Le origini della sua storia partono da molto lontano, probabilmente dal 1968, anno in cui venne definito il progetto di un autoblindo leggero e versatile per impieghi urbani o bellici, che entrò in servizio sette anni dopo come una macchina innovativa prodotta dall’allora OTO Melara oggi società di Leonardo.
Un concetto nato durante la guerra fredda che fu il trampolino di lancio per i successivi B1 Centauro, VBM Freccia e VBA SuperAV, con i quali a prima vista si evince un forte richiamo, anche se i compiti (e classi) sono evidentemente diversi tra di loro.
Vi risparmio la storia dell’autobilindo motorizzato, basterà accennare al fatto che i prototipi risalgono a fine ‘800 e primi del ‘900, ma l’idea affonda le radici addirittura ai tempi degli antichi egizi e dei greci.
Con i soprannomi di leoni, pantere, tigri impressi sulle pareti delle compagnie operative ed addestrative del nostro esercito, l’associazione con l’impetuosa fauna selvatica si è ritagliata un simpatico spazio anche nella denominazione dei mezzi militari, in particolare per quelli dotati di caratteristiche operative assimilabili ai predatori delle foreste, come il Lince o il più massiccio Orso o Grizzly.
Il PUMA APC Armored Personnel Carrier
Probabilmente le prestazioni militari del Puma si pongono tra il Multiruolo Lince e il più grande 8x8 Centauro, occupando quello spazio che lo vede a pieno titolo un veicolo, seppur leggero, da prima linea molto apprezzato dalla fanteria anche se non è mancata qualche critica.
I suoi progenitori furono i Fiat-Oto Melara 6616 e 6614 (foto), utilizzati dall’esercito ma anche dalle forze di polizia e la loro evoluzione si tradusse nel progetto del moderno Puma, presentato a fine anni ’80 e tutt’ora operativo in diversi reparti anche se spesso preferibilmente soppiantato dal Centauro e dal Freccia.
Seppure il Puma si sia presentato alle Forze armate con caratteristiche genuine e interessanti, non sono pochi i giudizi di inutilità che gli gravitano intorno accompagnati da critiche sulla scelta dei mezzi tattici alla luce di un già delicato bilancio della Difesa.
Infatti le caratteristiche superiori del Centauro entrato in servizio nel 1992 e il relativo ritardo nella presentazione del LMV Lince, attribuivano al VM 90 blindato il compito ricoperto successivamente dal Puma. La polemica probabilmente risiede - e l’abbiamo già ribadito più volte - nel non aver prodotto il Lince in tempo utile come veicolo a metà strada tra l’AR 90 ed il blindato 8x8; optando quindi per un'unica importante spesa considerando in particolar modo la situazione geopolitica d’urgenza del periodo.
La sua struttura è ricavata su una piattaforma a scafo piatto corazzata e offerto in versione 4x4 e 6x6, inizialmente come veicolo standard per il trasporto truppa e successivamente nelle varianti ambulanza, posto comando, o come vera e propria piattaforma lancia missili per la difesa aerea o anticarro ma anche come porta mortaio. Una prerogativa del progetto sul Puma imponeva al veicolo, in tutte le sue varianti, l’avio trasportabilità sul CH47.
Lo spazio abitativo arretrato rispetto al motore è coperto nel sotto scocca, almeno nelle prime versioni, con pannelli balistici mentre gli organi di movimento sui due assi sembrano scoperti e quindi è presumibile che alcuni organi importanti per il movimento, risultino vulnerabili agli attacchi IED capaci di arrestare la marcia del Puma. Tuttavia non ho dati per verificare successive modifiche per una copertura integrale dello scafo.
La tecnica
Il suo motore, Fiat OM 8042.45 posizionato anteriormente e con opportune modifiche, probabilmente anche su corsa e turbina a geometria variabile, è il conosciuto 4 cilindri turbodiesel da 3.9 cm³ che eroga 180 cv, un propulsore tra i più potenti nella famiglia dei quattro cilindri, utilizzato anche per alcune versioni nella produzione Iveco Eurocargo.
