“Operation brothers”: Difesa Online intervista l'agente del Mossad Yola Reitman

(di Francesco Bergamo)
07/08/19

Il Mossad nell'immaginario collettivo è il migliore servizio segreto al mondo. La cattura di Eichmann, la Guerra dei sei giorni e altre operazioni hanno contribuito a consolidare la sua reputazione, ma la realtà supera la fantasia e questa è la storia del più grande salvataggio di ebrei mai messo in atto dall'agenzia. Difesa Online intervista Yola Reitman, agente del Mossad operativo dal 1981 al 1984 in Sudan. Ecco l'incredibile storia e il lato caratteriale e psicologico di Yola.

Per secoli in Etiopia era attiva una comunità ebraica che aveva il desiderio di arrivare in Israele. La guerra e la carestia diede inizio tra i Beta Israel, sparsi in 500 villaggi situati prevalentemente al Nord dell'Etiopia, ad un massiccio esodo a piedi lungo il deserto per arrivare stremati, affamati e decimati dai banditi nei campi profughi del Sudan, paese mussulmano membro della Lega Araba e acerrimo nemico di Israele. Il dato non è preciso ma circa 1.700 ebrei morirono per malattie, atti violenti e denutrizione prima di arrivare nei campi profughi.

Il primo ministro israeliano Menachem Begin non poteva lasciare che il loro dramma si consumasse così e dunque diede un ordine eccezionale al capo del Mossad: “Porti gli ebrei dell'Etiopia in Israele”. Ma andarli a prendere era davvero una impresa pazzesca, perché il Mossad non era preparato a simili operazioni. Inoltre non si poteva far passare i Beta Israel via terra per l'Egitto in quanto nemico. Rimaneva il mare.

L'Agenzia di intelligence iniziò ad organizzare una squadra di agenti infiltrati con particolari caratteristiche atte a non destare sospetti: personale che potesse essere scambiato per europei. Uomini e donne capaci di operare in ambiente marino e sotto copertura come operatori turistici. Hefraim Halevy, direttore del Mossad dal 1998 al 2002, allora responsabile della missione, in un'intervista disse: “L'operazione si svolse in una zona dove avevamo limitate capacità di ricognizione. Non avevamo modo di sapere se eravamo stati scoperti o no. Le persone che reclutavamo non avevano il tempo per una adeguata formazione. Presi quella decisione e prendemmo la via più breve. Prendemmo delle persone, alcuni israeliani, e le addestrammo. Facemmo dei corsi intensivi su come operare sotto falsa identità in territorio nemico”1.

Il primo colpo di fortuna aiutò il Mossad: un piccolo villaggio turistico dai tetti di colore rosso in disuso in una spiaggia del Mare Rosso, costruito da una ditta italiana, era l'ideale per tutta l'operazione. La base si trovava a circa 65-70 km a Nord di Porto Sudan e diventò il resort "Arous on the Red Sea", che debitamente pubblicizzato attirò subito molti subacquei da tutto il mondo. Il costo dell'affitto di tre anni, pagato dal Mossad tramite prestanome, fu di 320.000 dollari2.

La squadra del Mossad fece le cose per bene: il resort decollò come meta ambita dai sub e la copertura funzionò, tanto che l'Operation Brothers chiuse il suo bilancio con 12.000 ebrei etiopi esfiltrati. Un successo incredibile, per una operazione terribilmente complessa, basti pensare che una notte in una ansa a 5 km di distanza dal resort dei militari sudanesi piombarono nel bel mezzo dell'operazione: solo il sangue freddo del capo operazione impedì un esito tragico per tutti. L'operazione continuò trasportando i Beta Israel con gli Zodiac fino al largo dove c'erano i commando della Israeli Navy che li prendevano i consegna, li portavano in acque internazionali e li caricavano a bordo della nave “militare” Bat Galim.

Una volta che gli agenti ebbero avuto notizia che la loro copertura stava per saltare, nel giro di una notte scomparvero a bordo di un aereo Hercules dell'aeronautica israeliana lasciando i villeggianti, il mattino dopo, con la sorpresa di non trovare più nessuno. L'esfiltrazione degli ebrei etiopi continuò con altre operazioni negli anni a venire (1984, Op. Moses, 8.000 esfiltrati; '85, Op. Joshua, 500; '91, Op. Solomon, 15.000; 2012, Op. Dove's Wings, 8.000), ma il resort non fu più usato.

Questa storia, che ha dell'incredibile per la modalità con la quale fu messa in piedi e per il grande numero di persone salvate, fu possibile grazie a determinate caratteristiche degli agenti e alla loro eccellente organizzazione. (Chi fosse interessato ad approfondire può leggere il bel libro “Mossad Exodus” di Gad Shimron, uno dei protagonisti, e guardare su Netflix le quattro puntate di “Inside the Mossad”. Su Netflix è inoltre da pochi giorni disponibile il film “Red Sea Diving Resort”).

