Gli Stati Uniti mirano a riscrivere la strategia “anti-access area-denial” (A2AD) nel globo con l’introduzione dei droni sommersi. Il programma Upward Falling Payloads della DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency) è in fase di sviluppo avanzato. Secondo le specifiche, conferirebbe agli USA la capacità di disporre di una flotta di droni kamikaze nelle griglie di tutto il pianeta.
Rilasciato da un vettore, il modulo di protezione con all’interno il drone scende in profondità, ancorandosi al fondale. L’UFP comunica la sua posizione costantemente ed entra in stand-by con un’autonomia (stimata) di anni. Quando necessario, i militari attiverebbero l'UFP: dalle profondità del mare, emergerebbe un drone (o sciami) in grado di volare e colpire un nemico.
In realtà, l’UFP è stato concepito come un guscio protettivo per svariati carichi utili, come ad esempio sistemi d’armi di diversa natura incapsulati al suo interno o per missioni di Intelligence, Surveillance and Reconnaissance (ISR).
I problemi principali della DARPA per il modulo sono quattro: la sopravvivenza nelle profondità del mare per lunghi periodi di tempo, il sistema di comunicazione, il processo di fissaggio al fondale e l’integrità del carico utile.
Il guscio dovrà sopravvivere alla pressione per lunghi periodi di tempo, mentre l’attivazione dovrà avvenire anche dopo anni di letargo. Nelle specifiche del programma UFP, anche la capacità del guscio di comunicare tutte le informazioni sulla sua integrità, autonomia e lo stato del carico custodito all’interno.
L’UFP non è ufficialmente operativo (probabilmente è testato in segreto dalla Marina Militare degli Stati Uniti), ma i militari ripongono estrema fiducia per quello che potrebbe diventare un game changer dei mari nella futura strategia navale statunitense.
Quasi la metà degli oceani del mondo sono profondi più di 2,5 miglia: il 71 per cento della superficie del pianeta è ricoperta da acqua. Ciò significa che il Pentagono potrebbe stoccare in sicurezza un numero indefinito di droni. La US Navy non possiede i fondi per continuare ad operare nel globo come vorrebbe: situazione che si acuirà nei prossimi dieci anni, quando la forza sottomarina statunitense si ridurrà del 30%. Gli UFP potrebbero colmare queste lacune sulla copertura delle griglie e fornire ai militari la capacità di colpire bersagli senza la necessità fisica di un vettore in zona. L’unica cosa da fare sarebbe attivare l’UAV incapsulato nel modulo e dirigerlo verso il bersaglio.
Considerando l’occultamento del sistema, la capacita di rimanere inerti nelle profondità del mare, il potenziale carico esplosivo o di proiezione, l’UFP potrebbe compiere attacchi contro bersagli che non lo identificherebbero. Ciò potrebbe dare luogo ad ulteriori approfondimenti di carattere giuridico. Ufficialmente il programma Upward Falling Payloads della DARPA ha superato la fase due (collaudo in mare di tutti i sistemi). La fase tre, attualmente in atto, dovrebbe dimostrare le capacità di fissaggio, il sistema di comunicazione e di rilascio per i diversi carichi utili. Il guscio ad oggi testato ha un peso di 2500 kg: ciò significa che un bombardiere pesante potrebbe con un solo passaggio rilasciare dodici UFP.
L’UFP rientra nella swarm warfare, nuova tattica asimmetrica elaborata dalla US Navy concepito nel Programma Merlin. Nello specifico si basa sulla capacità di attaccare un vettore X con decine di droni a basso costo. Anche i migliori sistemi di difesa come l’Aegis, non potrebbero fare nulla contro gli sciami robotici. Aegis è ritenuto in grado di azzerare con i suoi missili ed i suoi cannoni da 20 millimetri, ogni tipo di minaccia tranne uno sciame robotico. I piccoli droni hanno una firma radar minuscola: anche se identificati non potrebbero essere ingaggiati dai missili o dai cannoni perché troppo vicini.
E’ stato stimato che tra l’individuazione e l’impatto dei droni, anche la più potente nave della Marina USA avrebbe un tempo di reazione di 15 secondi. Il programma Low-Cost UAV Swarming Technology – LOCUSTA, si pone l’obiettivo di creare uno sciame da guerra formato da trenta droni del tutto automatizzati allo stesso costo di un singolo missile, circa 1,2 milione di dollari.
Sono già in atto dei programmi paralleli come l’Aerial Combat Swarms, che prevede l’impiego di sciami per autodifesa contro altri droni nemici. L’UFP era solo una naturale conseguenza.
(immagine: DARPA)