Cosa c’entrano le biciclette nella sezione "mezzi" del giornale? Come molti di voi sapranno, il codice della strada - art 50 - annovera a pieno titolo nella famiglia dei veicoli anche loro, le biciclette, ovvero sia quelle a pedalata assistita elettrica sia le tradizionali a forza muscolare.
Ma c’è un legame ancor più forte e antico, tra questo strumento di mobilità e il mondo militare, un legame che lo U.S. Army ha voluto oggi rivalorizzare grazie al progresso delle batterie al litio.
Battaglione bersaglieri
Gli amici bersaglieri sapranno bene di cosa stiamo parlando, visto che nel 1898 fu costituito il primo battaglione ciclisti del Regio Esercito, il quale sul Tagliamento nel 1916, si fregiò addirittura di una medaglia di bronzo al valor militare.
Con un’ottima mobilità e praticamente inarrestabili, seguivano ovunque il soldato dell’epoca, adattate ed allestite sia in versione truppa sia per gli ufficiali, quest’ultime intuibilmente più confortevoli, con cambio e molla sotto il sellino.
Le più conosciute avevano il marchio Bianchi - ad esempio la A1903, la 12 - e ai tempi avevano le gomme piene senza camera d’aria con un peso complessivo del solo telaio e ruote intorno ai 35 chilogrammi.
Interessante era la frenata a contropedale su alcune versioni, un sistema molto efficiente e praticamente senza manutenzione, ma tra gli aspetti più operativi c’era la possibilità di utilizzarla come supporto per mitragliatrici e lanciagranate, nonché di ripiegarla per il trasporto in spalla.
Probabilmente ricorderete l’articolo dove abbiamo parlato del quadriciclo Simms del 1898 (link), il veicolo che in molti sostengono essere stato il primo “ruotato corazzato” della storia.
Non è detto che la casa di produzione cinematografica William Hanna e Joseph Barbera, con la serie The Flintstones, non si sia simpaticamente ispirata ai primi veicoli a forza muscolare sfogliando anche le pagine storiche dei nostri bersaglieri piuttosto che i brevetti dell’inglese Frederick Richard Simms, ideatore del quadriciclo corazzato.
Dagli Special Force ai paracadutisti passando dalla fanteria semplice
Potremmo sostenere che le United States Armed Forces non abbiano mai sdoganato completamente le biciclette dai loro parcheggi, sostituendole con le più comode motociclette militarmente adattate.
Del resto che piaccia o no, sono sempre le Forze Armate d’oltreoceano sostenute da investimenti di ben 649 miliardi - il 36% della spesa globale - a stilare le più attendibili linee guida in ambito bellico. Lo sono state con la piattaforma Mrap, con la classificazione e impiego veicoli, uniformi, ma anche per l’addestramento, telecomunicazioni, procedure e metodi d’intelligence; l’elenco è lungo e sicuramente condizionante per i paesi affiliati alla Nato.
Le moderne e pieghevoli Montague ad esempio, nella loro semplicità sono delle Mountain Bike studiate e perfezionate dall’ingegneria aereospaziale utilizzando materiali light che farebbero lievitare il costo unitario nell’ordine dei diecimila euro.
Sono in dotazione, in base al tipo di missione, ai paracadutisti americani, i quali una volta a terra avrebbero la possibilità di un rapido allontanamento dall’area scoperta ma, considerata l’estrema versatilità di una bicicletta, anche la fanteria ne trarrebbe vantaggio per l’avanscoperta al di fuori di una base o campo militare fuori area. In Afghanistan (foto) non sono mancate.
Ventiquattro rapporti, freni a disco, rackstand per piccoli trasporti e sospensioni pneumatiche sono il pacchetto base per le bike che, oltre a mantenere in forma il personale, sono tatticamente silenziose. Ma c’è dell’altro, infatti nell’era delle batterie al litio, anche le forze armate per certi versi si stanno adeguando a questa risorsa. Non è un segreto che, alla biennale di Eurosatory 2018, qualche veicolo 4x4 o 6x6 abbia attirato i visitatori militari, tra questi c’erano dei VAB medium armoured vehicle a doppia alimentazione, diesel ed elettrica, come ad esempio Arquus Scarabee by Renault.
Il tema dell’elettrico in ambito militare, è abbastanza discusso, considerati forse gli amperaggi in ballo, la possibilità di guadare o eventuali radiazioni e interferenze, tuttavia con il prossimo salone del giugno 2020, vi aggiorneremo sull’elettrificazione della mobilità militare.
