Il terrorista che "ama" l'Italia: la storia di Ben Mehedi Nasr, l'esperto di esplosivi di al-Qaeda rimandato a casa per "non aver commesso alcun reato"

(di Franco Iacch)
11/11/15

I timori che i gruppi terroristici islamici possano entrare in Europa sfruttando le imbarcazioni dei migranti, sono ormai confermati, dopo la particolare storia di Ben Mehedi Nasr. Una vicenda avvenuta proprio pochi giorni fa. Quando fu arrestato nel 2007, a Novellara, nella provincia di Reggio Emilia, il tunisino Ben Mehedi Nasr era considerato uno dei terroristi più pericolosi presenti in Italia. Ritenuto membro dei “17 Fratelli”, gruppo stabilito in Italia dedito al reclutamento di cellule fondamentaliste, la storia di Nasr si colloca prima dell’esodo dei migranti e dei rifugiati che tramite i barconi della speranza giungeranno poco dopo in Europa.

L’uomo giunge in Italia con un traghetto commerciale. L’allora 31enne si ambienta fin da subito e riesce a trovare lavoro come operaio edile. Alcune indagini delle autorità italiane, però, svelarono successivamente il coinvolgimento del muratore nella radicalizzazione dei giovani musulmani durante le serali riunioni nei Centri islamici tra Reggio Emilia e Milano. Durante le indagini, si scoprì che Nasr era uno dei leader di una nuova cellula attiva in Italia per il reclutamento dei giovani combattenti da inviare in Siria, Iraq ed Afghanistan.

Nasr, insieme a Dridi Sabri, che aveva creato una struttura simile a Milano e Imed Ben Zarkaouwi, che viaggiava tra Reggio Emilia e Milano, sono stati arrestati nel novembre del 2007 dopo un’operazione sotto copertura del Gruppo Operazioni Speciali, una divisione dei carabinieri italiani. Al processo, Mehedi Nasr è stato ritenuto “un esperto di esplosivi le cui competenze, nel reclutare gli aspiranti salafiti jihadisti, non erano seconde a nessuno”. Nel suo appartamento furono rinvenuti anche manuali illustrati a colori sul come realizzare degli esplosivi, sostanze chimiche e detonatori. Determinanti anche le intercettazioni telefoniche avvenuta tra l’uomo ed alcuni terroristi a Damasco. Gli inquirenti parlarono di “fabbrica per attentatori suicidi in un condominio di Milano, dove i giovani venivano formati in circostanze psicologiche difficili, prima di essere mandati a combattere”.

Secondo l’accusa, l'attività principale di Mehdi era quella di organizzare attacchi in Medio Oriente. La polizia italiana riuscì anche sgominare un traffico di armi attraverso percorsi tradizionali utilizzati dal crimine organizzato. Il processo si è poi concluso con la condanna a sette anni di carcere per Nasr con l’accusa di terrorismo. Inviato nel carcere di massima sicurezza di Napoli, alle fine del 2008 gli sarebbe stata offerta la possibilità di lasciare la struttura penitenziaria in cambio di alcune sue dichiarazioni e testimonianze in altri processi a carico di altri “Fratelli”. Nasr si sarebbe rifiutato di collaborare. Pochi mesi dopo l'offerta, il cugino di Ben Mehedi Nasr, Mourad Nasr, sarebbe stato arrestato con l'accusa di terrorismo. La condanna a sette anni di Medhi, in gran parte basata sulle 25 intercettazioni telefoniche, è stata confermata dalla Corte d'appello di Reggio Emilia nel 2011.

Su Ben Mehedi Nasr cala il sipario fino al suo rilascio, avvenuto nel 2014. L’uomo è estradato in Tunisia. Il 4 ottobre scorso, Nasr tenta di ritornare in Italia. Si nasconde con un gruppo di 200 rifugiati siriani salpati dalla Libia e salvati dalla Marina italiana nel Mediterraneo. Trasferito a Lampedusa, sostiene di chiamarsi Mohamed Ben Sar: chiede asilo nel nord Europa, dove afferma di avere dei parenti, per sfuggire alla persecuzione politica. A sostegno della sua identità anche un documento siriano. Si rivelerà falso. La sua storia resta in piedi per tre giorni, fino a quando le sue impronte digitali non lo identificano come Ben Mehedi Nasr, noto alle autorità italiane e già condannato per terrorismo.

Scioccata la stampa estera. “Invece di trattenerlo ed indagare sul suo ritorno, le autorità italiane lo hanno rispedito in Tunisia pochi giorni dopo”. Secondo un accordo bilaterale i due paesi, il rimpatrio automatizzato si applica per i cittadini tunisini che entrano clandestinamente l'Italia. Questo avviene soltanto per coloro che non sono sospettati di essere trafficanti. Nasr, così come gli altri disperati, avrebbe pagato i traghettatori. Di fatto, su quel barcone non ha commesso alcun reato.

Nasr, nonostante il suo passato, non è stato sospettato di alcun crimine.