Nel lontano 1880, l’allora tenente di vascello Domenico Bonamico scriveva: “Io protesto energicamente contro questa facile tendenza a profetare trasformazioni tattiche ogni qualvolta si rinnova alcuno de’ fattori ond’è funzione la tattica. Se questa è funzione delle armi, essa è poi in sommo grado funzione della natura delle forze navali […] Nel mio concetto la trasformazione delle armi può modificare i rapporti dei periodi d’attacco e delle zone nelle quali si determina l’azione tattica, come appunto lo prova la evoluzione della tattica terrestre; ma trasformare la natura della funzione e rendere incompatibili le proprietà delle successive sue forme, questo giammai, non potendo tale radicale innovazione che venire dalla trasformazione delle forze mobili e quindi dalla natura della forza motrice”1.
Questa lunga citazione dell’importante teorico navale italiano meritava d’essere ripresa in quanto le ultime vicende belliche nel mondo, dalla guerra tra Ucraina e Russia, fino ad arrivare al conflitto tra Israele ed Hamas, stanno generando un dibattito importante sul ruolo presente e futuro dei sistemi unmanned, compresi i droni navali, in guerra. Secondo parte della teoria, l’utilizzo massiccio dei droni e la facilità del loro reperimento sul mercato e di adattabilità a contesti militari, nonché l’abbattimento dei costi di mantenimento ed utilizzo, segnerebbero l’avvento di una vera e propria rivoluzione sia in ambito tattico, sia in ambito strategico, anche per la conduzione della guerra navale.
Il conflitto ucraino ha mostrato come in campo terrestre i droni fungano ancora da strumento – certamente utile – di supporto e non possano, da soli, influenzare l’esito di una battaglia o di un intero ciclo operativo. L’impiego di droni resta, dunque, confinato al campo prettamente tattico. Sul fronte aereo, invece, i droni, soprattutto se impiegati in massa (come la loro economicità consente), continueranno a dominare il campo di battaglia, mentre le forze aeree altamente avanzate e costose sembrano praticamente impotenti nel fermarli. Per le truppe di terra, gli attacchi da parte di masse di droni che costano duecento dollari l’uno sono mortali quanto le bombe sganciate da caccia nemici che valgono milioni di dollari2.
Nel dominio marittimo, i sistemi unmanned includono assetti navali di superficie, assetti che operano sotto la superficie e assetti aerei3. La guerra d’Ucraina è il primo conflitto nella storia dove una forza militare navale composta quasi esclusivamente da mezzi senza pilota di piccole dimensioni – la mosquito fleet - sta tenendo in scacco una flotta convenzionale e di gran lunga più potente. Tuttavia, il fronte navale russo-ucraino necessita di una analisi più approfondita per comprendere realmente quale sia l’utilità dei droni marini nello specifico contesto del Mar Nero.
La guerra navale nel Mar Nero
Dopo la perdita di Sebastopoli a seguito dell’occupazione russa della Crimea nel 2014, con la conseguente perdita per l’Ucraina del 70% del proprio naviglio militare e dei rispettivi equipaggi, il colpo di grazia alla marina ucraina, la Vijs'kovo-mors'ki syly (VMS), è stato dato dalla conquista da parte della Russia dei porti di Melitopol e Berdyansk e dell’Isola dei Serpenti all'inizio della guerra del 2022, che ha, praticamente, determinato la fine della flotta di superficie ucraina quale componente militare organizzata. Eppure, con un sapiente utilizzo della strategia A2/AD, Kyiv è riuscita ad impedire che i russi potessero sfruttare la loro superiorità navale conclamata nel Mar Nero.
Allo scoppio delle ostilità, la Turchia ha immediatamente attivato la Convenzione di Montreux, interdicendo il passaggio in entrata ed in uscita dal Mar Nero del naviglio militare dei Paesi belligeranti. I russi sono stati, così, costretti a combattere in uno spazio “chiuso” e con risorse limitate, sia a livello di mezzi ed armi che di infrastrutture. L’Ucraina non è stata, invece, danneggiata dall’attivazione di Montreux, in quanto l’estensione della zona operativa della propria Marina non andava oltre il Mar Nero già prima della guerra ed era, dunque, preparata ad un tipo di conflitto con determinati limiti spaziali.
