L’International Syria Support Group formato da rappresentanti di Nazioni Unite, Stati Uniti, Russia, Unione Europea, Lega Araba, Cina, Egitto, Francia, Germania, Gran Bretagna, Iran, Iraq, Italia, Giordania, Libano, Organizzazione per la Cooperazione Islamica, Oman, Qatar, Arabia Saudita, Turchia, Emirati Arabi ha annunciato oggi a Monaco il raggiungimento di un accordo sulla Siria.
Più che un accordo, nella sostanza si tratta di una convergenza d’intenti: aiuti umanitari da subito per le popolazioni dilaniate dal conflitto e un cessate il fuoco (non menzionato ufficialmente) entro una settimana.
Il prodotto finale in realtà nasconde una scissione profonda all’interno dei soggetti che hanno preso parte ai lavori: come è ormai noto da mesi, da una parte c’è la Russia che difende gli interessi di Damasco assente a Monaco; dall’altra il fronte variegato delle opposizioni alimentate dal cartello sunnita formato da Arabia Saudita, Turchia, Qatar ed Emirati, a loro volta confortati dagli Stati Uniti.
Dietro la cortina dei diritti umani si cela una partita geopolitica di portata non solo regionale. Gli USA e la Turchia premono per un cessate il fuoco reale quanto più rapido possibile per evitare ulteriori progressi dell’operazione di riconquista delle Forze Armate siriane dei territori strappati dalle fronde islamiste e dai disertori del Free Syrian Army tra il 2012 e il 2014. La Russia, impegnata nel sostegno politico e militare al governo di Damasco, preme viceversa per consolidare le posizioni di vantaggio raggiunte sul campo.
Non a caso sarebbe fresca la notizia da Ankara secondo cui Erdogan spingerebbe Washington per inserire nei futuri accordi l’istituzione di una No Fly Zone nel nord della Siria. La Turchia, in evidente imbarazzo internazionale per l’ormai conclamato sostegno militare ai terroristi di Al Nusra di etnia turcomanna (vedi reportage), cercherebbe così di congelare la raggiunta superiorità aerea ottenuta dai siriani con l’aiuto diretto e indiretto dei russi in una fascia di territorio che per tre anni ha potuto controllare più o meno liberamente.
La Turchia sarebbe ormai anche cosciente del fallimento del progetto di creare un’area cuscinetto al confine con la Siria da amministrare proprio con le popolazioni islamiche (e islamiste…) di origine turca. La “fascia protetta” avrebbe garantito una gestione dei profughi fuori dai propri confini e un ridimensionamento politico delle milizie curdo-siriane, determinante per la propria politica interna. Inutile aggiungere che la sottrazione territoriale a Damasco avrebbe avuto un significato geopolitico non indifferente nell’intera regione, con uno smacco evidente anche all’impegno pro siriano dell’Iran.
L’arma della minaccia profughi giocata da Erdogan contro l’Unione Europea sarebbe quindi la carta di riserva di Ankara, che dalle paure europee incasserebbe 3 miliardi di dollari. L’appiattimento di Bruxelles e delle singole cancellerie all’alzata di scudi turca, è un dato di enorme gravità su cui si sta parlando pochissimo.
Tornando all’accordo di Monaco, l’interpretazione nemmeno troppo sottile che intende dividere fra guerrafondai (Siria e Russia) e fautori della pace (il fronte sunnita) lascia quindi il tempo che trova. Gli stessi operatori, fra cui spicca Farah Atassi, membro dello High Negotiations Committee (dietro cui c’è l’ombra guarda caso dell'Arabia Saudita n.d.r.), fanno più confusione che chiarezza. Anche perché siamo ancora sul campo della teoria e i principali attori della guerra in Siria (governo e terroristi) non sono coinvolti nei lavori, per ovvie e comprensibili ragioni.
A questo proposito Difesa Online tiene a sottolineare che le notizie rimbalzate dalla quasi totalità dei media non sono provate direttamente sul terreno. I giornalisti accreditati dal governo siriano (fino a prova contraria l'unico ad averne il diritto sul proprio territorio) si contano sulle dita di una mano. Nella stragrande maggioranza dei casi, gli scoop non sono altro che copia-e-incolla di frammenti raccolti in giro e ripetuti secondo convenienza.
È bene quindi anche per quanto riguarda i diritti umani, andarci con i piedi di piombo. Siamo stati ad Aleppo quando altri ne ignoravano perfino l’esistenza e l’attuale overdose di notizie dalla seconda città siriana fronte caldo della rivincita dei governativi, ci fa rimanere quanto meno perplessi.
Alle 16 si riunisce a Ginevra una task force umanitaria che discuterà un piano ONU per un intervento di aiuti diretti alle popolazioni devastate da 5 anni di guerra. Se non si trasformasse in una bolla di sapone, potrebbe essere tra le poche notizie serie fra le tante frottole che si raccontano sulla Siria.
(Foto: القوات المسلحه السورية)