La trasmissione adotta un cambio automatico con blocco del convertitore a partire dai 5 km/h, che consente buone prestazioni e un freno motore, qualora si voglia scalare manualmente le sue 5 marce. I più moderni Puma sono assemblati con un RENK sempre a cinque marce automatico. Possiede un ripartitore centrale che garantisce sempre alle 4 o 6 ruote la coppia motrice, mentre escludendolo la coppia si suddivide fissa sui suoi assi come avviene in un fuoristrada; il sistema dovrebbe essere analogo a quello adottato per l’Eurocargo 4x4.
Le sospensioni indipendenti idropneumatiche con schema McPherson e freni a disco con sistema antibloccaggio ABS, svolgono egregiamente il loro lavoro che si apprezza dalla relativa elasticità dell’assetto e dagli spazi d’arresto interessanti, anche se non è chiaro se esista un rallentatore. Nella versione 4x4 può trasportare 4 militari che diventano sette nella versione più lunga 6x6. Il suo impianto di illuminazione consente l’omologazione per il transito stradale dove la velocità, portando il contagiri oltre la metà verde, si attesta intorno ai 120 km/h con un’autonomia di 700 chilometri. E’ bene ricordare che i viaggi del Puma in luogo operativo, se non avvengono in elicottero avvengono il più delle volte sul pianale tattico Adamoli, Bertoja o Isoli di un Iveco ASTRA ACTL.
La linea relativamente piatta, con soli due metri di altezza, conferisce al Puma una buona stabilità e l’associazione di guida con il VM 90 protetto nello slalom su sterrato è percepibile come qualità.
Il posto guida è a sinistra con volante regolabile così come il sedile di guida che permette l’ingresso del conduttore dalla parte posteriore, ma sempre rigorosamente con l’elmetto obbligatorio per tutto l’equipaggio, anche durante le prove. Nella versione 6x6 solo i primi due assi anteriori sono sterzanti con una geometria differente.
Più basso del Lince
Certo, il Lince è stato prodotto successivamente ma assetto e dimensione degli pneumatici fanno la differenza quando a prescindere da una valida o opinabile protezione sullo scafo, dal terreno di un’area ostile può detonare una IED al nostro passaggio.
Interessanti, e non potrebbe essere diversamente sono gli angoli di attacco in fuoristrada del Puma che risultano insindacabili come l’inclinazione di marcia allineata agli standard Nato, 60% -31°- frontali e 30% -17°- laterali. Tuttavia considerato l’assetto e i suoi pneumatici 11.00-16 run flat o con anima antiproiettile, l’altezza da terra del Puma è di 39 centimetri (infomotori) contro, tanto per darvi un’idea i 47,3 del Lince (31.5 al differenziale) e i 42 centimetri del Centauro, che ci piace definirlo una sorta di metamorfosi del Puma. L’impianto elettrico con doppio circuito a 24 volt è più che soddisfacente e le temperature d’esercizio spaziano dai -32 ai +49 °C.
Protezione e caratteristiche
I dati sulla protezione balistica del mezzo sono riservati, ma le esposizioni al pubblico nelle versioni più recenti fanno comprendere che la sua struttura è in parte ricavata per fusione (un po' come i carri armati) mentre in altre zone è saldata utilizzando leghe d’acciaio e piastre balistiche. Non passano inosservati gli spessori dei vetri antiproiettile sui due sportelli laterali a cuneo, larghi come una mano.
Alto meno di due metri e lungo 5.50 nella versione 6x6 e 4.76 per il 4x4, è largo due metri il che lo rende, come un felino, capace di acquattarsi mimetizzato e al tempo stesso rapido nello scatto operativo, caratteristiche e dimensioni utili anche per il trasporto aereo. Le sue fiancate sono a svaso su tutti i lati e conferiscono un aspetto, in particolar modo al 4x4, di un’autovettura forse un po' misteriosa ma indubbiamente da temere.