Conscia della propria inferiorità, la Marina ucraina ha utilizzato una strategia A2/AD4 contro la flotta russa. Tale strategia si compone di due elementi: il primo, A2 (anti-access), indica la messa in essere di azioni volte ad impedire l’ingresso del proprio avversario nel dominio considerato, riferendosi quindi all’ostacolare il movimento verso di esso. Il secondo, AD (area denial), si riferisce invece alla capacità di ostacolare i movimenti del nemico all’interno del dominio considerato.
Il tentativo ucraino di applicare con criterio la strategia A2/AD5 è emerso non tanto in azioni che hanno determinato successi clamorosi, come l’affondamento dell’incrociatore lanciamissili Moskva (14 aprile 2022), quanto negli sviluppi successivi all’uscita de facto di Mosca dalla Black Sea Grain Initiative e dal conseguente annuncio di blocco navale del litorale ucraino occidentale a partire dal 17 luglio 2023.
Nei primi giorni del blocco, la Flotta russa del Mar Nero, pur tenendosi fuori dalla portata dei missili antinave ucraini, aveva assunto uno schieramento idoneo ad imporre un controllo capillare dalla Crimea ai Dardanelli.
L'elevata quantità di mine che la Russia ha posizionato lungo le rotte mercantili da e per Odessa servono ad interdire la navigazione agli ucraini e scoraggiare la presenza di naviglio civile neutrale.
Il blocco navale può essere effettivamente realizzato in un'area limitata che va da Odessa alla foce del Danubio e il minamento offensivo di quel tratto di mare rappresenta un pericolo che può potenzialmente bloccare qualsiasi traffico commerciale. Oltre ai pattugliamenti lungo la linea marittima da Olenivka al Danubio, le forze russe hanno colpito con bombardamenti aerei, missilistici e con sciami di droni i principali porti del litorale occidentale (Odessa su tutti) fino allo scalo fluviale di Izmail. L’idea alla base di questa scelta di Mosca è legata al fatto che la superiorità navale convenzionale di cui gode, può essere sfruttata solo ed esclusivamente se l’Ucraina venga messa politicamente in crisi, ovvero dimostrando che Kyiv è incapace di garantire la sicurezza della rotta commerciale del grano.
Il primo obiettivo della VMS è stato, quindi, quello di contrastare la presenza di navi russe lungo la “rotta del grano”, per poi attaccare direttamente la flotta nemica nei propri porti. Le azioni di tipo A2 sono state dunque individuate nell’ambito degli scontri avvenuti nelle acque di controllo del “corridoio navale umanitario”, che hanno portato all’affondamento di naviglio leggero russo (principalmente KS-701), incaricato di pattugliare l’area e di attuare, in caso di individuazione di mercantili neutrali, il “diritto di visita”; mentre quelle di tipo AD sono state riferibili ai bombardamenti ucraini, condotti con missili e sciami di droni, su Sebastopoli, che della Marina russa è la principale base nel Mar Nero. Colpendo il “cervello” della flotta nemica, nonché la sua principale infrastruttura logistica, gli ucraini hanno tentato, con relativo successo, di ostacolare i piani di guerra degli ammiragli di Mosca. Grazie all’utilizzo di droni, aerei e navali (USV), e missili, l’Ucraina è riuscita a controbilanciare le capacità convenzionali nei cieli ed in mare della Russia6.
Benché l’attenzione dei principali osservatori e dell’opinione pubblica sia rivolta alle operazioni terrestri – e la guerra russo-ucraina è per sua stessa natura un conflitto intrinsecamente “continentale” – quella marittima resta una questione centrale, anche perché il possesso del litorale - con ipotesi minima dall’Oblast di Kherson a Mariupol, cioè la conformazione attuale della zona occupata - è un “problema strategico” per Mosca, che deve garantirsi il controllo esclusivo del Mar d’Azov a est, ponendo una seria ipoteca anche su Odessa, a ovest.