Tornando alla nostra bike militare, o meglio, alla variante con motore elettrico, E-Bike con motore da 4kw e una velocità di 70 km/h grazie a un pacco batterie di 1.600 Wh ricaricabile in tre ore, potremmo sostenere che almeno per il momento si è raggiunto l’optimum se si considera un’autonomia di 100 chilometri sul misto. Con un costo di circa ventimila euro al pezzo, materiali aereonautici, 14 rapporti elettro automatici e un’interazione con i sistemi computerizzati, Wi-fi e Bluetooth controllo digitale fly by wire, questa fedele compagna del soldato potrebbe essere destinata anche a qualche reparto europeo e addirittura italiano.
Incredibile anche il carico: può sopportare un quintale e mezzo nell’impiego. Insomma tanta roba, in più se facciamo un confronto con la nostra cara, vecchia "Graziella"…
Bici elettrica? Tanta coppia e supera il ciclomotore
I motori elettrici come sappiamo generano subito moltissima coppia paragonati alla propulsione endotermica. Un concetto invisibile ma percepibile dalle performance di questi rotori, basti pensare a un ascensore. Il suo limite di carico è per lo più strutturale e di sicurezza, ma il suo motore elettrico spinge sempre con la stessa velocità seppur assorba di più.
Il magazine Business Insider ha pubblicato un esperimento che ha dell’incredibile. Una elettro-sport bike con batteria da 48 volt, motore da 750 watt e con speciali larghi pneumatici, è riuscita a spostare una berlina SUV (chiaramente con cambio in folle).
Chissà quanti di voi hanno avuto il Piaggio Ciao o qualcosa di similare a pedali, ebbene le elettro-bike rientrano a pieno titolo con prestazioni anche superiori, vista l’erogazione della coppia, come le eredi indiscusse dei nostri motorini.
Ecologiche, si annoverano nell’odierna mobilità sostenibile urbana ma anche, come abbiamo visto, in quella tattica militare dalla quale non è da escludere che potranno nascere migliorie e accorgimenti un domani convertibili per l’uso civile.
Così come è avvenuto per tanti altri ritrovati tra cui i veicoli anfibi (v.articolo).
Se i ragazzini degli anni 80 erano abili a improvvisare modifiche di potenza ai loro motorini, con questa tipologia di veicoli, gli interventi sono meno impegnativi, basta agire sulla capacità e durata delle batterie, sulle riduzioni e poco altro ancora, per adattare la nostra bici in base all’uso e alle esigenze personali.
Tra i cicli a due ruote ricordo piacevolmente il simpatico francese Velosolex, il bici-motore con motore e trazione sulla ruota anteriore mediante una leva che da bici lo trasformava in ciclomotore.
Cambio elettro attuato
Nel gergo comune fa più scena presentarlo come cambio automatico anche se parliamo di una bicicletta. Si tratta del tradizionale cambio con comandi a cavo, che agiva sul pignoni posteriori e corone anteriori. I comandi di deragliamento sono però gestiti da un leveraggio mosso da un motorino elettrico, quindi spariscono cavi e manutenzione.
Non è chiaro (anche se potrebbe essere scontato) se l’aggiunta di un inclinometro e misuratore di sforzo alla pedivella a questo elettro-sistema, si possa indovinare autonomamente il rapporto più idoneo per il ciclista. Fatto sta che le cambiate avvengono agendo su una sorta di paddle o pulsanti senza rischi di scatenare durante il viaggio.
Nel soccorso e sicurezza la bicicletta è la prediletta
Se tra i ricordi più sbiaditi che associano l’uniforme alla bicicletta ci sono i nostri bersaglieri o magari i metronotte, è bene ricordare che le forze dell’ordine ma anche la Croce Rossa italiana, hanno individuato per praticità agli interventi più capillari magari in zone interdette al traffico, proprio le biciclette come veicoli salutari ed estremamente versatili. Un’idea, già utilizzata sulle coste californiane pattugliate dalla CHP, la polizia dello Stato.
Se per il soccorso e sicurezza questo tipo di mobilità a corto raggio si sta dimostrando vincente, c’è da sottolineare un comportamento poco attento al codice della strada da parte di alcuni gruppi di comitive ciclistiche che a volte occupano tutta la carreggiata senza procedere in fila indiana mantenendo la destra. Una consuetudine fastidiosa ma al tal proposito è bene ricordare che le infrazioni al CdS con un velocipede, sono comunque sanzionabili anche se non sono previste sanzioni accessorie, ovvero la decurtazione punti, che si tradurrebbe in una disparità tra chi possiede la patente e chi no.
Altra nota che vale la pena ricordare in tema di codice della strada è la distanza di almeno un metro e mezzo dal ciclista in caso di sorpasso e il divieto di attraversare gli attraversamenti pedonali pedalando sul velocipede.
La velocità e ingombro anteriore, sono tra le cause di numerosi incidenti con gli autoveicoli.
Foto: Montague / web / Vanalmond / Luis Miguel Bugallo Sánchez (Lmbuga)