“Non penso che esista un’arma nucleare tattica, perché ogni ordigno atomico nel momento in cui viene usato va a modificare la strategia globale”, questo il pensiero di James Mattis, segretario della Difesa statunitense, espresso martedì di fronte alla Commissione permanente delle Forze Armate (House Armed Services Committee) durante l’udienza riguardante la difesa nazionale e la politica nucleare statunitense, la quale prevede la possibilità di rispondere con un attacco nucleare ad un attacco convenzionale devastante per il territorio americano.
La “paura” è quella che la capacità di risposta nucleare statunitense possa essere sottovalutata, proprio per questo è importante, per Mattis, “far considerare credibile il deterrente nucleare”. A questo scopo tra le idee del Segretario alla Difesa ci sono lo sviluppo di due nuove armi nucleari a basso potenziale, quindi considerabili armi tattiche, e di una nuova testata per gli SLCM (Submarine-Launched Cruise Missile). Queste novità, specialmente la nuova testata degli SLCM potrebbe, secondo la visione di Mattis, convincere la Russia ad abbandonare il suo programma di costruzione di armi nucleari a basso potenziale, facendola rientrare nel trattato INF (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty). La volontà degli Stati Uniti è quindi quella di dare ai negoziatori una posizione di forza con la Russia accusata di aver violato il trattato INF. A tal scopo: “Voglio avere la certezza che i nostri rappresentanti abbiano qualcosa per negoziare con la Russia – ha continuato Mattis – Non credo che si possa andare a negoziare cercando di ottenere qualcosa senza dare nulla in cambio. Ma credo che riusciremo a dare ai nostri mezzi per poter condurre trattative”.
I focus dell’audizione di Mattis erano la politica nucleare e la strategia per la difesa nazionale, svelate il mese scorso, ma la discussione principale è stata la difficoltà del Congresso nel raggiungere i 700 miliardi di dollari richiesti per le spese della Difesa. Ieri prima la Camera dei Rappresentanti poi il Senato sono riusciti a votare a maggioranza il bilancio federale, dove sono stati aumentati i fondi alla difesa, come era stato già predetto da Trump (v.articolo). Con lo stanziamento dei fondi ora Mattis potrà senza dubbio lavorare, insieme agli stati maggiori, per definire sia la strategia di difesa nazionale sia la politica nucleare.
Un punto chiave nei prossimi due anni di amministrazione Trump, che passa per il mantenimento e per la modernizzazione della triade nucleare degli Stati Uniti, che per Mattis significa anche continuare a mantenere e a migliorare i missili balistici intercontinentali (ICBM) sui quali ha cambiato idea da quando è stato nominato segretario della Difesa.
La politica nucleare, ovviamente, è un aspetto chiave anche per il generale Paul Selva, sottocapo di stato maggiore: “Più specificatamente la politica nucleare darà particolare attenzione a quanto fatto dalla Russia, dalla Cina e dalla Corea del Nord nello sviluppare, modernizzare ed espandere la loro capacità nucleare integrandola al meglio con la loro strategia e dottrina militare”.
Anche l’Iran farà parte della nuova strategia nucleare americana, specialmente vista la possibilità che Teheran possa avere nel futuro la capacità di sviluppare armi nucleari. Per le sfide che si pongono davanti agli Stati Uniti è necessario, stando a quanto detto da Silva, che: “La nostra strategia sia adattata ad ogni potenziale avversario – aggiungendo che – Serve per permettere agli Stati Uniti di mantenere un flessibile e credibile mix tra la capacità convenzionale e quella nucleare”.
Con la definizione della nuova politica nucleare, la prima dal 2010, secondo Mattis gli Stati Uniti riusciranno a mantenere il loro ruolo guida globale per quanto riguarda la riduzione degli armamenti nucleari. Già con il trattato START (Strategic Arms Reduction Treaty) del 1991 era stato fissato un numero massimo di testate nucleare a 6000 unità e, soprattutto, che: “le armi nucleari a corto raggio venissero smantellate nell’arsenale atomico statunitense entro la fine degli anni ‘90”. Tuttavia per Mattis è altresì fondamentale che “gli Stati Uniti mantengano il deterrente nucleare per poter prevenire attacchi”, ed è per questo che è stata richiesta una modernizzazione totale dell’arsenale nucleare, che potrebbe costare circa 1.6 trilioni di dollari fino al 2040.
La politica “revisionista” di Mosca spaventa Washington, che prende con preoccupazione la nuova spinta nucleare voluta da Putin, così come non è vista con tranquillità la posizione di Pechino che “sta modernizzando ed espandendo le sue già considerevoli forze nucleari”. Il problema cinese però, ha riconosciuto Mattis, viene anche dal fatto che il governo di Pechino sta cercando di modernizzare il più possibile anche le forze convenzionali allo scopo di mettere in dubbio la superiorità militare degli Stati Uniti.
Per questi motivi, inclusi anche gli sviluppi nucleari di Corea del Nord ed Iran, gli Stati Uniti hanno bisogno di riprendere al più presto lo sviluppo del loro apparato nucleare, in modo tale sia da poter garantire a loro e agli alleati la deterrenza nucleare sia da poter mettere qualcosa nel tavolo delle trattative, che avranno l’obiettivo di riprendere a ridurre le armi nucleari nel mondo.
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