I droni nelle operazioni nel Mar Nero
Utilizzando lo schema d’analisi del Bonamico sulle differenze tra flotte offensive e difensive e adattandolo alla situazione odierna, il drone navale è l’arma che consente ad una Marina inferiore e costretta a difendersi, quella ucraina, di battersi quasi alla pari con una controparte votata all’offensiva.
L’utilizzo della “mosquito fleet” di droni navali ha consentito agli ucraini di forzare il blocco navale nemico e passare, anche se limitatamente, all’offensiva contro le infrastrutture logistiche e portuali russe in Crimea ed a Sebastopoli. Al naviglio convenzionale è stato, invece, affidato il compito di scortare i convogli mercantili ed individuare eventuali pattugliatori russi lungo le rotte di controllo ed applicazione del blocco navale. L’ampio utilizzo dei droni navali da parte ucraina ha, inoltre, obbligato i russi ad utilizzare una strategia da fleet in being, volta a tutelare l’integrità delle proprie unità maggiori, ma che non permette di sfruttare appieno la propria superiorità in termini di tonnellaggio, potenza di fuoco e capacità di proiezione.
In termini strettamente dottrinari, nel Mar Nero si sta combattendo una guerra in cui entrambe le potenze belligeranti hanno scelto, l’Ucraina per calcolo, la Russia perché di fatto costretta, di adottare una strategia di sea denial. Nel caso ucraino, negare il mare alla Flotta russa del Mar Nero significa tutelare le proprie rotte commerciali – anche se ridotte all’osso, ma a contare, in questo specifico caso, è anche il messaggio politico che Kyiv intende lanciare agli alleati occidentali ed al resto del mondo – ma anche evitare che il nemico possa riuscire a riversare la propria potenza concentrata nel tratto di mare ancora controllato dalla “corsara” VMS. Nel caso russo, il mantenimento delle proprie navi maggiori nei porti è la garanzia che la flotta ucraina non possa mai tentare di combattere una battaglia decisiva.
La strategia di negazione del mare consente, inoltre, ad una flotta inferiore di poter colpire con più facilità, in operazioni combinate interforze, che oggi riguardano principalmente l’utilizzo di missili o droni aerei diretti contro basi ed infrastrutture nemiche, forze nettamente superiori.
Questo è dovuto, come già scritto, alla necessità ucraina di controbilanciare, conducendo azioni di guerra convenzionale “innovativa”, le maggiori capacità di proiezione delle forze nemiche. I droni marini sono, inoltre, uno dei casi emblematici – caso di scuola per la guerra russo-ucraina – di strumenti nati per uso civile e riconvertiti come armi. Generalmente nella storia dell’umanità è sempre avvenuto il contrario. Gli USV, nati per scopi quali il monitoraggio ambientale e la protezione dell’ecosistema marino7, sono diventati armi che, prodotte a costo relativamente basso ed in grandi quantità, possono causare danni rilevanti al nemico, obbligandolo anche a cambiare la propria postura.
Nonostante abbiano difetti sostanziali, come sensori di bordo con un campo visivo ristretto - che rende complicato tracciare i bersagli in movimento senza dati accurati sulla posizione o individuare navi mimetizzate - e la necessità di comunicazioni costanti, che rendono obbligatoria la presenza di una buona connessione, i droni navali sono utilizzati, come quelli aerei, a “sciame”, e sono una delle componenti fondamentali di quella “mosquito fleet”, nuova concezione di unità tattica sviluppata dalla Marina ucraina per combattere, come un novello Davide, il Golia russo ancorato a Sebastopoli.
