Potrebbe essere questo l’anno del primo attentato terroristico portato da un drone portatile, magari equipaggiato con una testata esplosiva? Potrebbe esserlo. Quasi certamente è un’ipotesi reale per una tecnologia fino a poco tempo fa di esclusiva pertinenza delle superpotenze mondiali.
Il punto è proprio questo: soltanto Usa, Russia e Cina, ad esempio, hanno le risorse per costruire sistemi a bassa osservabilità, ma letteralmente chiunque può acquistare un piccolo drone. Gli esempi, così come rilevato da DefenseTech, si sprecano. Switchblade ad esempio. Realizzato dalla AeroVironment Inc., Switchblade pesa meno di cinque chili. La sua propulsione elettrica lo rende pressoché silenzioso. Lanciato da un semplice cilindro, estende le ali ed ha un’autonomia di dieci minuti. E’ dotato di una telecamera a colori/infrarossi che consente all’operatore in remoto di identificare un bersaglio. Scelto ed agganciato l’obiettivo, Switchblade si lancia a 90 miglia all’ora con una testata abbastanza potente da polverizzare un camioncino di svariate tonnellate. L’implementazione futura di svariati sistemi ad unità combattenti terrestri, potrebbe conferire loro una capacità di decimare gli avversari a distanza.
L’opinione pubblica è stata abituata a riconoscere i “Reaper” ed a credere fossero i principali artefici dei raid nelle zone di crisi. In pochi sanno, però, che soltanto in Afghanistan nell’operazione Enduring Freedom, gli USA hanno schierato oltre quattromila Switchblade.
Al programma “Lethal Miniature Aerial Munition System” del Pentagono partecipano alcuni dei più grandi appaltatori della difesa del pianeta. Textron Inc. con la sua bomba volante “Battlehawk” e Lockheed Martin con il suo “Terminator”. Al programma partecipano anche gli israeliani, con l’Hero-30 (foto) prodotto dalla uVision. Pesante tre chili, Hero-30 ha una testata da 500 grammi ed un ‘autonomia di 40 km.
La tecnologia dei droni non è da tempo esclusiva pertinenza dei militari. Con poche centinaia di euro, chiunque può acquistare un drone stabilizzato dotato di telecamera HD e GPS. La pronta disponibilità di questo tipo di tecnologia offusca la linea tra elettronica militare e commerciale. La stessa tecnologia, ad esempio quella utilizzata nei cellulari, è già implementata nei droni. Senza considerare, infine, che un drone commerciale non deve essere necessariamente dotato di una testata esplosiva per creare un potenziale disastro. Sarebbe da stupidi, infatti, non temere la “remota” possibilità che qualcuno possa dirigere un piccolo drone acquistato pochi minuti prima al duty free, contro una turbina di un aereo in fase di rullaggio o decollo. Il fatto che sia un’ipotesi così “stupida”, non significa che non sia fattibile e potenzialmente disastrosa.
L’implementazione degli esplosivi su dispositivi a basso costo, in alcuni casi rappresenta soltanto un dettaglio. L’Improvised Air Threat non deve essere necessariamente armata.
(foto: uVision / video: AeroVironment)