Underwater e “grandi manovre” dell’Industria italiana della Difesa

(di Filippo Del Monte)
11/03/24

Spazio e underwater sono sempre più luoghi di conflittualità diffuse. L’incompleta conoscenza e le difficoltà di mappare geograficamente lo spazio e le profondità marine aumentano la competizione tra Stati e causano fenomeni sempre più diffusi di “commercializzazione” e di conseguente politicizzazione e militarizzazione di questi spazi.

Il sabotaggio ai cavi sottomarini di qualche giorno fa, legato alle dinamiche - più ampie - della crisi del Mar Rosso, con i problemi che ha causato, è un esempio di quanto oggi conti l’underwater anche in termini infrastrutturali. Ma già il sabotaggio del gasdotto North Stream 2 era stato un primo segnale dell’importanza assunta dalla tutela delle grandi infrastrutture energetiche e tecnologiche sottomarine.

In periodi di instabilità geopolitica, tutelare le proprie infrastrutture sottomarine diventa essenziale, tanto quanto garantire la libertà di navigazione in superficie. La centralità della dimensione sottomarina - che in quanto "global common", esattamente come le acque di superficie, è complessa da controllare ed è soggetta ad una anarchia competitiva di fondo - è stata spesso evidenziata dall'ammiraglio Enrico Credendino, capo di stato maggiore della Marina Militare, ma anche da parte consistente degli analisti, dell'accademia e dell'industria AD&S.

L’ammiraglio Credendino ha definito quella sottomarina come la “la nuova, vera, quinta dimensione fisica”, basata su leggi fisiche diverse dalla superficie del mare e che per essere controllata richiede lo sviluppo di tecnologie e strategie nuove.

E se l'underwater diventa - o torna, a seconda delle interpretazioni - una priorità nella postura geostrategica italiana, è chiaro che l'industria di settore debba e voglia restare al passo. Non a caso, l'amministratore delegato di Fincantieri, Pierroberto Folgiero, ha acceso i riflettori sul tema. Tra le iniziative di maggior peso condotte dal gigante triestino della cantieristica si contano l'acquisizione di Remazel, azienda specializzata nel top side equipment per sottomarini, l'adesione al Polo nazionale della dimensione subacquea, il ruolo nel programma Near future submarine della Marina Militare ed i memorandum con Leonardo per lo sviluppo di sistemi per la protezione delle infrastrutture sottomarine, C.A.B.I. Cattaneo e, in ambito civile, WSense.

Non è peregrina, dunque, l'insistenza con cui in questi giorni si parla - anche in considerazione del rinnovato spirito di collaborazione con Leonardo - dell'interesse di Fincantieri per la WASS (Whitehead Alenia Sistemi Subacquei), la specializzata in armamenti subacquei della Divisione Sistemi Difesa di Piazza Monte Grappa. Attualmente la WASS, produce siluri, sistemi di lancio, sistemi di contromisura antisiluro sia per navi che per sottomarini e sonar.

Il passaggio della WASS da Leonardo a Fincantieri sarebbe, in fondo, una strategia aziendale intelligente, da inserire nell’ambito di una distribuzione ottimale delle competenze tra società del settore Difesa.

In estrema sintesi, il cielo e la terra a Leonardo ed il mare a Fincantieri. Dal discorso sarebbe escluso il comparto delle armi e dei sistemi d'arma navali di superficie, che resterebbero in capo a Leonardo, con OTO Melara.

L'annuncio di una prossima acquisizione di una società d'armamenti da parte di Fincantieri ha spinto la WASS in testa alle "papabili" e sembra proprio essere la realtà più appetibile per il core business della società di Trieste.

Cosa di cui tener conto: anche in Italia si sta parlando con una certa insistenza dello sviluppo di droni sottomarini (UUV) per proteggere con maggiore capillarità e con costi minori le infrastrutture sottomarine strategiche. La discussione sul tema è aperta e foriera di sviluppi interessanti in chiave "dual use" e di sicurezza.