Un parere abbastanza diffuso è che, oltre a chiare implicazioni tattiche, la conduzione della guerra “corsara” di droni da parte ucraina abbia avuto indotto cambiamenti strategici notevoli che hanno causato la “sconfitta funzionale” russa in questa fase della guerra navale nel Mar Nero8. Nei fatti, la conduzione delle operazioni della “mosquito fleet” nel Mar Nero ha mostrato tutta l’importanza dei droni navali per continuare a combattere, infliggendo anche danni importanti al nemico, per una flotta che non disponga più di una propria capacità convenzionale reale. A tal proposito, è bene evidenziare che, se cambiamenti vi sono stati al livello operazionale, lo stesso non può dirsi che sia avvenuto al livello strategico più ampio.
Le azioni condotte contro i pattugliatori russi lungo il litorale nord-occidentale del Mar Nero o direttamente contro il porto di Sebastopoli o il ponte di Kerch hanno “costretto” i russi ad adottare, come già detto, una postura da “flotta in potenza”; ma se si esce dal ristretto Operationstheater9 clausewitziano, per entrare in ambito politico-strategico, potrà notarsi come l’obiettivo russo di strozzare il commercio marittimo ucraino sia stato, per buona sostanza, raggiunto. Anche con il mantenimento in sicurezza del “corridoio marittimo umanitario” della rotta del grano, la quantità di merce esportata è diminuita ed i costi aumentati, anche per l’obbligo di cercare vie alternative a quella del mare per il transito delle merci.
Una “mosquito fleet” italiana?
A fronte di una prima fase quasi “artigianale” di utilizzo di droni civili riconvertiti ad uso militare, adesso il settore, proprio sull’onda dei successi nell’utilizzo di questi sistemi nella guerra marittima “innovativa” della VMS, si sta evolvendo ed ha messo a disposizione della marina vari tipi di drone navale, come quelli da attacco di superficie Magura o Sea Baby, o quelli sottomarini Toloka TK-150 e Marichka. Da un punto di vista schiettamente militare, i progressi fatti nel campo dei droni sottomarini hanno riguardato anche marine militari di Stati occidentali, ivi compresa quella italiana, che sulla base delle “esperienze” maturate dall’osservazione del conflitto russo-ucraino stanno valutando la possibilità di una sempre maggiore integrazione tra sottomarini e assetti unmanned10, come anche il Future Combat Naval System 203511 della Marina Militare ha esplicitato.
Si tratta, per buona sostanza, di un equivalente navale di quello che dovrebbe essere, nell’ambito del programma italo-anglo-nipponico GCAP, il caccia multiruolo Tempest a livello aereo. Il programma GCAP prevede non solo lo sviluppo dell’aereo propriamente detto e dei suoi sistemi d’arma, ma anche di sistemi unmanned complementari ed integrati, destinati ad operazioni di combattimento e supporto al combattimento, controllati dal pilota attraverso quella che è stata definita come “intelligenza di sciame”12. In altre parole, il GCAP è un programma che punta a sviluppare un “sistema di sistemi” che possa non solo competere ma fornire un reale vantaggio agli utilizzatori nei moderni conflitti multidominio, dunque ben al di là di un “semplice aereo”.
Il Future Combat Naval System deve rappresentare, anche in funzione della sfida tecnologica che sta coinvolgendo gli Stati anche in ambito militare e che, nei fatti, ha “ibridato” le minacce, l’elemento di collegamento tra il dominio aerospaziale e quello subacqueo, in funzione della tutela della componente navale delle Forze armate. Così, mentre navi, sommergibili e aeromobili dovranno trasformarsi in veri e propri hub strategici, facilmente dislocabili e in grado di sfruttare le peculiarità del dominio marittimo13 - global
Common ma, ormai, ad elevata “territorializzazione”, dunque soggetto a conflittualità diffuse – una sempre maggiore attenzione deve essere dedicata alla dimensione unmanned.
Tra le prime marine militari al mondo ad aver intuito l’importanza del Manned UnManned-Teaming (MUM-T), quella italiana ha lavorato anche sulla trasformazione, evidente se si considera che la classe Ardito conta circa 400 uomini e donne per una nave da 5.000 t, mentre la successiva classe Doria/Orizzonte ha aumentato il tonnellaggio a 7.000 t dimezzando l’equipaggio14, delle proprie navi seguendo queste direttrici.
La Marina Militare italiana, seguendo il pensiero navale maggioritario in Occidente, punta ad integrare la propria flotta convenzionale con i sistemi unmanned, con l’obiettivo di costruire unità “ibride”, in grado di rispondere operativamente a qualunque evenienza. È chiaro che si tratti di una scelta ottimale per una forza navale perfettamente integrata nel dispositivo dell’Alleanza atlantica e che, in caso di conflitto, si troverebbe non solo ad avere un ruolo di primo piano, data anche l’importanza dell’Italia nel contesto mediterraneo, ma anche a dover contribuire allo sforzo comune, senza rischiare mai di trovarsi a combattere una guerra isolata, come, invece, accaduto all’Ucraina.
La “dronizzazione” quasi completa della Marina ucraina è figlia di un periodo storico specifico, quello della guerra in corso contro la Russia, che avrebbe imposto la cessazione di qualunque scontro in mare se Kyiv non avesse scientemente scelto di organizzare la propria componente militare marittima in modo diverso rispetto al 2014, ma anche rispetto al nemico. Bisogna, inoltre, considerare la costituzione ed il rafforzamento della componente navale unmanned ucraina era già parte integrante della strategia di Kyiv, per come impostata nel documento del 2019 a firma dell’ammiraglio Igor Voronchenko15, nel quale la “dronizzazione” costituisce una delle fasi più importanti della ricostruzione di una flotta in grado di combattere una guerra lungo le coste del litorale del Mar Nero.
Si consideri, inoltre, che quello impostato da Voronchenko era un processo di lungo periodo, che avrebbe dovuto portare l’Ucraina a disporre entro il 2035 di una flotta in grado di difendere i propri interessi nazionali ben oltre il Mar Nero, seguendo, in buona sostanza, gli insegnamenti della Blue Water School. La prima fase della ricostruzione della Marina andava completata entro il 2025; processo bloccato a metà dallo scoppio della guerra contro la Russia e che ha determinato una “stortura” organica ma anche interpretativa sulla composizione della VMS.
Come già scritto, la “mosquito fleet” è stata una esigenza per la Marina ucraina16, favorita anche dal particolare contesto di “mare chiuso” in cui si combatte la guerra nel Mar Nero e che in altri contesti non avrebbe probabilmente ottenuto gli stessi importanti risultati. Ecco perché tale modello non può essere ripreso in tutto e per tutto da una Marina come quella italiana ma, più in generale, da qualunque strumento navale che abbia ancora intatto il suo potenziale sia offensivo che difensivo.
Sotto tale aspetto, le scelte di procurement e dei cambiamenti nelle dotazioni della U.S. Navy sono emblematiche. Nel 2022 il dipartimento della Marina ha pubblicato una request for information per il programma Attritable UxV Mother Ship (Aums), meglio noto come “madre dei droni”. Nell’ottica della U.S. Navy, la Aums rappresenta una soluzione a costi contenuti per dispiegare un elevato numero di droni in un ambiente contestato17. Il programma Aums fungerebbe da supporto al naviglio “tradizionale” statunitense in un contesto operativo chiaramente identificato nell’Indo-Pacifico e, nello specifico, nei choke points cinesi, ove la Marina di Pechino potrebbe tentare di attuare, come già emerso al livello teorico-strategico, una condotta di A2/AD. Nel caso della Marina statunitense, i droni dovrebbero svolgere un importante ruolo di “saturazione” del teatro d’operazioni aeronavale.
In un ambiente vasto come quello del Mediterraneo allargato18, l’integrazione MUM-T per la Marina Militare diventa essenziale, nonché uno strumento che permetterebbe di accrescere le proprie capacità di intelligence surveillance & rconnaissance (ISR), guerra sottomarina, cacciamine e operazioni speciali, trasporto e logistica, riducendo i costi in termini economici per il mantenimento di un controllo capillare del mare e della sua difesa, aumentando, parimenti, il proprio coefficiente di potenza generale.