Secondo John le Carré “I servizi segreti sono un indicatore della salute politica di una nazione e l'unica espressione vera del suo subconscio”. Potrebbe bastare quanto dice il noto romanziere, ma che cosa rende nello specifico il Mossad così speciale, invidiato e ammirato in tutto il mondo? È una agenzia talmente avanti con i tempi, che una ex agente può rilasciare una intervista quando altre agenzie intelligence non rispondono nemmeno alle telefonate e alle mail. È una domanda da porsi, perché una possibile risposta potrebbe essere che un eccellente servizio segreto non è tale solo perché ha più soldi di altri, ma soprattutto perché i suoi agenti hanno delle motivazioni più profonde e solide.

Yola, premesso che per fare questo lavoro ci vuole una eccellente capacità di recitazione ininterrotta per anni, potresti raccontare ai lettori di Difesa Online la tua storia?

Durante l'intera missione gran parte di noi fingeva di essere qualcun altro, giorno e notte, giorno dopo giorno. Dopo un po' dimentichi la tua vera identità e ti senti completamente l'altra. Cresci nel tuo ruolo. Prima di questa missione, non ho recitato sul palco, né altrove. Ho lavorato come assistente di volo per El Al. La compagnia aerea israeliana.

Prima di entrare nel Mossad, come ti immaginavi fosse fare l'agente operativo sotto copertura?

Prima di entrare nel Mossad ero avida lettrice dei libri di John le Carré e di taluni altri. Ho letto libri sulle operazioni di intelligence molto conosciute della Seconda Guerra Mondiale e i miei film preferiti erano film di spionaggio d'azione. Devo ammettere che anche le storie poliziesche catturavano la mia immaginazione. In Israele, abbiamo un conflitto in corso con i nostri vicini e le questioni militari, le storie di spionaggio e le azioni eroiche sono moltissime e una presenza costante. Mi ero fatta, attraverso la lettura, un'idea, ma la realtà ha superato ogni immaginazione.

Che cosa facevi prima di essere reclutata e come è iniziata la tua carriera come agente operativo?

Prima di essere reclutata, lavoravo come responsabile del servizio di volo, ero anche proprietaria di uno yacht, ero una sub e ovviamente parlavo diverse lingue. Questo è stato il motivo per cui sono stata considerata un candidato ideale per il reclutamento. Ho dovuto mostrare, ovviamente, anche altre abilità.

Quanti anni avevi?

Avevo 30 anni, allora.

Quali sono state le motivazioni più profonde che ti hanno spinta ad accettare l'incarico?

La mia motivazione era la storia della mia gente e la storia della mia famiglia: vivere nello stato ebraico, dopo che quasi tutta la mia famiglia era morta nella guerra, dovendo difendere la nostra vita da sempre. E soprattutto voler fare qualcosa di significativo. Ho avuto quella illusione di salvare il mondo, fin dall'infanzia.

Come donna, quali sono state le difficoltà più grandi da affrontare?

A quel tempo, per me, la difficoltà maggiore era quella di essere accettata come gli uomini. Quando sei una donna le persone tendono a proteggerti di più, come se dovessi affrontare un pericolo più grave. Ho dovuto davvero dimostrare che non c'era differenza. D'altra parte, come donna, avevo vantaggi e abilità che gli uomini non possedevano.

Come hai gestito la paura?

La metti da parte e non lasci che interferisca con le tue azioni quotidiane. Sei attenta, cauta, ma certamente non impaurita.

Al resort quale era il tuo ruolo di facciata e quello reale?

Il mio ruolo nel resort era quello di gestire l'hotel, in ogni aspetto, per farlo sembrare autentico. Trascorrevo il tempo tra le operazioni di salvataggio, nel resort (che era anche il nostro quartier generale) e l'organizzazione della logistica, con camion e attrezzature locali.

Mantenevo anche contatti con figure chiave locali, importanti per rifornirci di carburante, informazioni, ecc.

Ho dovuto infine occuparmi della nostra comunicazione segreta ed ero responsabile del nostro budget.

Come hai gestito contemporaneamente gli affetti e il lavoro?

Affetto e lavoro. Puoi farcela se hai la capacità di liberare la mente e concentrarti sul momento. Sono stata in grado di porre la mia vita personale a distanza e dimenticare completamente, per un po', le persone a me care.

A livello personale, partecipare all'operazione Brothers che contributo ha portato al tuo carattere e alla tua personalità? Che cosa è migliorato e che cosa è peggiorato?

