Pochi giorni fa, il ministro della Difesa Guerini ha presentato in Parlamento una serie di dossier contenenti le strategie che l’Italia dovrebbe adottare in contesti strategici come la Libia, i Balcani e i rapporti con la Russia e la Cina.
Un aspetto sicuramente positivo è il riconoscimento, da parte del neo ministro, della specificità del mondo militare. Sicuramente un passo avanti rispetto al precedente inquilino di palazzo Baracchini, che riteneva che lo strumento militare dovesse essere di supporto alle amministrazioni civili (si era ventilata anche la possibilità di impiegare i militari per riparare il manto delle strade della capitale).
Quindi, le linee guida prevedono una rivalutazione dell’operazione strade sicure, attiva da oltre 10 anni e che vede l’impiego, sul territorio nazionale, di 7.000 militari (più di quelli impiegati all’estero).
Ovviamente si tratta di un compito assai gravoso per i reparti, anche perché non c’è un vincolo temporale. Inoltre, con una migliore gestione del personale, potrebbe essere assolto in maniera più efficace dai Carabinieri e dalla Polizia di Stato, i quali hanno un addestramento più specifico per la gestione dell’ordine pubblico.
Finalmente si evidenzia che la crescita militare cinese rappresenta una minaccia anche per la sicurezza dell’Italia. Non a caso, nel corso dell’anno, le preoccupazioni nei confronti della Cina sono state oggetto di discussione anche in ambito NATO.
Proprio l’espansionismo cinese dovrebbe spingere l’Italia, insieme agli altri partner europei, ad un riavvicinamento nei confronti della Russia, in modo da allontanarla da pericolose alleanze con Pechino.
Nodo cruciale per l’Italia rimane il bacino del Mediterraneo che, nel concetto più ampio di Mediterraneo Allargato, coinvolge diverse aeree altamente instabili.
Dalla Libia alla Siria, passando per il Sahel e il Corno d’Africa, sono tutti teatri che rientrano negli interessi strategici dell’Italia. In special modo in Libia, dove la situazione di stallo davanti Tripoli potrebbe essere risolta dal maggiore coinvolgimento dei contractors russi a supporto delle forze di Haftar.
Proprio la questione libica dovrebbe essere oggetto di maggiore attenzione da parte dell’Esecutivo italiano, non limitandosi a nebulosi memorandum per il controllo dei flussi di immigrati ma intraprendendo una efficace politica per stabilizzare la situazione, anche ricorrendo all’utilizzo dello strumento militare.
Condivisibile l’annuncio, da parte del ministro, di una maggiore presenza militare navale nel Mediterraneo orientale, indispensabile vista l’aggressività turca e gli interessi energetici italiani nell’area.
Tutto ciò necessita di uno strumento militare adeguato agli interessi nazionali. Le linee del Ministero della Difesa mettono l’accento sulla stabilità di finanziamenti, con l’intenzione di istituire uno strumento triennale di investimenti.
Ciò permetterebbe alla Difesa di programmare in modo più efficace l’acquisizione di equipaggiamenti e all’industria di gestire meglio gli investimenti, ottenendo, a parità di fondi, migliori risultati. Fondamentale è la certezza finanziaria per porsi in maniera credibile nei programmi internazionali, con la conseguenza di ottenere ritorni tecnologici ed industriali da poter sfruttare anche in campo civile.
Una politica industriale che, secondo le linee guida, riconosce nel settore aerospaziali, della sicurezza e della difesa una componente strategica delle sovranità nazionale, in quanto consente al Paese di non dipendere da tecnologie e prodotti esteri.
Foto: ministero della Difesa / ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale