Dopo l’abbattimento del Su-22 siriano da parte di un F-18 statunitense, ieri sui cieli della Siria è avvenuto un nuovo intervento da parte degli USA. Questa volta a farne le spese è stato un drone iraniano: uno Shaheed-129. È stato intercettato nella stessa zona dove, lo scorso 8 giugno, un altro drone iraniano aveva sganciato del munizionamento per colpire forze anti-Assad, prima di essere abbattuto. L'intervento è toccato questa volta ad un F-15E Strike Eagle.
Il nuovo velivolo abbattuto da parte della Coalizione a guida USA, è un messaggio chiaro inviato a chi vuole contrastare le truppe anti-governative che "combatterebbero" le truppe dello Stato Islamico: operazioni contro di loro non saranno in alcun modo tollerate. Mosse statunitensi che non aiutano a tranquillizzare - laddove fosse possibile - gli animi, specialmente in un momento in cui da Mosca è arrivata la minaccia di intercettare ogni aereo che vola “ad ovest dell’Eufrate”.
Naturalmente gli Stati Uniti, così come la Russia, non hanno alcuna intenzione di colpirsi a vicenda: le conseguenze potrebbero essere ben più gravi dell’abbattimento di un jet siriano o di un drone iraniano. Il messaggio che continua ad essere inviato da Washington è tuttavia chiaro: ogni velivolo a favore del governo siriano che minaccia le truppe ribelli verrà abbattuto. Con tutto che, in fin dei conti, l’obiettivo statunitense dovrebbe essere quello espresso dal portavoce dell’OIR (Operation Inherent Resolve), ovvero focalizzarsi tutti, filo e anti-Assad, al fine di sconfiggere definitivamente l’ISIS, il nemico comune e la più grande minaccia per la pace e la sicurezza della regione e del mondo intero.
(foto: web)