1 D. Bonamico, I primi elementi della guerra marittima svolti alla Scuola Superiore di Guerra, Torino, Tipografia Operaia, 1880, p. 140, ora in D. Bonamico (a cura di F. Botti), Scritti sul potere marittimo (1894-1905), Roma, Ufficio Storico della Marina Militare, 1998, p. 38
2 D. Barno e N. Bensahel, Learning from real wars: Gaza and Ukraine, in War on the Rocks, https://warontherocks.com/2023/12/learning-from-real-wars-gaza-and-ukraine/, 06/12/2023
3 P. Barberini, Lo sviluppo dei sistemi unmanned marittimi, in Rivista Marittima, Roma, maggio 2022, p. 29
4 A. Krepinevich, B. Watts e R. Work, Meeting the Anti-Access and Area-Denial Challenge, Center for Strategic and Budgetary Assessments, 2003
5 G. Chiacchio, L’Impiego della strategia A2/AD ucraina nella battaglia per il Mar Nero, in Geopolitica.info, https://www.geopolitica.info/a2-ad-russia-ucraina-mar-nero/, 13/04/2023
6 F. Del Monte, Una flotta di droni. La “guerra di guerriglia” nel Mar Nero, in Geopolitica.info, https://www.geopolitica.info/una-flotta-di-droni-la-guerra-di-guerriglia-nel-mar-nero/, 13/10/2023
7J. Cheetham, Sea drones: What are they and how much do they cost?, in BBC, https://www.bbc.com/news/world-europe-66373052, 13/09/2023
8 D. Minzarari, The Strategic Implications of Ukraine’s Strikes in the Black Sea, Royal United Service Institute-RUSI, 2023
9 Si tratta di un problema apparentemente solo teorico ma che ha diretta influenza nell’analisi dei cambiamenti che una guerra può generare. Nel Libro V Cap. 2 del “Vom Kriege” (1832), Clausewitz tratta del livello strategico della guerra, identificandolo con quello che la teoria contemporanea identificherebbe quale livello operazionale. È una questione centrale per comprendere quanto abbia influito effettivamente l’utilizzo dei droni nelle trasformazioni strategiche del teatro navale nel Mar Nero.
10 A. Marrone, La dimensione subacquea: infrastrutture critiche, droni e guerra sottomarina, in Rivista Marittima, Roma, luglio-agosto 2023, p. 57
11 Marina Militare, Il Future Combat Naval System 2035 nelle operazioni multidominio, 2021
12 F. Del Monte, Il “filo saudita” che lega GCAP ed Eurofighter, in Difesa Online, https://www.difesaonline.it/industria/il-filo-saudita-che-lega-gcap-e-eurofighter#google_vignette, 03/11/2023
13 Marina Militare, Il Future Combat Naval System 2035 nelle operazioni multidominio, 2021, p. 2
14 A. Marrone, I mezzi unmanned nel dominio marittimo: prospettive per l’Italia, in Rivista Italiana di Difesa-RID, https://www.rid.it/shownews/5474/i-mezzi-unmanned-nel-dominio-marittimo-prospettive-per-l-rsquo-italia, 01/02/2023
15 I. Voronchenko, Strategy of the Naval Forces of the Armed Forces of Ukraine 2035, Ukrainian Navy, 2019
16 Le ultime richieste dell’Ucraina ai partner occidentali per le forze navali vanno in tal senso: droni aerei, naviglio di superficie e subacqueo senza equipaggio, munizioni circuitanti navali.
17 G. Chiacchio, Una nave madre per i droni: l’arma della Marina USA per blindare Taiwan, in Inside Over, https://it.insideover.com/difesa/nave-madre-droni-arma-marina-usa-taiwan.html#google_vignette, 17/05/2023
18 E. Credendino, Marina Militare, interessi nazionali e Mediterraneo allargato, in GNOSIS, 1/2023
Foto: OpenAI / U.S. Navy / X / web / Bae Systems