Se i rapporti di Stati Uniti e Gran Bretagna venissero confermati, saremmo davanti ad un cambiamento, spaventoso, della tattica dello Stato Islamico. Se davvero dietro l’incidente dell’aereo di linea russo in Egitto, ci fosse l’ombra dello Stato Islamico, saremmo davanti ad una nuova fase del terrorismo: un fenomeno che si sta evolvendo molto più rapidamente di quanto non lo stia facendo l’intero asset politico, economico, sociale e militare dell’Occidente. Ed, ancora oggi, quella coalizione a guida USA, nonostante l’arrivo dei russi, non è riuscita a scoraggiare i jihadisti.
Per l’Occidente non ci sono dubbi: sull’Airbus A321-200 è stata piazzata una bomba. Come sia salita a bordo è un altro problema, per certi versi, il punto ancora più oscuro dell’intera vicenda, di per se tragica per la morte delle 224 persone a bordo. Per le autorità russe ed egiziane, parlare di una bomba è prematuro.
Ad oggi, sappiamo che 23 minuti dopo il decollo, il velivolo civile ha perso quota andando ad impattare nella caotica penisola egiziana del Sinai. Ma se davvero lo Stato Islamico è il responsabile dell’attentato, allora saremo dinanzi al più grande atto di terrorismo transnazionale della storia degli estremisti sunniti. Potremmo essere davanti ad un’evoluzione, chiara e limpida, di quel terrorismo 3.0, così come è definito quello attuale.
Fino ad oggi lo Stato Islamico ha rivendicato gli attentati in Tunisia e negli altri paesi del Golfo, ma non ha mai compiuto (forse evitato) spettacolari attacchi come quelli di al-Qaeda. Il califfato si è sempre concentrato sui sequestri ad esempio, ampliando il “regno” e creando affiliazioni come quelle avvenute in Egitto ed in Libia. Se venisse confermata la matrice islamica, allora ci troveremmo davanti al compimento dell’evoluzione del mostro: lo Stato Islamico sarebbe adesso in grado di compiere attacchi nel pianeta. L’organizzazione avrebbe assunto la capacità di “terrorismo globale”. Una metamorfosi, l’ennesima, che sfiderebbe direttamente i servizi di sicurezza del mondo intero.
L’evoluzione dicevamo. Da tagliagole a tattici. Da barbari a chimici. Da fondamentalisti a fini osservatori. E’ una possibilità. Spaventa. Anzi, terrorizza perché se i civili provassero soltanto ad immaginare che gli estremisti sono anche esseri pensanti consapevoli e preparati (e non barbari che hanno scoperto il fuoco come si vuole che si pensi), il già precario assetto globale riceverebbe una scossone che fare traballare anche le fondamenta dello statu quo.
Nonostante le rivendicazioni, non è stata ancora provata la veridicità delle affermazioni del gruppo. Sul piano tattico, l’Isis non avrebbe nemmeno la necessità di provare al mondo di aver abbattuto quell’aereo: sia perché così facendo metterebbe a repentaglio possibili altri attentati sui voli di linea e sia perché l’aura di mistero potrebbe ancora di più fare proseliti. L’attentato (se venisse confermato) dimostrerebbe il nuovo ruolo dello Stato islamico che starebbe cercando di “migliorare” le sue credenziali a livello mondiale. Quella bomba, potrebbe rappresentare il colpo fatale ad al-Qaeda. Rispetto a quest’ultima, lo Stato islamico ha avuto un vantaggio territoriale, essendosi proclamato tra l’Iraq e la Siria (ecco che ritorna la vecchia concezione di Stato). Colpire quell’aereo rappresenterebbe quel “one-up” in più rispetto alle altre organizzazioni terroristiche mondiale, al-Qaeda in testa.
Se fossero stati davvero gli uomini del califfo (o gli affiliati), i terroristi avrebbero lanciato un potente appello al mondo jihadista. Analizzando gli ultimi messaggi, si nota anche una diversificazione dei bersagli: Russia, Stati Uniti, Inghilterra, Francia. Per la prima volta Israele. Svariati paesi del Golfo. E’ chiaramente una strategia che mira alla dispersione geografica del gruppo fondamentalista: ramificata in Siria e Iraq, fino a raggiungere l'Afghanistan, passando per la Libia, l’Egitto e lo Yemen.
La questione è una soltanto: quella bomba (se cosi fosse), potrebbe riuscire a stimolare un’azione più seria e decisa della Coalizione? Tradotto: l’attentato determinerà l’invio sul campo di una forza di terra (che possa assumere il rango di forza d’invasione)?
Obama trema al solo pensiero di un altro Vietnam. Putin, invece, aveva considerato la Siria come un'opportunità per promuovere nel mondo l’immagine di una Russia forte e potente in una guerra lampo. Entrambi si sbagliavano. E la storia si ripete.