Possiede sulla superficie un portellone con cristallo blindato fissato ad un telaio ripiegabile in corrispondenza del conduttore, uno in corrispondenza del mitragliere con cinque iposcopi e un terzo nella parte posteriore, più due aperture laterali ufficiali e una posteriore.
Può essere associato in torretta con un MG 7,62 o una Minimi in alternativa alla Browning da 12,7, la mitragliatrice che applicata e utilizzata perpendicolarmente al VM90TT creava un notevole rollio al mezzo seppur fermo.
A seconda della configurazione può essere utilizzato come base per un lanciatore BGM-71 TOW o Milan e possiede diversi lancia fumogeni, ma la sua lista di difesa e risposta al fuoco è davvero lunga.
Un sofisticato sistema di filtraggio dell’aria condizionata, garantisce secondo OTO Melara la protezione NBC ma anche buone doti nell’attraversamento dei guadi con un’immersione di ben 70 centimetri che nella realtà sono probabilmente di più. C’è anche un sistema anti incendio automatico, una prerogativa diffusa ormai anche in ambito civile nel vano motore degli autobus ma forse con un’utilità opinabile se osserviamo i bus andati a fuoco a Roma.
Sulla parte frontale è presente una trancia cavi ripieghevole per tutelare conduttore e mitragliere quando si trovano ad operare con il busto fuori dal veicolo, mentre sul retro c’è un potente verricello elettrico che nella versione 6x6 tramite opportuni rinvii arriva anche davanti, un po' come avveniva con l’ACP 70.
Quantità, concorrenza e spese
Nel comparto Difesa i Puma dovrebbero essere circa 540 unità tra versioni 4x4 e 6x6, alcune sono in livrea verde Nato forse ormai sbiadita ma sicuramente ricca di ricordi della leva, altri nella moderna livrea maculata. Ci fa piacere comunque ricordare, che l’Italia è indipendente nella produzione di ottimi veicoli tattici.
D’altronde nel mondo, questa tipologia di mezzi corazzati per la fanteria e il trasporto truppa, si sta riproponendo per sostituire in buona parte i cingolati o i restyling dello storico M113, almeno nel contesto Nato o comunque nel blocco occidentale. L’offerta è quindi ampia basti ricordare la produzione francese con il VAB (foto) dell'Armée de terre o quella tedesca con il G Class Mercedes Benz, piuttosto che lo spagnolo BMR-600 o l’israeliano Eitan APC.
Tutti veicoli che in qualche maniera derivano da autocarri, oggi come sappiamo con prestazioni e tenuta di strada elevate e che non necessitano più di carreggiate sproporzionate per mantenerli in strada anziché di cingoli per muoversi sui terreni più insidiosi. Una tecnologia che avvantaggerebbe il veicolo ruotato rispetto al cingolato offrendo veri e propri carri armati idonei alla nuova tipologia di conflitti spesso non convenzionali e condotti tal volta nelle retrovie con l’utilizzo dei più sofisticati sistemi computerizzati di risposta.
La scelta sulla tipologia di mezzi, un aspetto che concorre incidendo sul bilancio della Difesa oggi ancor più sotto i riflettori, assume un ruolo determinante, ma riteniamo che la produzione militare sia una prerogativa che oltre a rimanere interna al paese debba sempre più essere attenta e l’Italia ne ha tutte le caratteristiche e doti per altro invidiate dal mondo intero. A questo proposito qualcuno mi ricorda tra i vari esempi, quella sorta di buco nell’acqua derivato dall’investimento sul Mulo meccanico (v.articolo).
Dedico l’articolo...
Alla Scuola di Fanteria “Fortior ex adversis resurgo” di Cesano e tutto il personale del suo reggimento e battaglioni logistici e addestrativi, al comandante generale di brigata Massimo Mingiardi, ma anche se me lo permettete, alla mia scuola militare, l’80° reggimento fanteria Roma di Cassino, “allora battaglione”.
(foto: web / Axel XCIV / Ministère des Armées)