Un'esperienza come questa è un'occasione per mettersi alla prova in varie situazioni e aree diverse. Penso che in molti modi io sia migliorata. Ho dovuto affinare i miei sensi, praticare la mia intraprendenza e rafforzare la sicurezza di sé.

Sono diventata più matura e affidabile. D'altra parte, il gusto dell'avventura e dell'eccitazione ha contribuito a rafforzare la mia incoscienza. Sono avventurosa ancora oggi e molto irrequieta. Forse anche questi erano i tratti che mi rendevano tanto adatta alla missione.

Quando eri sola nella tua stanza, quale rituale ti ha permesso di mantenere l'equilibrio psicologico e il legame con la tua identità d'origine? Che cosa ti ha permesso di non impazzire per la tensione?

Sola nella stanza, in effetti avrei potuto tornare ad essere me stessa. Ero così immersa nel mio ruolo che il problema non ha gravato. Mi è davvero piaciuto fingere di essere qualcun altro. Ho tenuto la mente occupata con libri e studi e, in ogni caso, avevo vicino a me il mio partner, l'altro istruttore di immersioni, che faceva parte del team. Quando eravamo soli lì, eravamo noi contro il mondo, un patto.

In base alla tua esperienza, in quanto donna, quali sono i confini psicologici che non bisogna mai oltrepassare?

Ci sono confini psicologici che non dovresti attraversare, ma non sono diversi per un uomo. Una cosa importante che devi ricordare in una situazione del genere è che tutti quelli intorno a te, che ovviamente non fanno parte della tua squadra, sono in realtà nemici, anche quando senti una forte amicizia. Non puoi confidare la tua vera identità o il più piccolo segreto a nessuno, indipendentemente da quanto ti piaccia. La tua vita e la vita della tua squadra dipendono dalla tua capacità di tenere le persone lontane dalla tua vita interiore.

Quanto deve adattarsi e sottostare alla cultura locale una donna emancipata che opera sotto copertura? Quanto è pesante?

Il mio ruolo e il mio titolo in Sudan mi hanno tenuto in una posizione in cui potevo essere molto libera, molto dominante e con la stima della gente del posto. Vivevo lontano dalla città, lontano dalla folla, quindi indipendente. La cultura locale non era qualcosa a cui dovevo sottomettermi. Al contrario, la gente delle tribù locali mi considerava una specie di donna saggia, sebbene fossi giovane, e veniva da me per medicine e consigli, portandomi regali.

Le donne per natura sono più attente ai particolari dell'uomo. Questa peculiare capacità ti ha aiutato a non commettere errori e a contrastare il controspionaggio del Sudan?

In effetti la Sicurezza del Sudan ha tenuto d'occhio il nostro gruppo, spesso interrogandoci, cercando di capire cosa stavamo facendo. Il fatto che io fossi una donna li rendeva più curiosi, ma anche più indulgenti in un certo senso. Le porte si aprivano più facilmente per me, importanti dignitari mi resero amicizia. L'intero gruppo di persone sembrava normale con una figura femminile simile a loro. Questo tipo di amicizia si è rivelata importante quando sono stata avvertita segretamente di un raid contro di noi in programma. Quando accadde eravamo preparati.

In una società sempre più tecnologicamente avanzata, il mondo Humint, visto dalla parte delle donne, sarà sempre più importante o verrà ridimensionato a vantaggio degli uomini?

Penso che oggi, chiunque abbia capacità tecnologiche potrá avere successo nelle operazioni future, che si tratti di un uomo o di una donna. Il cyber non può sostituire completamente Humint e c'è ancora un ruolo fondamentale per le persone capaci di entrambi i sessi. Il mondo vede sempre più donne penetrare nelle cosiddette aree maschili e per le donne sarà completamente naturale assumere qualsiasi ruolo. In realtà sta giá accadendo nel Mossad.

Che consigli ti senti di dare alle donne, anche italiane, che volessero intraprendere questa professione?

Il consiglio che posso dare a qualsiasi donna, italiana e non, è che non dovrebbero mai pensare che ci sia una professione non adatta a una donna, se si desidera perseguirla. Se posseggono le qualità richieste, per quanto riguarda il personaggio e il tipo attività, dovrebbero andare e farlo. Sei più felice quando fai quello che desideri, indipendentemente dalla tradizione, dai costumi o dall'educazione.

Ultima domanda... se James Bond beve Vodka-Martini, che cosa beve Yola Reitman?

In realtà adoro la Vodka Double Espresso con ghiaccio.

1 Netflix, “Inside the Mossad”

2 Gad Shimron, “Mossad Exodus”