato dai turchi e ovviamente il Circolo Polare, rappresenta per i russi un obiettivo di portata millenaria.

Il riordino navale di Teheran rientra quindi in una visione strategica congiunta di lungo periodo. L’intensità dei rapporti tra Iran e Russia ne sono la dimostrazione. Le due diplomazie godevano di  corsie preferenziali già ai tempi dell’URSS; oggi che il comunismo russo è tramontato e la teocrazia persiana si è ammorbidita, l’occasione di dare una spallata alla traballante politica estera americana in Medioriente è diventata più che mai ghiotta.

Le manovre congiunte nel Mar Caspio fra iraniani e russi ribadiscono un concetto già sbandierato lo scorso 7 ottobre col lancio di missili superficie-superficie russi verso obiettivi in Siria. Se Mosca ha dimostrato capacità balistiche con un naviglio di tonnellaggio inferiore rispetto alle già conosciute fregate Gepard (le corvette Buyan), lo sviluppo iraniano di una marina snella ma tecnologicamente evoluta, può essere fonte di ulteriore preoccupazione per le strategie geopolitiche americane nel blocco euroasiatico.

Che il Mar Caspio sia un lago o un mare in fondo, non fa molta differenza. Quel che conta è chi ne abbia il controllo. Fatta salva la costa azera, l’asse Russia-Iran monopolizza l’intera area. Il Turkmenistan ha bisogno dell’Iran per costruire gasdotti verso est che non passino attraverso Afghanistan e Pakistan; il Kazakistan rientra a tutti gli effetti nella sfera d’influenza della Russia con cui condivide tra l’altro anche accordi di unione doganale.

È di tutta evidenza quindi che dall’Asia centrale alle coste dell’Oceano Indiano l'asse politico militare russo-iraniano sia in forte crescita. Non nuovo dal punto di vista “ideologico”, appare invece a dir poco interessante alla luce dell’attuale situazione in Medio Oriente e della scarsa flessibilità decisionale dimostrata più volte dalle potenze o ex potenze occidentali.

Tra il Caspio e il Golfo Persico, non resta che attendere.

 

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(foto: Военно-Морской Флот Российской Федерации/Irna)