Notizie che giungono da fonti militari locali convergono tutte su un punto. Mentre il grosso dell’attenzione mediatica si concentra nell’area di Aleppo, altri due fronti nel settore centrale e orientale del Paese sembrano decisivi per capire quanto sarà ancora lunga la guerra.
Procediamo con ordine.
L’attenzione su Aleppo, o Halab come dicono gli arabi, ha rilievo per due fattori determinanti: da una parte i numeri, dall’altra l’occhio di osservatori internazionali che sulle dinamiche della battaglia in corso hanno acceso i riflettori.
Sull’importanza strategica, economica ma soprattutto psicologica del fronte di Aleppo abbiamo già detto. Il problema principale intorno a cui ruota l’accordo di cessate il fuoco di 48 ore proclamato dallo Stato Maggiore siriano è che la riconquista della seconda città siriana è ostacolata da centinaia di migliaia di abitanti, di fatto scudi umani delle milizie islamiste.
Se ne parla poco, anzi male, mettendo sullo stesso piano le azioni delle Forze Armate siriane con i bombardamenti deliberati dei terroristi su zone abitate. Le responsabilità islamiste dell’attacco all’ospedale di Al Dabbeet lo scorso 3 maggio sono state accertate, ma molti media occidentali, nel dubbio, rovistano nel torbido senza aiutare a capire chi stia massacrando chi e cosa.
Sempre martedì 3 maggio, miliziani di Al Nusra e Harakat Nouriddeen Al-Zinki (appoggiati logisticamente dalla Turchia) avrebbero tempestato il quartiere di Al Zhara con l’aiuto dell’Free Syrian Army, che pur rientrando nella lista dei cosiddetti ribelli “moderati”, per stessa ammissione del Dipartimento di Stato americano suo ex mentore, combatterebbe ormai apertamente al fianco degli islamisti sul fronte ovest di Aleppo.
Le difficoltà dell’esercito siriano visto il numero di civili coinvolti, avrebbe spinto Damasco ad accettare l’idea del cessate il fuoco, in modo da lasciare ai contatti fra Washington e Mosca una possibile via d’uscita non solo militare. Secondo i piani siriani, lo sforzo bellico rimarrebbe tuttavia lo strumento indispensabile per la riconquista di tutto il territorio nazionale. Sempre in questa settimana fonti militari locali parlano di un coinvolgimento dell’artiglieria russa giusto ad ovest di Aleppo. Sarebbe la prima volta di un’assistenza militare a terra di Mosca fuori dalle regioni di Latakia e Palmira.
La situazione è fluida ma si annunciano altri massacri. Se da una parte Assad concentra truppe intorno alla grande città del nord, dall’altra centinaia di miliziani continuano ad affluire dal confine turco secondo una logica bizzarra: molti gruppi jihadisti (Al Nusra e Al Zinki nel quadro di Aleppo) sono sostenuti dalla Turchia; d’altro canto miliziani ISIS si sarebbero scontrati più volte con l’esercito turco (il 3 maggio si parlava di 58 morti dopo un bombardamento turco al confine) alimentando la spaccatura sul fronte integralista. Stato Islamico da una parte, altri gruppi islamisti dall’altra.
Il dato potrebbe apparire come una fortuna per l’alleanza Siria-Russia-Iran-Hezbollah ma in realtà apre le porte a uno scenario confuso. In considerazione della posizione assunta dai curdi nelle ultime settimane sul settore nord est, allo stato attuale la Siria converge verso un frazionamento dei fronti: il rischio è una sorta di tutti contro tutti che porterebbe acqua al mulino di chi vuole un Paese nel caos, più frammentato e meno stabile possibile.
Maggiore chiarezza si ha sugli altri settori a cui si accennava in testa.
A inizio maggio intorno ai pozzi di gas di Al Shar nella regione a est di Homs è scattata la controffensiva ISIS contro le forze lealiste. Il rinnovato slancio del Califfato nasce da una minor quantità di territorio da controllare seguito alle sconfitte degli ultimi mesi e di una conseguente maggior capacità di concentrare truppe. Sul supporto allo Stato Islamico e alla sua capacità di ruotare uomini al fronte abbiamo già parlato su questa rubrica.
In queste ore sarebbe in corso la riconquista dell’esercito siriano di Al Shar che avrebbe distolto per l’occasione dall’avanzata verso Deir Ezzor il generale Al Hassan (con l’inseparabile mimetica rosa delle forze speciali siriane) e le sue Forze Tigre.
Proprio sulla direttrice di Deir Ezzor continua la marcia di avvicinamento da ovest delle forze siriane verso la città assediata. Finisse l’isolamento della città, per il Califfato sarebbe dura. Rimarrebbe saldo solo il Governatorato di Raqqa.
Il gioco fra stallo politico e il frazionamento delle alleanze che si complicano sul terreno darà frutti con ogni certezza prima dell’estate.
(foto: SAA)